CULTURA

Sandro Pertini. 30 anni dalla scomparsa del carismatico presidente antifascista

Sono passati 30 anni dalla morte di Sandro Pertini, che si spegneva il 24 febbraio del 1990, all'età di 93 anni. Settimo Presidente della Repubblica italiana e primo tra loro ad appartenere al Partito socialista, Pertini godette di un consenso politico senza precedenti. Fu la sua lotta contro la corruzione, la criminalità, e i terrorismi di ogni genere a fargli guadagnare la stima da parte del popolo italiano e a rendere il suo nome indelebile nella storia del nostro Paese.

Originario di San Giovanni di Stella, nei pressi di Savona, il giovane Pertini si avvicinò al movimento operaio ligure. Nel 1917 era iscritto a giurisprudenza, ma dovette interrompere la sua carriera universitaria per partire per la Prima guerra mondiale. Dopo la guerra poté riprendere gli studi, e riuscì a laurearsi in giurisprudenza e in scienze sociali, rispettivamente a Modena e a Firenze. Pertini, all'epoca, era un giovane militante del Partito socialista, affascinato dalla figura di Filippo Turati, che considerava come un maestro.

Pertini trascorse più di 10 anni della sua vita rinchiuso in carcere, durante gli anni del governo fascista, che aveva ridotto al silenzio la stampa, i sindacati e i partiti di opposizione. Per la sua attività nel partito socialista, era stato bollato come avversario del regime. Per un periodo trovò rifugio a Milano, nella casa di Carlo Rosselli, e successivamente restò in esilio in Francia, dove in quegli anni si stavano recando sempre più antifascisti.

Quella vita in esilio, però, non faceva per lui. Aveva 30 anni e gli sembrava di stare sprecando il suo tempo, di vivere inutilmente. Per questo motivo, nel 1929 cercò di rientrare in Italia sotto falso nome, ma venne arrestato e incarcerato. Si trovò allora ad essere uno dei pochi prigionieri socialisti tra tanti comunisti. Nonostante questo, Pertini non mutò il suo pensiero politico. Non diventò mai uno di loro ma non si trasformò neanche un accanito anticomunista. Fu in quegli anni di prigionia che incontrò Antonio Gramsci, con cui ebbe modo di confrontarsi e discutere, fino a instaurare con lui un rapporto di amicizia.

Persino quando si ammalò di tubercolosi, Pertini non abbandonò la sua causa. Nonostante sua madre avesse inoltrato una domanda di grazia, spinta dai suoi amici di Savona, egli ci tenne a dichiarare di non aver nulla a che fare con la cosa e che, al contrario, quella richiesta lo aveva fatto sentire umiliato. Fu solo nel 1943, quando giunse la notizia che Pietro Badoglio era diventato capo di stato dopo le dimissioni di Mussolini che Pertini fu finalmente libero, dopo 14 anni di prigionia.

A Roma, Pertini incontrò Pietro Nenni e Giuseppe Saragat, assieme ai quali sognava di ricostituire il Partito socialista italiano. Durante gli anni della resistenza, diventò presto parte del Comitato di liberazione nazionale. Il grosso dell'organizzazione era allora nelle mani dei comunisti o del Partito d'azione. I socialisti presenti erano pochissimi, ma tra loro c'era anche Pertini, che con la sua forza d'animo e le sue doti di oratore diretto e convincente, ebbe un ruolo molto importante nell'organizzazione degli scioperi e delle insurrezioni.

Dopo il 25 aprile del 1945, Pertini era considerato uno dei leader più amati della resistenza. Poco tempo dopo che gli italiani erano stati chiamati a scegliere tra monarchia e repubblica, Pertini fu eletto per partecipare all'Assemblea costituente per il Partito socialista, partecipando così a tradurre in legge gli ideali di pace, uguaglianza e libertà per cui aveva tanto combattuto.

Giornalista per l'Avanti!, mediatore nel corso della scissione del Partito socialista di palazzo Barberini e critico nei confronti dell'invasione dell'Ungheria da parte dell'Unione Sovietica, Pertini continuò a partecipare senza sosta alla vita politica del Paese, fino a diventare, nel 1968, Presidente della camera dei deputati. Era il primo uomo di sinistra non democristiano a ricoprire quel ruolo. Pertini dovette affrontare anni di difficili rapporti politici tra i partiti, scandali, ed episodi di corruzione, ma soprattutto di stragi sanguinose, il cui apice venne toccato nel 1978, con il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.

Fu proprio in quell'anno che Pertini fu eletto Presidente della repubblica. Aveva 82 anni, ma la sua voce e la sua energia non accennavano ad affievolirsi. In quei drammatici anni del dopoguerra, Pertini non smise mai di lottare per la libertà contro la dittatura. Il suo carattere impulsivo, schietto e diretto divenne uno dei suoi tratti distintivi, e contribuì a farlo diventare una figura politica popolare.

Schierato contro il terrorismo e i continui attentati, rivolti soprattutto a magistrati e deputati, durante l'ennesimo funerale di stato a cui partecipò in seguito all'uccisione di Guido Rossa, operaio e sindacalista, da parte delle Brigate rosse, con voce tonante, disse loro di vergognarsi, perché non poteva accettare come dopo aver combattuto al suo fianco contro i fascisti, ora compiessero tanti atti efferati contro i democratici.

Il consenso popolare di Pertini aumentò anche in un periodo costellato di eventi tragici come il terremoto in Irpinia o l'incidente di Vermicino, che tenne l'intero Paese con il fiato sospeso fino alla sua triste conclusione. Gli italiani si riconoscevano nel loro Presidente e nelle sue reazioni agli avvenimenti della cronaca. In occasione del terremoto in Irpinia, per esempio, egli stesso accusò il governo di essere stato impreparato e di non essere intervenuto come avrebbe dovuto nel soccorso delle vittime.

In quegli anni si faceva sempre più presente, nei cittadini italiani, un sentimento di sfiducia nei confronti della classe politica, a prescindere dal partito di appartenenza, ed è curioso notare che fosse proprio il Presidente della Repubblica ad appoggiare questa tendenza. Forse fu anche per questo che diventò tanto amato, perché era percepito come un autentico interprete degli umori del Paese, capace di rapportarsi nel modo giusto attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Pertini in ogni intervista appariva sincero, era consapevole che proprio quell'atteggiamento tutt'altro che distaccato poteva farlo sentire vicino al pubblico.
Quando, nel 1985 ebbe fine il suo incarico di Presidente della Repubblica, divenne senatore a vita e accettò la presidenza della Fondazione Filippo Turati di Firenze, che detenne fino al giorno della sua morte, il 24 febbraio 1990.

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