SCIENZA E RICERCA

Pietro Greco, il suo insegnamento e la sua pacatezza

Mercoledì scorso, due giorni prima di lasciarci, Pietro Greco aveva tenuto per gli studenti del corso di Divulgazione naturalistica una lezione bellissima sulla comunicazione della scienza. Aveva raccontato la sua vita prima di scienziato (per la precisione chimico dei materiali) piuttosto inappagato, poi di apprendista giornalista nelle pagine scientifiche de L’Unità, le prime dedicate in modo sistematico alla scienza da un quotidiano italiano, e poi la fulminea carriera come professionista e inviato. Aveva confessato, davanti a giovani per i quali la prospettiva più probabile è un lungo precariato, di essere stato fortunato. Oggi è molto più difficile avere un posto stabile nei giornali, ancor meno come giovane inviato.

Naturalmente non era solo buona sorte. Era bravura, ma il suo modo sempre mite e umile di raccontare sé stesso non gli permetteva nemmeno di farvi cenno. Ci raccontò, con gli occhi che gli brillavano, che grazie a quell’incarico aveva potuto seguire eventi cruciali per la cooperazione scientifica internazionale, come la firma del Protocollo di Montreal per la riduzione del buco nell’ozono nel 1987 e la Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 su ambiente e sviluppo, uno spartiacque del dibattito mondiale sul crollo della biodiversità, alla presenza di quasi tutti i capi di Stato del pianeta (esclusa la Russia, essendo da poco crollata l’Unione Sovietica). Non v’è dubbio che in quell’esperienza si radicò l’interesse di Pietro Greco per la storia anche internazionale e politica della scienza, culminato nella pubblicazione recente di quattro monumentali volumi su “La scienza e l’Europa” (2015-2019). Libri di respiro enciclopedico che ancora oggi noi tutti ci chiediamo come e dove abbia trovato il tempo di scrivere, anche se proprio in quella lezione confessò di essere un maniaco della scrittura e dello studio.

Passò poi a narrare di come, alla metà degli anni Ottanta, insieme a Vittorio Silvestrini e altri scienziati visionari, aveva dato un contributo fondamentale alla nascita dello straordinario esperimento di riqualificazione urbana, sociale e culturale che fu e resta la Città della Scienza di Napoli, antesignana - nell’enorme area dismessa delle acciaierie di Bagnoli, di fronte a Nisida e Posillipo - della via italiana all’idea di science centre. Una storia campana, bellissima, inquieta e drammatica, che Pietro da ischitano sapeva interpretare perfettamente, con l’incendio doloso del 2013, la reazione, i balbettii della politica, la rinascita, fino all’inaugurazione due anni fa del nuovo Museo interattivo del corpo umano, “Corporea”. Alla Città della Scienza di Napoli Pietro dedicò anche un libro appassionato, uscito nel 2006 per Bollati Boringhieri (“La Città della Scienza. Storia di un sogno a Bagnoli”).

Nel suo discorso ai giovani, Pietro raccontò poi di come fondò e diresse il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste, un’altra eccellenza internazionale, in una città di mare ad altissima densità scientifica in cui, sotto l’egida delle Nazioni Unite, si incontrano le culture dai quattro punti cardinali e da sempre la scienza dialoga con la letteratura e le arti. Quante conferenze, presentazioni, discussioni, quanti convegni e festival della scienza abbiamo condiviso parlando di cittadinanza scientifica, di democrazia della conoscenza, di sviluppo economico basato su innovazione e sapere, di comunicazione nell’era post accademica della scienza, tutti concetti entrati nel dibattito italiano grazie all’opera di questo infaticabile maestro del giornalismo scientifico che la finitudine di tutte le cose ci ha portato via già a 65 anni.

Napoli, Roma, Trieste, ovunque: la geografia di Pietro era mobile. Quando lo chiamavi, nell’era pre-Covid, era sempre in treno. Non si tirava mai indietro, andava a parlare in ogni angolo del paese, generosissimo. Ma poi appena possibile tornava nella sua Ischia e anche lì organizzava incontri, dibattiti, conferenze, sul mare, magari davanti al Castello Aragonese, per il Circolo Georges Sadoul. Era coltissimo senza mai ostentarlo. Sapeva tutto di come questo disperante paese ha saputo mancare le migliori occasioni di sviluppo scientifico e tecnologico. Ti accompagnava alla mattina, in auto, con i suoi modi affabili e la voce familiare dai microfoni RAI di Radio3Scienza. Impossibile elencare tutti i progetti innovativi e duraturi ai quali ha contribuito, da Scienza in Rete alle trasmissioni televisive.

Quando gli chiesi, tre anni fa, di aiutarmi nel dar vita a questo luogo di informazione e discussione, Il Bo LIVE, reconditamente speravo che si appassionasse all’idea di un giornale universitario cross-mediale, libero e inclusivo, ma realisticamente ero pronto a una risposta negativa considerando la vastità dei suoi impegni e la difficoltà di venire fisicamente a Padova per qualche giorno ogni settimana. Invece accettò immediatamente, senza batter ciglio. Capì la sfida e in questo tempo corto ma denso ha accompagnato, formato e difeso le redattrici e i redattori del nostro giornale con tutta l’eleganza e la professionalità che derivavano dalla sua esperienza.

Nelle sue conferenze spesso dipingeva la figura di un intellettuale del futuro capace di spaziare dalla scienza alle altre forme del sapere con pari destrezza. Era un autoritratto. Ci restano di questo vero intellettuale del sud i numerosi e preziosi libri, che spaziano dalla storia della fisica all’ambiente, dall’evoluzione alla comunicazione della scienza (scrisse anche un libro sui contagi emergenti, ma nel 2003). L’ultimo titolo non a caso è “Homo. Arte e scienza” (2020).

Soprattutto, ci rimangono il suo insegnamento di rigore e pacatezza, il ricordo dei suoi occhi bonari da ischitano ironico e arguto, quel sorriso con i baffi che sapeva unire gentilezza e autorevolezza. E poi c’è una grande staffetta, da continuare ognuno fin che può, quella della diffusione di un sapere scientifico che è patrimonio comune, da condividere in modo democratico e trasparente con tutti, come faceva lui quando sognava a Bagnoli. Pietro se n’è andato a modo suo, con discrezione, nel sonno, di primo mattino. Ciao amico saggio e generoso. L’altro giorno parlavamo e ridevamo insieme davanti a due schermi. Oggi non ci sei più. Siamo così effimeri.

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