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In Salute. Trapianto di midollo osseo: donazioni in aumento, nonostante la pandemia

Il midollo osseo è un tessuto molle e semiliquido che si trova all’interno delle ossa piatte e alle estremità di quelle lunghe. È qui che vengono prodotte dal nostro corpo le cellule staminali emopoietiche, capaci di differenziarsi nei vari tipi cellulari presenti nel sangue, come globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Per i pazienti affetti da alcune malattie del sangue, del sistema immunitario e del midollo osseo come la leucemia, i mielomi, i linfomi, la talassemia e alcune malattie autoimmuni, il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è al momento l’unica terapia disponibile. Questa procedura consente di prelevare da un donatore sano alcune cellule staminali emopoietiche (che possono essere raccolte dal midollo osseo oppure dal sangue periferico) per somministrarle, tramite infusione, al paziente che riceve il trapianto.

Purtroppo, però, non è sempre facile trovare un donatore compatibile. Infatti, il midollo osseo di ogni persona ha delle caratteristiche genetiche specifiche che contraddistinguono il suo sistema HLA (Human Leukocyte Antigen), ovvero il sistema antigenico dei leucociti. Soltanto un individuo non consanguineo su 100.000 ha un sistema HLA compatibile con quello del paziente che ha bisogno del trapianto. Per questo motivo, più sono le persone disponibili a donare le loro cellule staminali emopoietiche, più aumentano le possibilità, per chi ne ha bisogno, di potersi sottoporre al trapianto che, in molti casi, è necessario per continuare a vivere.

In questo episodio di In Salute parliamo di donazione e trapianto di midollo osseo con l’ematologa Letizia Lombardini, direttrice sanitaria al Centro nazionale trapianti, dove è responsabile dell’area cellule staminali emopoietiche.

L'intervista completa a Letizia Lombardini. Servizio di Federica D'Auria. Montaggio di Elisa Speronello

“Esistono delle patologie, soprattutto in ambito oncoematologico, per le quali la terapia d'elezione è quella che prevede il trapianto di cellule staminali emopoietiche”, spiega Lombardini. “Si tratta generalmente di patologie neoplastiche, come leucemie, linfomi e mielomi, o di patologie ematologiche non neoplastiche come, ad esempio, le talassemie e alcuni difetti del sistema immunitario. Nel caso delle malattie neoplastiche, è necessario distruggere il midollo malato del paziente e sostituirlo con uno sano, donato da un’altra persona. Per quanto riguarda invece le altre patologie appena citate, il trapianto serve a sostituire alcune cellule che nel paziente non funzionano correttamente.

Siccome, però, ognuno di noi ha delle specifiche caratteristiche genetiche, è necessario che ci sia un certo grado di compatibilità tra il donatore e il ricevente perché le cellule trapiantate possano attecchire. Per alcuni tipi di patologie, non è necessario che la compatibilità sia del 100%, per quanto, nella maggior parte dei casi, più è alta la percentuale di compatibilità genetica tra gli individui, maggiori sono le possibilità di successo dell’intervento.

In alcuni casi, però, può essere difficile trovare un donatore compatibile, soprattutto quando i pazienti appartengono ad alcune minoranze etniche che sono ancora poco rappresentate nei registri internazionali. Per questo motivo, più aumenta il numero dei potenziali donatori reclutati, più aumentano le possibilità di sopravvivenza per i pazienti che hanno bisogno del trapianto”.

L’aspetto positivo però è che dal 1989 ad oggi i possibili donatori sono sempre stati in continua crescita. Ad inizio anni ’90 nel registro italiano donatori di midollo osseo c’erano solamente poche decine di migliaia di iscritti. Nel 2021 invece i donatori disponibili alla selezione erano quasi 470 mila. Per la precisione nel Registro IBMDR erano presenti 469.650 persone, 24.227 in più dello scorso anno. Un incremento del 15,5% che segue anche quello dei trapianti, aumentati dal 2020 al 2021 del 6,4%. Il profilo del donatore medio di cellule staminali emopoietiche è quello di un ragazzo  (68,3%) di 29.3 anni che dona per l’89,7% da sangue periferico.

“Nel 2021 sono stati effettuati in Italia 932 trapianti da donatore non familiare, e quindi identificato grazie ai registri”, continua Lombardini. “Si tratta del dato più elevato raggiunto finora da quando esiste il registro, nonostante la difficile situazione che abbiamo vissuto negli ultimi anni, a causa del Covid. Si tratta di un dato molto positivo: nonostante la pandemia, il sistema delle donazioni ha continuato a funzionare e ha raggiunto risultati insperati”.

