SOCIETÀ
Guerra e tensioni internazionali: quale futuro per le collaborazioni spaziali?
Un modulo di rifornimento in fase di aggancio alla stazione spaziale internazionale. Foto: Nasa
Fin dalla metà del secolo scorso lo spazio è il centro della Terra, o meglio degli affari terrestri. Da un punto di vista geopolitico potrebbe essere suddiviso in due livelli: il primo ambito Terra-Luna, come trampolino di lancio verso Marte; il secondo che comprende tutto il resto senza confini. Chiaramente è l’asse Terra-Luna a costituire il perno su cui sono disegnate le dinamiche politiche e economiche tra gli Stati, e questo lo rende quasi un’espansione della Terra.
Con una certa strategica lungimiranza dal sapore prettamente militare, nel 1958 il generale dell’Air Force statunitense Homer A. Boushey dichiarava: “Chi controlla la Luna, controlla la Terra [...]”. Non sbagliava.
Al di sopra dell’aerospazio, sotto la linea di Kármán (convenzionalmente posta a 100 chilometri di quota rispetto alla superficie terrestre) e laddove potrebbero saettare missili supersonici dotati di testate nucleari, si sviluppa lo spazio delle orbite basse, spesso adibito a luogo di intelligence militare, sorveglianza e telecomunicazioni. Questo spazio è già ampiamente saturo e competitivo, ed è qui che si proiettano le architetture satellitari americane per il controllo delle rotte commerciali, militari e della comunicazione.
Con la fine della Guerra Fredda e l’avvento di una certa cooperazione internazionale strutturata anche nel settore spaziale abbiamo assistito a fenomeni di (apparente?) distensione tra le due superpotenze – Usa e Russia – di cui la Stazione Spaziale Internazionale (Iss) è il simbolo per eccellenza. L’impatto sui processi istituzionali, sociali ed economici nell’attuale Space Society sono il motivo per cui gli Stati devono saper controllare questi processi di trasformazione, difendere la propria posizione e sviluppare capacità autonome in ambito spaziale.
“ Chi controlla la Luna controlla la Terra Homer A. Boushey
Il confronto su vettori e satelliti
Alla fine di maggio del 2020, in piena pandemia globale, la compagnia aerospaziale privata statunitense Space X guidata da Elon Musk, ha portato due astronauti americani sulla Iss utilizzando la capsula Crew Dragon-Endeavour e il vettore riutilizzabile Falcon 9, dimostrando di poter offrire un’alternativa alla russa Soyuz, prima di allora unico vettore in grado di trasportare l’equipaggio a bordo della Stazione orbitante dopo il termine del programma Space Shuttle della Nasa nel 2011.
Come già sottolineato in altre occasioni, l’ingresso dei privati nel business spaziale e la rinnovata indipendenza americana nell’invio di esseri umani nello spazio aprono scenari da non perdere di vista anche a lungo termine, e potrebbero portare nei prossimi decenni a un cambio radicale degli assetti geopolitici del nostro pianeta.
L’ingresso di compagnie come Space X segna con ogni probabilità la fine di un ventennio di collaborazione tra Stati Uniti e Russia. Questo ci riporterà forse a un ritorno alla competizione spaziale tra vecchie e nuove potenze? Certamente sí.
In occasione del conflitto militare in corso tra Russia e Ucraina è stato da subito chiaro come lo spazio sia un ulteriore terrore di scontro e di tensione tra le potenze occidentali e la Russia. Le sanzioni inflitte alla Russia hanno rimodulato i vari assetti spaziali creando ripercussioni a brevissimo termine. Il tutto avviene nell’arena pubblica dei social media, con grande coinvolgimento delle parti coinvolte.
Mykhailo Fedorov, vice-premier ucraino con delega alla Trasformazione digitale, è ad esempio riuscito a ottenere il supporto concreto di Elon Musk per garantirsi una copertura di rete a banda larga: “Mentre provi a colonizzare Marte, la Russia cerca di occupare l’Ucraina. Mentre i tuoi razzi atterrano dallo spazio con successo, quelli russi attaccano i civili” ha twittato il 28 febbraio. Poche ore dopo la richiesta di Fedorov è arrivata la risposta di Musk, che ha deciso di garantire le comunicazioni via internet a un Paese che oggi rischia ogni giorno di più di trovarsi con seri problemi di connessione: “Il servizio Starlink è ora attivo in Ucraina. Altri terminal in arrivo”.
Starlink è infatti il progetto di Space X che garantirà l’accesso alla rete internet attraverso una costellazione di satelliti – se ne contano già più di 1.800 – in orbita bassa. Un progetto peraltro non esente da contestazioni a causa dei problemi di inquinamento luminoso e di interferenza con le bande radio usate per l’osservazione del cielo dalla comunità scientifica, dal momento che manca una regolamentazione precisa sull’utilizzo delle orbite.
You are most welcome
— Elon Musk (@elonmusk) February 28, 2022
Stazione spaziale internazionale alla deriva?
Un altro terreno di contesa politica è l’unico avamposto umano nello spazio: la Stazione spaziale internazionale. Il primo marzo scorso, la Nasa ha dichiarato di essere alla ricerca di una soluzione per mantenere l'Iss in orbita senza l'aiuto della Russia, poiché il capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos Dmitry Rogozin, politicamente vicino al leader russo Vladimir Putin, aveva affermato che il lanciatore utilizzato per il decollo è “sottoposto alle sanzioni Usa dal 2021 e di quelle dell'Ue e del Canada dal 2022”. Come conseguenza, Roscosmos ha lanciato un appello alle agenzie spaziali statunitense, canadese e europea, chiedendo la revoca delle sanzioni ritenute illegali contro le compagnie aerospaziali di bandiera, aggiungendo poi una prospettiva nefasta: “La Stazione spaziale potrebbe precipitare sugli Usa, o sull’Europa. I comandi dei motori infatti dipendono da noi. Impossibile invece che finisca sulla Russia”.
