SOCIETÀ

Terremoti in Italia: dal passato l'esperienza per il futuro

Stati Uniti, sud della California. 4 luglio 2019. Una violenta scossa sismica di magnitudo 6.4 colpisce l’area a sud-ovest della Searles Valley, vicino a Ridgecrest, zona scarsamente abitata. I feriti sono diversi, ma nessuno in modo grave. I danni maggiori hanno coinvolto, seppure in modo lieve, alcune abitazioni ed edifici pubblici. 5 luglio 2019. Un terremoto di magnitudo 7.1 colpisce la stessa area interessata dal terremoto del giorno precedente. Il bilancio è di qualche ferito in maniera lieve, circa duemila persone sono senza luce nella cittadina di Ridgecrest e nelle aree circostanti e danni alle abitazioni. Si tratta degli eventi sismici più violenti degli ultimi 20 anni in California, una delle zone a maggior rischio sismico del mondo, dove si trova lungo la cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico, una zona caratterizzata da frequenti terremoti ed eruzioni vulcaniche, estesa per circa 40.000 km tutto intorno all'oceano Pacifico.

Italia. 24 agosto 2016. Una scossa di magnitudo 6.0 con epicentro lungo la Valle del Tronto tra i comuni di Accumoli e di Amatrice, in provincia di Rieti e di Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) porta la morte di 298 persone oltre a danni ingentissimi alle cose. Abruzzo, 6 aprile 2009. Un terremoto di magnitudo 5.9 colpisce l’Aquila. La profondità dell’epicentro è di otto chilometri e a causa della vicinanza alla superficie terrestre è particolarmente distruttivo. Muoiono 308 persone e la città dell’Aquila viene completamente distrutta. Sono questi, in ordine di tempo, gli ultimi eventi sismici più violenti che hanno colpito il nostro Paese, una nazione ad elevato rischio sismico, in particolare per quanto riguarda l’area che corre lungo la dorsale appenninica e il sud della penisola, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica. 

L’esperienza californiana e quella italiana, per tipologia di territorio e anche di terremoti, raccontano due storie diverse ma “La differenza principale tra i due Paesi – spiega Lapo Boschi, docente del dipartimento di Geoscienze all’Università di Padova - sta nel grado di preparazione che ha la società a questo tipo di eventi. Nel tempo i californiani hanno imparato a costruire case e palazzi consapevoli di vivere in un territorio molto fragile dal punto di vista sismico; una cosa che noi fatichiamo ancora a fare. In questo territorio rispetto che da noi – continua Boschi - le scosse di grande magnitudo sono in numero maggiore e quindi il tempo che passa tra due eventi sismici è più breve. In genere, quando questo tempo invece è più lungo, si tende a perdere la memoria degli eventi, anche se catastrofici, e il livello di attenzione della società spesso scende. E questo porta inevitabilmente ad essere sempre un po' impreparati quando un terremoto ci colpisce”.

Negli ultimi 30 anni la Rete Sismica Nazionale ha registrato più di 190.000 eventi sismici in Italia e nei Paesi confinanti, la maggior parte dei quali non è stata avvertita dalla popolazione e sono 45 i terremoti che hanno avuto una magnitudo pari o superiore a 5.0. Il nostro Paese infatti, detiene il primato europeo per fenomeni sismici e su 1.300 sismi dagli effetti distruttivi (superiori all’ottavo grado della scala Mercalli) che sono avvenuti nell’area mediterranea, oltre 500 hanno colpito il nostro Pease.
Tuttavia, la grande questione che riguarda l’area italiana, è la grande fragilità del patrimonio edilizio e infrastrutturale. Le mappe sismiche possono essere d’aiuto ma sono soggette a mutamenti nel tempo. “Le mappe di pericolosità sismiche sono puramente statistiche e si basano sulle conoscenze che derivano dal passato – prosegue il docente. In Italia, esistono cronache dell’attività sismica che vanno indietro di migliaia di anni mentre in California i dati non vanno oltre 100 anni fa. Le mappe cambiano leggermente negli anni ed è per questo che sarebbe davvero importante, per mettere in atto qualsiasi tipo di intervento, utilizzare tutte le conoscenze che già abbiamo.
La nostra società ha a disposizione tutti i dati necessari per ridurre la vulnerabilità del territorio. Il tempo aiuterà di sicuro noi scienziati a fare nuove scoperte ma la sfida di oggi, per il nostro Paese, è quella di mettere in sicurezza gli edifici che già esistono. Di certo sappiamo che la natura non si può sconfiggere e siamo certi che nel futuro la maggior parte del territorio italiano sarà ancora interessato da scosse sismiche distruttive. Il rischio si può mitigare, ma continuerà  a essere importante se non addirittura ad aumentare”.

Sono diversi i paesi nel mondo ad alto rischio sismico e ciascuno affronta questa problematica a modo proprio. “Credo che il Giappone  - conclude Boschi - sia l'esempio migliore, almeno per quanto riguarda le tecnologie sviluppate nell’ambito dell’ingegneria antisismica, di territorio che ha saputo adeguarsi e rispondere a questa sua caratteristica di territorio estremamente fragile. Ma credo anche che sia fondamentale interrogarsi rispetto a quei Paesi, come ad esempio la Turchia, ad altissimo rischio sismico, che nonostante il rapido sviluppo che li caratterizza, ancora si muovono troppo lentamente rispetto a tutti quegli aspetti che riguardano invece la questione dei terremoti”.
 

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