Se andiamo ad analizzare la serie storica poi, vediamo che negli ultimi dieci anni i donatori disponibili sono passati da circa 332 mila persone a 470 mila, con un incremento superiore al 40%.

Venendo invece alle donazioni vere e proprie vediamo come nel 2021 siano state in tutto 300. Come abbiamo già detto la grandissima maggioranza delle cellule staminali emopoietiche (89,7%) arriva da sangue periferico. Anche nel caso delle donazioni i numeri sono in costante crescita dal 2005 ad oggi. Sono passate infatti da 180 alle 300 del 2021.

Negli anni poi è scresciuta di molto la fascia d’età 46-55 anni tra i donatori che, al 2021, rappresentava il 31% del totale. Al secondo posto tra i potenziali donatori c’è la fascia 26-35 che, dopo un evidente calo agli inizi anni 2000, ha recuperato terreno finendo nel 2021 ad essere circa 130 mila persone.

Com’è, allora, che si diventa donatori? È innanzitutto necessario avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, pesare più di 50kg e godere di buona salute. Per chi soddisfa questi requisiti, l’iscrizione al registro IBMDR può avvenire attraverso diverse modalità. “Ci si può recare presso i Centri donatori, strutture che si trovano generalmente all'interno dei servizi trasfusionali”, spiega Lombardini. “In questi luoghi viene effettuata la valutazione dell’idoneità anamnestica del potenziale donatore attraverso un prelievo di sangue, che serve per effettuare la tipizzazione HLA e definire, quindi, le caratteristiche genetiche del potenziale donatore per completare l’iscrizione al registro. È possibile anche fare una preiscrizione online attraverso le piattaforme messe a disposizione dall'IBMDR o dalle principali associazioni di volontariato come ADMO e ADOCES. Una volta completata la preiscrizione, si verrà ricontattati dal Centro donatori per rivalutare insieme la scheda anamnestica compilata online e procedere al prelievo di sangue. Vi sono poi degli eventi pubblici organizzati periodicamente dalle associazioni di volontariato, in collaborazione con i Centri donatori. Chi desidera diventare donatore può approfittare di queste occasioni e sottoporsi, sul momento, a un prelievo di sangue venoso o di saliva e iscriversi al registro. Infine, durante la pandemia è stata introdotta un’altra modalità innovativa per effettuare la registrazione al IMBDR senza uscire di casa. Dopo aver completato la preiscrizione online è possibile, infatti, richiedere di ricevere a domicilio un tampone salivare ed effettuare autonomamente il prelievo di saliva. Dopodiché basta inviare il campione presso i laboratori specializzati nella tipizzazione HLA che lo analizzeranno per definire il profilo genetico del donatore e inserire il suo nome nel registro”.

La destinazione delle donazioni però, non è solamente l’Italia ma ci sono anche dei pazienti internazionali. Parlando per le 300 donazioni de 2021, vediamo come 208 siano rimaste nel nostro Paese mentre 92 sono state portate all’estero. In particolar modo il Paese europeo che da sempre beneficia di più delle donazioni italiane è la Germania (276), seguita dalla Francia (217) e dalla Spagna (123). Negli anni su un totale di 4.893 donazioni 4.464 sono rimaste in Europa, 282 sono state inviate negli Stati Uniti, 25 in Australia, 51 in Canada, 14 in Argentina, 24 in Turchia, 12 in Russia, 1 in Sud Africa, 3 in Serbia, 6 in Israele, 2 in Arabia Saudita, 6 in Iran, 2 in Nuova Zelanda e 1 in Giordania.

“Il registro nazionale dei potenziali donatori è collegato con i registri nazionali di tutti gli altri paesi del mondo”, continua Lombardini. “Per questo motivo, quando un centro medico prende in carico un paziente che ha bisogno di un trapianto, interroga i registri alla ricerca di un soggetto compatibile. È a questo punto che inizia l’iter necessario a effettuare la donazione vera e propria. Se in uno dei registri internazionali viene individuato un donatore compatibile, quest’ultimo viene ricontattato e sottoposto a un nuovo prelievo di sangue per effettuare il cosiddetto test di conferma, che serve ad appurare nuovamente la compatibilità con il ricevente. Dopodiché, con una serie di controlli medici, bisogna verificare che il donatore goda ancora di buona salute. Tutti questi esami vengono effettuati per tutelare la salute sia del donatore, sia del trapiantato. È importante, infatti, escludere la presenza di patologie che possano essere trasmesse durante il trapianto. Una volta completati questi passaggi, viene ripetuta l’anamnesi del donatore, il quale dovrà sottoscrivere un consenso informato, ed è possibile procedere con la donazione delle cellule staminali emopoietiche, che può essere effettuata tramite un prelievo dal midollo osseo – che, come abbiamo detto, è la sede in cui queste cellule vengono prodotte – oppure dal circolo periferico, utilizzando, in questo secondo caso, gli stessi dispositivi medici di cui ci si serve per la donazione di piastrine e plasma”.

