SCIENZA E RICERCA

Quali sono i meccanismi con cui lo stress psicologico causa l'aumento di temperatura nel corpo?

Le mani che sudano, il cuore che batte forte, il viso che arrossisce, il respiro che aumenta sono sensazioni che i più emotivi di noi hanno imparato, loro malgrado, a conoscere. Si tratta di quelle risposte fisiologiche che a volte sono molto difficili da controllare quando siamo stressati o ci sentiamo sotto pressione.

La stimolazione dei meccanismi simpatici, neuroendocrini e comportamentali causata da fattori di stress psicologico induce, nei mammiferi, delle reazioni fisiologiche che hanno a che fare proprio con l'innalzamento della temperatura corporea e l'aumento della pressione del sangue. Per quanto possano essere fastidiosi, tali meccanismi si sono evoluti con il fine di sostenere il corpo quando viene percepito un pericolo e bisogna prepararsi ad affrontare una situazione del tipo fight or flight (lotta o fuggi).

È noto, però, che alti livelli di stress possano causare reazioni ben più sgradite, come la febbre psicogena, diversa da quella infiammatoria (quella che deriva, cioè, da un'infezione).
Nei pazienti con disturbo post-traumatico da stress, inoltre, l'aumento della risposta cardiovascolare può aumentare il rischio di sviluppare ipertensione e malattie cardiovascolari. Conseguenze piuttosto simili possono essere causate anche da attacchi di panico o da pesanti stati d'ansia.
È ancora in parte sconosciuto, però, il meccanismo tramite il quale lo stress psicologico sia la causa di queste reazioni fisiologiche.

Naoya Kataoka, del dipartimento di chimica biologica all'università di Nagoya, studia queste reazioni da molti anni, e nel suo più recente lavoro ha cercato, insieme al suo team di ricerca, di individuare il circuito neurale che induce il corpo ad aumentare la temperatura come conseguenza di uno stress psicologicamente innescato.

I ricercatori sono riusciti a individuare un percorso neurale che, nei ratti, si è rivelato centrale nell'insorgere di queste risposte corporee come conseguenza a eventi di stress autonomo e comportamentale. Hanno potuto rintracciare, quindi, come dei segnali di stress psicosociale nelle regioni anteriori del cervello relative all'emozione attivino un percorso che attraversa diverse aree del cervello e causino, di conseguenza, reazioni sul corpo come la variazione di temperatura, l'aumento della pressione del sangue e del battito cardiaco.

Nel 2014 Kataoka e il suo team avevano iniziato a indagare il fenomeno della produzione di calore del corpo a partire da un evento psicologico. Avevano localizzato questa produzione di calore nel grasso bruno, all'interno del quale si trovano delle proteine che, rispondendo ai segnali dei neuroni, inducono l'ipertermia da stress. A partire dallo studio e da esperimenti che inibivano l'attività di queste proteine nei ratti, avevano potuto individuare anche le regioni del cervello dalle quali partiva il segnale che innescava l'ipertermia.
Si tratta di una zona del tronco cerebrale chiamata rostrale midollare (rMR). Seguendo un percorso “a ritroso” gli studiosi avevano individuato come l'rMR fosse, a monte, collegato a sua volta a una regione cerebrale chiamata ipotalamo dorsomediale (DMH), la cui attivazione di un percorso verso rMR innescava non solo la produzione di calore nel grasso ma anche l'aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna.
Questo aveva permesso, dunque, a Kataoka e al suo team di individuare il percorso da DMH a rMR e indicarlo come un fattore determinante nell'origine dei meccanismi fisiologici psicogeni in questione.

Lo studio più recente di questi ricercatori si è spinto ancora più a monte, cercando di individuare cosa, a sua volta, inneschi l'attività del DMH. La loro ipotesi era che tale origine dovesse avere a che fare con la comprensione del pericolo a livello cognitivo, e perciò hanno indagato le regioni della corteccia cerebrale.

Sono stati allora in grado di individuare altre tappe di questo percorso a ritroso. La corteccia peduncolare dorsale / taenia tecta dorsale (DP / DTT) è una regione che si attiva nei ratti dopo aver subito una sconfitta sociale, come, ad esempio, aver avuto la peggio in un combattimento con un proprio simile.
La regione DP/DTT è quindi coinvolta nel processo, ed è a sua volta attivata da input che provengono dalle regioni talamiche della linea mediana del cervello, ovvero i nuclei talamici paraventricolari (PVT), sensibili a stress fisico e psicologico causato, ad esempio, dal dolore, e i nuclei talamici mediodorsali (MD), che nell'uomo hanno a che fare con l'apprendimento delle regole, con l'astrazione, e l'immaginazione. Ecco quindi che fattori diversi provenienti da regioni diverse, come il dolore o la previsione di un pericolo, possono innescare l'attività della DP/DTT.

I ricercatori hanno anche preso in considerazione lo stress da sconfitta sociale, cioè quel tipo di reazione che hanno gli animali quando perdono in uno scontro. Questo stress psicosociale è utile da analizzare nei ratti, perché ha alcune affinità con lo stress sociale umano.
È interessante notare che questo percorso neurale giochi un ruolo anche nei tentativi di evitare fattori di stress psicosociali. I ratti che avevano subito uno stress da sconfitta sociale, infatti, si comportavano in modo diverso, come se avessero “imparato la lezione”. Cercavano cioè di evitare situazioni che potessero portare ancora a delle sconfitte e, di conseguenza, ad altro stress.

Quello che non è chiaro, però, è in quale punto di questo percorso si collochi la paura dettata dall'esperienza. Ovvero: come reagisce DP/DTT ai segnali di stress inviatigli da MD e PVT? Sempre nello stesso modo oppure in un modo influenzato dall'esperienza? In altre parole: il sentimento di paura è causato dalle nostre reazioni fisiologiche, a loro volta innescate dal percorso che abbiamo descritto, oppure è la paura che innesca il percorso stesso?
I risultati dello studio di Kataoka sembrano confermare la prima ipotesi, perché quando i ricercatori hanno inibito il percorso DP/DTT in quei ratti che avevano subito lo stress da sconfitta sociale, questi, invece di mostrare paura dopo la sconfitta subita, come avrebbero fatto normalmente, si sono comportati come animali “ingenui”. Ciò che è mancata, insomma, è stata la manifestazione comportamentale della paura.

L'osservazione del comportamento degli animali ha suggerito quindi agli scienziati che la DP / DTT riceva e integri input guidati dallo stress a partire dalle regioni talamiche e corticali e che poi dia il segnale al DMH di causare le risposte fisiologiche.
Una volta bloccato il meccanismo fisiologico di risposta corporea alla minaccia, insomma, sembra che sia mancata anche la percezione della paura (anche se questo non lo si può sapere con certezza, dato che l'unico evento osservabile è il comportamento dei ratti, e non quello che hanno effettivamente provato).

Sono molti gli aspetti che devono ancora essere indagati. Ci sono infatti altre domande a cui rispondere, come, ad esempio, se i deficit nel funzionamento di DP / DTT possano causare risposte fisiologiche anomale allo stress. In ogni caso, i risultati sono incoraggianti e degni di essere approfonditi: aprono infatti la strada alla possibilità di intervenire a livello fisiologico per alleviare i sentimenti di paura causati dallo stress negli umani.

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