CULTURA

Qualcosa di nuovo sotto il sole – Storia dell’ambiente del XX secolo

A vent’anni dalla prima edizione, questo classico della storia dell’ambiente comincia ammettendo di non essersi dovuto aggiornare molto. Ma se, come chi scrive, al momento della prima edizione avevate un’altra età e altre letture, questo inverno del 2021 può essere un buon momento per recuperare Qualcosa di nuovo sotto il soleStoria dell’ambiente del XX secolo, dello storico americano John R. McNeill appena ripubblicato nella Piccola Biblioteca Einaudi.

McNeill è uno di quei personaggi che hanno meritato il titolo di “pioniere”.

Nel suo caso, pioniere proprio della storia dell’ambiente, e proprio con questo libro, che fu un lavoro di sette anni al quale fu spinto dall’illustre collega Paul Kennedy, che all’epoca stava curando una serie di volumi sulla storia del ventesimo secolo. Con questo saggio infatti McNeill aprì le porte della ricerca storica a una serie di considerazioni che fino a quel momento erano considerate “tecniche”, su energia, ambiente, demografia.

D’altra parte, arricchì anche l’ecologia e la ricerca in ambito ambientale permettendo loro una visione ampia ed evolutiva dei cambiamenti a cui il pianeta stava andando incontro. E lo fece svolgendo in queste pagine una tesi che è chiara fin dal titolo: nel corso del XX secolo l’umanità ha sottoposto il pianeta su cui vive a una serie di esperimenti non controllati ancora in corso, e che nel loro insieme costituiscono senza dubbio l’evento più importante della storia recente. Più di due guerre mondiali, la liberazione delle donne, la diffusione della democrazia, l’alfabetizzazione di massa e di quello che gli storici, fin qui, sono stati soliti considerare.

Ma che cos’è successo nel XX secolo? Beh, la popolazione mondiale è quadruplicata, il consumo di energia è cresciuto di sedici volte, la produzione industriale di quaranta, il consumo d’acqua è cresciuto di nove volte e le emissioni di biossido di carbonio sono aumentate di tredici. Il risultato è che i progressi umani sono stati stupefacenti, per il benessere della (maggior parte della) popolazione mondiale, ma anche che in termini ambientali il nostro impatto sul pianeta è stato unico. Assolutamente non paragonabile con nessun altro momento della nostra storia precedente.

McNeill argomenta la propria riflessione esaminando le quattro sfere in cui viene suddivisa la nostra geosfera: litosfera e pedosfera (la crosta terrestre), atmosfera, idrosfera e biosfera.

La litosfera, per esempio, è stata modificata dai nostri fertilizzanti chimici che hanno permesso una spettacolare crescita della produzione alimentare, ma al prezzo di circa un terzo dei suoli mondiali, ormai degradati. Sull’atmosfera si registrano almeno quattro conseguenze delle nostre attività: l’inquinamento dell’aria, l’acidificazione delle piogge, l’aumento del carico di biossido di carbonio e l’assottigliamento dello strato di ozono. Mentre sull’idrosfera hanno pesato consumi sconsiderati e inquinamento, ma anche operazioni di ingegneria come la costruzione di dighe, o interventi come la “rivoluzione delle acque” che ha interessato la Valle Padana dal 1890 in poi.

E poi McNeill esamina i motori del cambiamento: la crescita della popolazione e quella delle città, l’economia e la produzione industriale, e la politica, insistendo sulla sua visione di un intreccio indissolubile tra storia economica e storia ecologica dell’umanità, soprattutto in epoca contemporanea.

Tutti questo McNeill lo fa con l’obiettivo dichiarato di dimostrare che questi cambiamenti, non calcolati, sono fuori dall’ordinario per la loro dimensione. Ma i cambiamenti quantitativi, oltre una certa soglia, diventano qualitativi: si veda l’inquinamento atmosferico, che a livello locale esiste da quando abbiamo il controllo del fuoco ma a livello globale negli ultimi decenni sta cambiando la chimica e la fisica dell’atmosfera. E poi questi cambiamenti sono la conseguenza di attività e dinamiche che forse, per certi versi, oggi ci risultano vantaggiose, ma sono poco flessibili e sul lungo termine potrebbero danneggiarci.

Non siamo una specie così intelligente come crediamo

Se anche biologicamente possiamo considerarci non in pericolo, come i ratti, alcune nostre organizzazioni sociali in futuro potranno rivelarsi molto fragili. Insomma: abbiamo vissuto in un “secolo prodigio”. Compito dello storico è studiarlo e raccontarlo disegnando traiettorie e, pur consapevole che il futuro è inconoscibile e incerto, trarne eventualmente una lezione. La sua lezione è che la cosa più assennata sarebbe l’accelerazione della transizione a forme di energia più pulite insieme al contenimento della natalità, quindi pensionamento delle vecchie infrastrutture ed educazione delle ragazze nei paesi ancora poveri. E poi, comunque, continuare a studiare, e a studiare in modo nuovo, con storia ed ecologia che devono camminare affiancate.

Infine: è cambiata quella lezione, vent’anni dopo che il XX secolo si è chiuso? Non nella sostanza, ammette l’autore, per tornare all’introduzione della nuova edizione. Per cominciare, si è consolidato il trend del cambiamento climatico: nella prima edizione non lo si era considerato così rilevante per il secolo che si stava chiudendo, spiega l’autore, mentre oggi è probabilmente il fenomeno più importante per il secolo che si sta aprendo. Ma questo succede perché il sistema energetico è fondamentalmente rimasto lo stesso: i combustibili fossili sono ancora l’80% del mix energetico globale. E la politica climatica mondiale non ha fatto niente di concreto. Comunque si registrano numerose altre conferme: la conferma della crescita della Cina, della crescita della popolazione mondiale, dell’inurbamento. L’unica cosa che è cambiata davvero e non ha precedenti è che oggi siamo chiusi in casa per via di una pandemia. E questo qualche conseguenza sul nostro pianeta, seppur limitata e temporanea, forse ce l’avrà.

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