CULTURA

Il primo viaggio alla Luna di una donna

La prima donna mise piede sulla Luna nell’anno di grazia 1857. Centododici anni prima di Neil Armstrong. Parliamo di una donna in carne e ossa, Urania. Perché, a rigore, dovremmo ricordare che prima di lei aveva raggiunto il satellite naturale della Terra una donna di puro spirito, Beatrice, quando aveva accompagnato Dante nel viaggio documentato dal Sommo Poeta nel II Canto del Paradiso.


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Urania, è persino banale ricordarlo, è sì una donna in carne e ossa ma frutto dell’immaginazione di un astronomo, Ernesto Capocci, che nell’anno della pubblicazione del suo Relazione del primo viaggio alla Luna fatto da una donna era direttore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte. Amante dello scrivere e delle buone lettere, Capocci aveva inaugurato la stagione della fantascienza selenica nell’era del trionfo della meccanica newtoniana con tre felici intuizioni.

La prima è che le donne (anche le donne) sarebbero sbarcate sulla Luna: eventualità più unica che rara in un’era in cui quasi tutta la scienza e quasi tutta la tecnologia era non solo realizzata da persone di sesso maschile ma pensate solo e unicamente per loro. 

La seconda è che Ernesto Capocci, uomo di raffinata cultura, nell’immaginare viaggi verso la Luna tenendo conto delle leggi fisiche (allora) note, anticipa di otto anni niente meno che Julius Verne, che solo otto anni dopo, nel 1865, pubblicherà il suo celeberrimo De la Terre à la Lune

La terza intuizione consiste nel fatto che per organizzare il viaggio astronomi e ingegneri avrebbero impiegato un bel po’ di tempo e, di conseguenza, Capocci fa volare Urania solo nel 2057: duecento anni esatti dopo la messa in stampa della Relazione.

Ernesto Capocci era un bel fiore di intellettuale. Che come spesso capita in Italia è stato presto dimenticato. Pensate che nell’anno prima della pubblicazione del diario di Urania, nel 1856, aveva pubblicato le Illustrazioni cosmografiche della Divina Commedia mettendo in rilievo – a proposito di clamorose dimenticanze – che Dante Alighieri doveva essere considerato a pieno titolo non “un” ma “il” poeta della scienza, perché nella sua Commedia aveva dato conto di tutti lo scibile umano (del tempo) in fatto di filosofia naturale e astronomia. E, aggiungiamo noi, perché nel Convivio aveva teorizzato la necessità sociale e culturale di una simile opera di divulgazione.

Ernesto Capocci di Belmonte era nato nel 1789 a Piscinisco, allora in provincia di Caserta. Come spiega Massimo Capaccioli, suo successore a Capodimonte, era entrato nell’Osservatorio astronomico napoletano nel 1819. Un osservatorio molto giovane, perché fondato nel 1812. La carriera del giovane ma non più giovanissimo ricercatore è rapida, ma non rapidissima. Fatto è che impiega 14 anni prima di diventare, nel 1833, direttore del prestigioso centro di studio dell’universo. Conserva la carica fino al 1848, anno in cui fu epurato dal re Borbone per aver partecipato, insieme al figlio, ai moti insurrezionali. Fu reintegrato nella carica nel 1860, dal nuovo governo dell’Italia unita. Diventato senatore del Regno, morirà a Napoli nel 1864. Non riuscirà, dunque, a leggere Dalla Terra alla Luna di Julius Verne e dunque eviterà di interrogarsi sul fatto se il francese gli avesse rubato o meno qualche idea.

Cosa non del tutto inverosimile. Che forse Napoli non aveva stretti contatti culturali con Parigi? E lui, Ernesto capocci, non aveva forse pubblicato la sua prima opera letteraria nella capitale francese?

Ma con i se non si fa la storia. Neppure quella letteraria. E dunque lasciamo senza risposte le nostre domande. Diciamo solo che le analogie tra il viaggio immaginato da Verne e quello immaginato, otto anni prima, da Capocci sono molte. A iniziare dal cannone, enorme, che spara il proiettile spaziale con le persone a bordo che raggiungono la Luna.

Urania (la viaggiatrice immaginaria) lo racconta, quel suo viaggio, in un diario di poche pagine, molto significative. Lei è la prima persona di genere femminile a raggiungere la Luna, che però era stata visitata e colonizzata da gruppi di maschi. Lo scienziato e ingegnere che la guida è un maschio. Insomma, Capocci si distacca sì dallo stereotipo di genere (mostrando non poco coraggio) ma non troppo. D’altar parte come avrebbe potuto, visto che in quel tempo nella gran parte d’Europa alle donne era persino vietato entrare nelle università, figurarsi guidare una spedizione così avveniristica? 

Non entriamo nei dettagli. Diciamo solo che Capocci descrive lo stupore con cui Urania guarda, dalle spesse pareti a vetro dell’astronave/proietto, alla piccola Terra vista dalla Luna. Uno stupore non minore di quello che ci trasmetteranno i primi astronauti (reali) un secolo dopo e poco più. Il viaggio procede rispettando le leggi della meccanica e consapevole dei rischi che corre a causa di grossi meteoriti. Descrive la Luna come un grande deserto (qual è), su cui però insistono poche pozze d’acqua che consentono una limitata ma lussureggiante vita vegetale. 

Di più non diciamo, a beneficio del lettore. Anche se non sarà semplice, per te lettore, gettare l’occhio su quelle righe precorritrici. Perché la vicenda della Relazione del primo viaggio alla Luna fatto da una donna. L’anno di grazia 2057 è a sua volta complicata. L’opera stampata dalla tipografia di T. Gottrau era stata più che dimenticata, addirittura perduta. È ritornata alla luce grazie a una tesi di laurea sulla storia dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte. Nell’anno 2000 l’allora direttore dell’Osservatorio, Massimo Capaccioli, dopo averla letta e apprezzata, volle fosse ristampata «in sole 1.200 copie non venali». L’operazione riuscì e, nel gennaio 2001, la Relazione ha rivisto la luce. In onore di Ernesto Capocci. E, soprattutto, in onore di una creatività fondata su profonde conoscenze scientifiche che caratterizza tutto un genere ai confini tra letteratura e scienza. E che spesso dimostra come l’immaginazione ben gestita possa anticipare la realtà.

Noi la ricordiamo quella Relazione a cinquant’anni dal primo sbarco di un uomo su un altro corpo celeste. Nella speranza di poter assistere al primo sbarco di una donna sulla Luna. Magari prima del 2057.

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