CULTURA

I quarantanove fogli dell'architetto

Un architetto al tempo di Canova. Alessandro Papafava e la sua raccolta è una piccola ma interessante mostra, a cura di Susanna Pasquali e Alistair Rowan, allestita al Palladio Museum di Vicenza, che racconta una bella storia di collezionismo di inizio Ottocento.

Tra il 1803 e il 1804, dopo un periodo trascorso tra Budapest, Dresda, Vienna e Berlino, per volere delle madre, preoccupata per lui e intenzionata ad allontanarlo dai seducenti ideali napoleonici, l'architetto, studioso d'arte e aristocratico padovano Alessandro Papafava (1784-1861) si sposta e si ferma a Roma, alloggiando in un appartamento in via San Vincenzo, vicino alla Fontana di Trevi, in compagnia del suo tutore irlandese George MacDonnough che, per lui, organizza visite nelle botteghe dei mercanti di disegni, escusioni tra le antichità romane, lezioni di architettura e incontri con personalità di spicco.

A Roma, su consiglio di Antonio Canova, sceglie di dedicarsi agli studi d'architettura all'Accademia di San Luca e inizia a frequentare laboratori e atelier, a partire da quello dello stesso Canova, e ancora della pittrice Angelika Kauffmann, degli architetti Giuseppe Camporese, stimato docente d'architettura citato dallo stesso Papafava in una lettera al fratello, Vincenzo Balestra, oggi quasi sconosciuto a causa della scarsa produzione, ma che nel 1800 aveva accompagnato Lord Elgin ad Atene nella missione che portò i marmi del Partenone al British museum, e Mario Asprucci, che ottenne grande prestigio al servizio della famiglia Borghese. Da loro il giovane Papafava acquista stampe e disegni acquerellati, insieme a quelli dell'inglese Joseph Michael Gandy, noto per essere il disegnatore di John Soane e costretto, nel 1797, a vendere i propri disegni (alcuni acquistati appunto da Papafava) per pagarsi il viaggio di ritorno in Gran Bretagna dopo tre anni di soggiorno in Italia come studente di architettura, e quelli di Giacomo Quarenghi, bergamasco attivo alla corte di Russia, il quale era solito donare i propri disegni agli amici per tenerli aggiornati sui nuovi progetti (con buona probabilità, una parte dei fogli raccolti da Papafava erano appartenuti in precedenza a Canova). E ancora Auguste Hubert, del quale in mostra si possono ammirare i tre unici fogli autografi raffiguranti il progetto di un piccolo padiglione per il giardino romano del principe Luigi Pallavicini. 

Disegno dopo disegno, acquisto dopo acquisto, Papafava riesce a ottenere una mirabile raccolta: 49 fogli di vario formato e di stampe di architetti attivi tra Settecento e Ottocento, conservati magnificamente ancora oggi perché custoditi e protetti, per oltre due secoli, nell'archivio della nobile famiglia padovana.

La lezione romana stimola e torna utile al giovane architetto il quale, una volta rientrato a Padova nel 1807, entra in contatto con l'ambiente intellettuale e artistico locale - tra tutti, con Giuseppe Jappelli -, con cui attiva uno scambio fruttuoso di idee ed esperienze, contribuisce alla diffusione dello stile neoclassico nel Veneto e lavora alla riprogettazione delle sale e degli arredi dell'appartamento neoclassico nel palazzo di famiglia in città e, tra il 1820 e il 1824, nel ridisegno della villa a Frassanelle, ai piedi dei Colli Euganei, aggiungendo qui una monumentale scalinata esterna e un tempietto ionico nel parco.

Recentemente, in memoria del conte Novello Papafava dei Carraresi e della moglie Bianca Emo Capodilista, la famiglia Papafava dei Carraresi ha deciso di donare la raccolta al Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio di Vicenza.

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