La Nasa si è mostrata rassicurante: “Continuiamo a lavorare insieme, nessun pericolo”. A integrare l’intervento precedente, il portavoce della Nasa non ha mancato di ricordare che se il rialzo della quota di volo è legato ai motori russi, l’energia elettrica di cui necessita la base spaziale è soprattutto fornita dai grandi pannelli solari americani.
Le sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina potrebbero provocare "la caduta in mare o sulla terra" della Stazione spaziale internazionale (che pesa 500 tonnellate) come Rogozin minaccia sui suoi canali Telegram iterando la richiesta di revoca delle misure sanzionatorie a carico della Russia? Rogozin ha affermato che le operazioni delle navicelle russe che riforniscono la Iss saranno interrotte a causa delle sanzioni, interessando di conseguenza il segmento russo della stazione, che serve, tra l'altro, a correggere l'orbita della struttura. Di conseguenza, ciò potrebbe causare "l'ammaraggio o l'atterraggio" dell'Iss. Il capo di Roscosmos ha anche pubblicato una mappa dei luoghi dove la Stazione potrebbe precipitare, sottolineando come sia improbabile che cada in territorio russo.
Ricordiamo infatti che la stabilità della Iss – che attualmente ha a bordo sette astronauti – sull’orbita corretta dipende dai motori delle navicelle russe Progress, che periodicamente correggono la quota di volo mantenendola a un’altezza di sicurezza e consentono gli spostamenti necessari per evitare gli impatti con i detriti cosmici. Nel frattempo la Nasa, per cercare l’autonomia dai mezzi russi, ha autorizzato l’utilizzo dei propulsori del modulo di rifornimento automatico statunitense Cygnus per la stessa operazione finora compiuta dalle navicelle Progress.
Già a fine febbraio lo stesso Rogozin aveva annunciato la fine della collaborazione con l’Agenzia spaziale europea (Esa) per i lanci della Soyuz dal Centro spaziale europeo di Kourou (in Guyana francese) operati dall’azienda Arianespace, ed erano stati ritirati i tecnici russi in servizio nella base. Il 4 marzo è stata l’Esa ad annunciare che sarebbero stati sospesi tutti i lanci delle Soyuz, anche quelli dalla base russa di Baikonur, nel Kazakhstan. “Tre dei nostri missili e tre stadi superiori sono rimasti lì. Li abbiamo messi fuori servizio. Soltanto gli specialisti russi potrebbero renderli nuovamente operativi” ha dichiarato Dmitry Rogozin in un’intervista alla principale emittente televisiva russa pubblica.
Exomars a rischio
Rendendo inutilizzabili i vettori Soyuz per l’Europa è a rischio anche la missione su Marte. È infatti il più ambizioso dei programmi spaziali tra Europa e Russia a sembrare compromesso: la missione spaziale ExoMars, il cui lancio era previsto per il prossimo settembre dalla base russa di Baikonur con il lanciatore russo Proton-M. L’obiettivo della missione è portare sulla superficie del Pianeta Rosso un veicolo russo per l’atterraggio e il rover Rosalind Franklin, dotato di una trivella costruita dall’italiana Leonardo in grado di perforare il suolo fino a due metri di profondità per cercare tracce di vita nel sottosuolo. L’Esa ha annunciato che le decisioni in merito a questa missione saranno definite dal suo Consiglio che si riunirà i prossimi giorni (il 16 e 17 marzo). Il direttore generale dell’Esa Joseph Aschbacher ha definito “molto improbabile” un lancio entro il 2022. Non lanciare entro il prossimo settembre significa rischiare di perdere l’appuntamento con Marte, che si troverà nel punto più vicino alla Terra in dicembre. La prossima finestra di lancio utile si presenterà solo nel 2024, e per ExoMars sarebbe il terzo rinvio.
Nella missione ExoMars l’Italia, attraverso l’Agenzia spaziale italiana (Asi), è leader con il 33% di contributi, e le industrie capofila sono tutte italiane, Thales Alenia Space Italia in testa, seguita da Leonardo e Altec.
“Nonostante il conflitto in atto, la cooperazione spaziale civile rimane un ponte”, ha twittato Aschbacher. “L’Esa continua a lavorare su tutti i suoi programmi, inclusa la Stazione spaziale internazionale e la campagna di lancio della missione ExoMars, al fine di onorare gli impegni con gli Stati membri e i partner. Continuiamo a monitorare l’evolversi della situazione”. “Mentre attraversiamo queste ore buie dopo l’inizio del confronto militare su vasta scala in corso in Ucraina, l’Esa segue da vicino la situazione mantenendo contatti regolari con i suoi Stati membri, l’industria e i partner internazionali al fine di valutare le possibili conseguenze per le attività in corso dell’Esa e soprattutto per il personale coinvolto nelle sue operazioni critiche – ha aggiunto più tardi l’Agenzia Spaziale Europea –. Uno dei punti di forza che, in passato, la cooperazione spaziale ha dimostrato è la resilienza dei partner nel superare le crisi geopolitiche e mantenere, come avviene a bordo della Stazione spaziale internazionale, un luogo di ricerca congiunta a fini pacifici per il bene di tutti. L’Esa è impegnata a continuare il lavoro di tutte le attività del suo programma, inclusa la campagna in corso per il lancio di ExoMars, per garantire, per quanto possibile, che vengano realizzate”.
Aspettiamo.
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