Da quando esiste l’IBMDR cioè l’Italian Bone Marrow Donor Registry o Registro nazionale Italiano Donatori di Midollo Osseo, il totale di prime donazioni è stato di 4893. La Regione in cui ci sono state più donazioni dal 1989 ad oggi è la Lombardia con 1169 donazioni, seguita dal Veneto con 1050 e dal Piemonte con 573. È interessante però vedere come questi numeri si differenzino se si prende in considerazione la donazione da midollo o da sangue periferico. Nel primo caso la Lombardia è sempre la regione in cui si dona di più (693), mentre nel secondo è il Veneto a ricevere più donazioni da sangue periferico (526).

“Per alcune patologie è preferibile utilizzare una determinata sorgente di cellule staminali rispetto all’altra”, chiarisce Lombardini. “Per questo motivo, contestualmente all’iscrizione al registro, il potenziale donatore può esprimere la sua preferenza, ma la decisione finale, al momento della donazione vera e propria, spetta ai medici che seguono il paziente che necessita del trapianto.

Per effettuare il prelievo dal midollo è necessario sottoporre il donatore ad una anestesia totale o lombare ed eseguire quindi l’intervento in sala operatoria. Si tratta di una procedura un po’ invasiva ma piuttosto semplice. Infatti, il donatore viene solitamente ricoverato il pomeriggio precedente all’operazione e dimesso il giorno successivo.

La procedura di raccolta delle cellule staminali dal sangue periferico richiede invece più tempo. Al donatore viene infatti somministrato, attraverso delle iniezioni sottocutanee, un farmaco che stimola la normale produzione di cellule staminali e il loro rilascio nel circolo periferico. Questa terapia preparatoria dura cinque giorni, durante i quali il donatore, il quale viene sempre seguito dal Centro donatori a cui afferisce, può sperimentare, a causa dell’aumento dei globuli bianchi nel suo sangue, una sindrome simil-influenzale caratterizzata da qualche linea di febbre e dolori articolari. Dopo il quinto giorno di assunzione del fattore di crescita, viene effettuato il prelievo, che dura circa tre o quattro ore”.

Come riportano i dati dell’ultimo report del Centro nazionale trapianti relativi alle donazioni di cellule staminali emopoietiche, il prelievo viene effettuato dal sangue periferico nella maggior parte dei casi, l’89,7% delle volte. “Questa modalità è solitamente preferibile perché dal circolo periferico è possibile raccogliere un numero di cellule staminali molto più elevato rispetto a quelle che si ottengono da un prelievo dal midollo, fattore che aumenta le possibilità di successo del trapianto”, spiega Lombardini. “Inoltre, questa procedura è molto più semplice anche da un punto di vista organizzativo, visto che il prelievo dal midollo necessita di un intervento in sala operatoria”.

Una volta effettuato il prelievo di cellule staminali emopoietiche dal donatore, si può procedere al trapianto. “Il paziente che deve ricevere le cellule raccolte dal donatore viene prima sottoposto a chemioterapia o a radioterapia”, continua Lombardini. “Questo trattamento serve a distruggere il midollo malato e, contemporaneamente, a creare spazio per permettere alle cellule del donatore di riprodursi e sostituire in tutto e per tutto il midollo malato a distanza di un paio di settimane circa dall'infusione.

Ma il potenziale terapeutico della donazione non si limita a questo. Grazie al trapianto, il paziente non riceve solo le cellule staminali che sostituiscono quelle distrutte, ma anche alcune cellule del sistema immunitario che sono fondamentali per il controllo della malattia e che non è possibile distruggere con gli schemi radioterapici e chemioterapici. Infatti, anche dopo un trattamento di questo tipo, può rimanere nell’organismo una quota di cellule che sono difficilmente identificabili con gli strumenti attualmente a disposizione e che possono causare, in un futuro, il ritorno della malattia. Grazie al trapianto, invece, queste cellule potenzialmente dannose vengono distrutte proprio grazie a quelle provenienti dal sistema immunitario sano del donatore”.

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