SCIENZA E RICERCA

I terrazzamenti agricoli tra le zone a più alto rischio aridità a fine secolo

Un esempio lampante sono i terrazzamenti per la coltivazione del riso nella regione cinese dello Yunnan, al confine con il Vietnam. Sono il risultato di 13 secoli di lavoro sul paesaggio da parte della minoranza Hani che non solo vi coltiva il riso, ma ha creato un vero e proprio sistema di economia circolare. Nei terrazzamenti vivono, infatti, le anatre che con le loro deiezioni contribuiscono alla fertilizzazione del terreno; dalle acque gli Hani ricavano anche il pesce che si aggiunge alla loro dieta; e il tutto è inserito in un sistema complesso e raffinato di gestione dell’acqua. Ma la trasformazione del clima già in atto potrebbe spingere questa lunga storia di agricoltura a scrivere capitoli più problematici.

È solo un esempio, forse uno dei più emblematici, che emerge da uno studio condotto sull’agricoltura in terreni a forte pendenza pubblicato su Nature Food e coordinato da Paolo Tarolli del Dipartimento di Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova. “Il nostro obiettivo era costruire una mappa globale di questo tipo di agricoltura eroica che mettesse in evidenza la distribuzione nei diversi tipi di clima”, spiega Tarolli. Su questa mappa, la prima di questo tipo prodotta a livello mondiale, Tarolli e i suoi colleghi hanno proiettato gli effetti della trasformazione del clima da qui alla fine del secolo. “Emerge chiaramente che la percentuale dei terreni agricoli di collina e montagna delle zone tropicali salirà al 27% e quella delle zone aride al 16%: sostanzialmente raddoppieranno rispetto alla situazione attuale”.

Più che semplici campi

L’agricoltura di collina e montagna viene solitamente accostata a una minore valenza sul piano produttivo. Ma, avverte Tarolli, “non si tratta di una agricoltura di serie B”. Tutt’altro. I terrazzamenti delle Cinque Terre in Italia o degli aranceti della regione di Valencia, in Spagna, racchiudono nella pratica agricola saperi millenari di gestione del terreno e dell’acqua. In altri casi, come per esempio nelle zone del Prosecco e del Soave in Veneto, si tratta di un’agricoltura che ha un valore sociale ed economico di primissimo piano. Ma pur trattandosi di situazioni generalmente fragili, non tutti i territori sono minacciati allo stesso modo.

“Le aree collinari di produzione del prosecco e del soave, secondo le nostre proiezioni, rimarranno all’interno del clima temperato”, racconta Tarolli, “ma lo stesso non si può dire dell Yunnan o dell’area di Valencia”. Nel primo caso il clima si tropicalizzerà, con un deciso cambiamento della distribuzione delle precipitazioni; nel secondo caso si andrà verso un clima decisamente più arido. E in clima arido, in Italia, “entreranno quasi tutta la Toscana, parte delle Marche e dell’Abruzzo, oltre alla Sicilia”, mentre in Europa le zone più colpite dall’inaridimento saranno soprattutto l’Europa orientale: Romania, Bulgaria e Grecia.

 

Worst case scenario

Quello tratteggiato dallo studio coordinato da Tarolli è una sorta di caso peggiore possibile. Lo scenario preso in considerazione è infatti quello per cui da qui alla fine del secolo non si faccia niente per mitigare gli effetti della crisi climatica. Si tratta dello scenario che tecnicamente viene indicato come RPC 8,5 (‘Representative Concentration Pathways’), in cui non viene preso alcun provvedimento in favore della protezione del clima e le emissioni di gas a effetto serra aumentano in modo continuo. 

Da una parte, spiega Tarolli, si trattava dello scenario per cui erano disponibili i dati nel formato aperto a più alta risoluzione. “Volevamo utilizzare strumenti e dati open access per le nostre proiezioni”, continua, “perché volevamo che il nostro lavoro fosse trasferibile, che potesse essere riutilizzato a più livelli”. Codice informatico aperto, dati open access e una piattaforma di analisi online come Google Earth Engine, perché la metodologia potesse essere utilizzata non solo da altri ricercatori, ma anche da operatori del settore agricolo ed enti per la gestione del territorio.

Non si tratta di agricoltura di serie B, ma di un patrimonio importante anche sotto il profilo cutlurale Paolo Tarolli

Paolo Tarolli lavora da anni su questi temi e dal 2014 ha cominciato a studiare la zona del Soave. Qui, per esempio, è chiaro da anni agli agricoltori che bisogna trovare sistemi per trattenere l’acqua. Secondo le proiezioni pubblicate su Nature Food, non si tratta di un territorio che si inaridirà. Ciononostante la preoccupazione per il mantenimento della produzione è centrale: bisogna inventare sistemi innovativi per trattenere l’acqua in collina e poterla usare nei momenti di necessità. “Per questa agricoltura eroica,” sottolinea Tarolli, “la gestione dell’acqua è fondamentale”. E si tratta di un elemento fondamentale per tutti questi terreni a forte pendenza che si sono mantenuti in un fragile equilibrio proprio grazie al lavoro di generazioni e generazioni di agricoltori. 

“Sono aree che le stesse FAO e UNESCO hanno dichiarato patrimoni culturali e da tutelare”. Ma per ogni comprensorio del Prosecco o dell’arancia di Valencia ci sono molte aree di collina dove si pratica un’agricoltura di sussistenza. E qui, è l’ammonimento implicito dello studio, bisogna che ci sia un intervento di sostegno da parte dei governi e delle istituzioni. Altrimenti il rischio concreto è che assieme allo spopolamento di queste aree sparisca anche il patrimonio culturale che conservano.

 

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