SOCIETÀ
Quali sono le strategie più efficaci per promuovere comportamenti ecologici?
In una meta-analisi pubblicata su Nature si indaga l'efficacia di diversi tipi di strategie e politiche mirate a incoraggiare i cittadini ad abbracciare abitudini e comportamenti più ecologici, che possano favorire la riduzione del consumo energetico e delle emissioni di anidride carbonica. La ricerca in questione ha preso in considerazione 122 studi primari, che rappresentano in totale un campione di 1,1 milioni di famiglie provenienti da 25 paesi diversi.
Gli autori hanno analizzato la letteratura scientifica a disposizione sull'argomento e hanno evidenziato cinque grandi categorie in cui è possibile classificare gli incentivi ecologici: ricompense monetarie, informazione, feedback, sensibilizzazione e norme sociali. Lo scopo del loro lavoro era individuare le categorie di interventi più efficaci nel promuovere comportamenti più ecologici da parte dei cittadini.
Gli autori hanno escluso esplicitamente dal loro studio quegli incentivi che richiedono interventi strutturali di manutenzione edilizia, così da analizzare più a fondo solo le politiche che modificano il comportamento domestico quotidiano.
“Abbiamo preso in considerazione diversi tipi di incentivi, anche quelli in cui si usa la tecnica del gamification, ovvero si cerca di motivare l'utente facendolo partecipare a una specie di gioco in cui si guadagnano dei punti se si risparmia energia”, racconta a Il Bo Live Giovanni Baiocchi, professore al dipartimento di economia all'università del Maryland, che ha preso parte allo studio in questione.
L'intervista completa a Giovanni Baiocchi, professore al dipartimento di economia dell'Università del Maryland. Montaggio di Elisa Speronello
“La nostra meta-analisi aveva lo scopo di esplorare il panorama delle pubblicazioni attualmente disponibili e riassumerne i risultati. Abbiamo perciò classificato gli incentivi di cui si è indagata l'efficacia in questi studi secondo alcune categorie standard, che distinguono innanzitutto quelli monetari (in cui le famiglie ottengono un guadagno finanziario per aver compiuto scelte che permettono di risparmiare energia) da quelli non monetari, che si basano soprattutto sul tentativo di educare gli utenti a consumare energia in modo parsimonioso, e che si dividono in campagne informative, strategie basate sul feedback, norme sociali e interventi motivazionali.
Queste classificazioni standard si basano anche sugli sviluppi recenti della nudge theory e permettono di distinguere politiche di tipo proibitivo, come i regolamenti veri e propri, da quelle strategie più sottili che spingono il consumatore a comportarsi meglio senza proibire loro nessun comportamento, ma influenzandolo quel tanto che basta da farlo sentire “libero di fare ciò che noi vogliamo che faccia”.
“Studi come questo servono a capire come si possono limitare le emissioni a partire dall'analisi della domanda di energia proveniente dai consumatori e dalla ricerca dei comportamenti migliori che ognuno di noi può mettere in atto per ridurre il proprio impatto sull'ambiente”, continua il professor Baiocchi. “In questo periodo, inoltre, c'è un'esplosione di letteratura scientifica che tratta di questi temi, e da qui nasce l'esigenza di riassumere in modo efficiente quanto è stato già pubblicato sull'argomento.
Abbiamo raccolto moltissimi dati da più di 100 lavori di ricerca, che contengono più di 360 osservazioni sugli effetti quantitativi prodotti da diversi tipi di incentivi per limitare il consumo domestico di energia”.
I risultati dello studio suggeriscono che gli incentivi monetari sono in generale quelli più efficaci, ma evidenziano anche che combinare diverse strategie, sia monetarie che non monetarie, può produrre un effetto ancora maggiore.
“Ci aspettavamo che gli incentivi monetari si rivelassero i più utili”, spiega il professor Baiocchi. “La scoperta più interessante è stata quella che riguarda la combinazione di diversi incentivi. Infatti, per quanto quelli non monetari, presi singolarmente, non siano particolarmente efficaci, quando vengono associati a quelli monetari, l'efficacia di questi ultimi si moltiplica.
In alcuni casi abbiamo scoperto che l'effetto totale dei vari tipi di incentivi combinati è superiore all'effetto di ciascuno di essi preso individualmente. Perciò, ad esempio, se associamo a un incentivo monetario un intervento di feedback, che consiste nell'informare gli utenti sulle abitudini che avevano in passato o su come si stanno comportando i loro simili, si ottiene un risultato migliore.
Le differenze non sono particolarmente consistenti, questo bisogna riconoscerlo. Le riduzioni dei consumi che è possibile osservare promuovendo comportamenti quotidiani più ecologici sono infatti quantitativamente inferiori rispetto a quelle ottenute per mezzo di interventi edilizi strutturali, come l'istallazione di cappotti termici o l'ammodernamento degli impianti domestici. In futuro sarà quindi utile integrare nelle nostre analisi anche questo tipo di interventi, che secondo alcune ricerche possono ridurre fino al 20% il consumo di energia”.
Lavori come questo, se debitamente ascoltati, possono rivelarsi di grande utilità quando si tratta di definire le strategie migliori per ridurre i consumi energetici da parte delle singole persone o delle famiglie.
“Questi studi sono sicuramente utili anche ai policy maker che devono prendere le decisioni migliori per adeguarsi agli obiettivi degli accordi di Parigi”, sottolinea Baiocchi. “Naturalmente, la realtà è più complessa di quanto si riesce a osservare con questi esperimenti, ma l'implementazione di politiche ecologiche è fondamentale, e per ridurre il nostro impatto ambientale è necessario mettere in campo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione.
Infatti, l'aumento della domanda energetica per uso domestico da parte dei consumatori cresce cinque volte più rapidamente rispetto alla velocità con cui vengono attuati interventi strutturali sugli edifici. Nel 2019, questa domanda energetica è stata responsabile del 28% delle emissioni di CO2, e questa tendenza può solo che peggiorare, poiché la domanda di energia aumenta anche in proporzione agli effetti negativi dei cambiamenti climatici”.