SCIENZA E RICERCA

La FoMO e la relazione tra benessere psicologico e tecnologie digitali

Foto di concerti che ci siamo persi, storie su Instagram che raccontano di incredibili grigliate di Ferragosto e feste di Capodanno, entusiasmanti avanzamenti di carriera dei nostri contatti su LinkedIn. L’inspiegabile senso di inadeguatezza che il confronto con questi contenuti causa in alcune persone viene spesso definito FoMO – acronimo per “Fear of Missing Out” – ed è spesso considerato, nella letteratura scientifica sull’argomento, come una conseguenza dell’utilizzo delle tecnologie digitali.

La Fear of Missing Out è una forma di ansia sociale caratterizzata dalla sensazione di “perdersi qualcosa”, come un’esperienza gratificante della vita personale o lavorativa o un’opportunità che qualcun altro invece sta cogliendo. Non esiste ancora una concettualizzazione universalmente condivisa di questa condizione, né si tratta di un disturbo riconosciuto nel DSM5. Inoltre, anche i dettagli del legame tra FoMO, benessere psicologico e utilizzo delle tecnologie digitali non sono ancora chiari.

Per questo motivo, un gruppo di ricercatori della Vrije Universiteit di Amsterdam ha condotto la prima revisione sistematica sulla FoMO, basata su 106 studi che hanno coinvolto un totale di oltre 5200 partecipanti di età compresa tra i 9 e gli 80 anni. Dai risultati di questa ricerca emerge l’esistenza di una letteratura scientifica frammentata, caratterizzata da lacune e risultati incongruenti.

Gli autori hanno riconosciuto particolare rilevanza, nella loro analisi, a quello che considerano lo studio cardine sulla FoMO, pubblicato nel 2013 con la prima firma di Andrew K. Przybylski, dell’università di Essex. Secondo i risultati di questo lavoro, la FoMO nasce dall’insoddisfazione di tre bisogni psicologici – autonomia, competenza e relazione – e si compone di due dimensioni fondamentali: la paura di perdere opportunità o esperienze gratificanti che altre persone stanno vivendo e il desiderio di restare sempre aggiornati su ciò che fanno gli altri.

Queste due componenti della FoMO sono state spesso approfondite in letteratura; il problema è che studi diversi hanno dato più peso a una dimensione rispetto all’altra, o ne hanno approfondita solo una, rendendo quindi difficile operare un confronto tra i risultati. Inoltre, come si diceva all’inizio, manca una definizione unica di FoMO, non è chiaro quali emozioni siano legate a questa condizione, né se essa vada considerata come un tratto stabile della personalità o uno stato d’animo temporaneo suscitato da alcune specifiche esperienze, come quelle che coinvolgono l’uso di tecnologie digitali. Come se non bastasse, sono stati adottati molti diversi metodi per misurare la FoMO e le sue possibili cause.

Per quanto riguarda gli aspetti che caratterizzano questa condizione, le emozioni più comunemente associate alla FoMO sono l’apprensione, l’ansia e la preoccupazione, ma anche l’insoddisfazione, la solitudine, il rimpianto e l’invidia.

Come anticipato, gli studi sulla FoMO tendono spesso ad approfondire il fenomeno in relazione all’utilizzo delle tecnologie digitali e al benessere psicologico. Anche nello studio di Przybylski e coautori citato all’inizio è stata rilevata una correlazione tra FoMO, umore basso e alto coinvolgimento sui social media.

Alcuni studi limitano la FoMO alle esperienze in rete (e, in particolare, al contesto dei social media), ipotizzando che il confronto con questi contenuti spinga le persone a fare paragoni negativi tra la propria vita e quella che gli altri condividono online, mettendo in discussione le proprie scelte e sviluppando la sensazione di aver sbagliato qualcosa.

Questo però non significa necessariamente che la FoMO sia sempre la conseguenza del tempo trascorso online. Alcuni ricercatori sostengono, per certi versi, la tesi opposta, ritenendo che l’uso eccessivo di internet sia un tentativo disfunzionale per fronteggiare stati d’animo negativi, come l’insoddisfazione per la propria vita e l’invidia per quella degli altri.

Non esiste, insomma, un accordo generale riguardo alla direzione del rapporto di causa-effetto tra FoMO, benessere psicologico e rapporto con le tecnologie digitali. Le ipotesi avanzate in merito sono molto diverse: alcuni studi suggeriscono che la FoMO sia la conseguenza di un disagio psicologico preesistente e la causa dell’uso eccessivo delle tecnologie digitali, mentre altri ipotizzano che la diffusione delle tecnologie digitali e il costante flusso di informazioni al quale esse consentono di accedere compromettano il benessere psicologico delle persone ed espongano al rischio di sviluppare la FoMO.

Secondo gli autori della revisione sistematica, il motivo per cui tali risultati sono così contrastanti è dovuto all’ampia varietà di approcci sia teorici che metodologici adottati dagli studiosi. Alcuni dei quali, ad esempio, hanno misurato l’impatto immediato sul benessere mentale causato da brevi interazioni con i social; altri, invece, hanno indagato gli effetti a lungo termine di un uso eccessivo di internet. Inoltre, in alcuni casi è stato misurato solo il tempo trascorso sui social media, mentre altre ricerche si sono concentrate sull’uso degli smartphone. Sono stati poi considerati diversi social, app di messaggistica e tipi di contenuti online.

Di fronte a una panoramica così frammentata sulla FoMO e la sua relazione tra benessere psicologico e uso di internet, gli autori si auspicano che venga presto definito un quadro teorico e metodologico condiviso all’interno della comunità scientifica che possa essere utilizzato per indagare la FoMO sulla base di indicatori standardizzati e attraverso un lessico consolidato. Infatti, riuscire a circoscrivere i limiti di questa condizione è solo il primo passo per misurarne la diffusione tra la popolazione nell’era digitale e individuare potenziali fattori protettivi in grado di arginarne l’impatto sulla sfera psicologica ed emotiva.

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