SOCIETÀ
Vent'anni di Donne e scienza. Valorizzare la ricerca femminile tra presente e futuro
Sono venti le candeline che spegne quest’anno l’associazione Donne e scienza, che dal 2003 a questa parte è impegnata su diversi fronti per la promozione dei talenti femminili nel mondo della ricerca. Dai tentativi di dialogo con le istituzioni politiche, ai progetti nelle scuole, fino alle attività di comunicazione e sensibilizzazione, l’associazione cerca di contribuire alla diffusione di una cultura scientifica che riconosca il giusto valore ai meriti e alle esperienze femminili. Le disuguaglianze di genere ancora diffuse in questo settore non fanno altro che intralciare il progresso scientifico e tecnologico, creando alcuni fenomeni problematici come, ad esempio, la segregazione delle carriere (la distribuzione diseguale di uomini e donne tra i vari settori professionali e i diversi livelli di carriera non in base al merito e alle preferenze personali, ma a causa dei ruoli e delle aspettative che la società attribuisce loro a priori) e il mancato riconoscimento del merito e del lavoro delle scienziate.
Tali disparità sono dovute ad alcuni pregiudizi culturali radicati da secoli nel nostro immaginario collettivo. Combattere questi stereotipi è uno degli scopi principali di Donne e scienza, il cui ventesimo compleanno ha un significato importante per Sveva Avveduto, ricercatrice emerita del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e presidente dell’associazione dal 2017. “Donne e Scienza è stata fondata il 21 Novembre 2003 da un piccolo gruppo di studiose e scienziate di varie discipline, impegnate dagli anni Ottanta in poi in attività concernenti la presenza femminile nel mondo della ricerca e l’analisi della scienza contemporanea”, racconta Avveduto. “Negli anni, l’associazione è cresciuta grazie all’aggiunta di nuove socie (e soci, abbiamo infatti aperto l’accesso anche agli uomini) provenienti non solo dagli enti di ricerca e dalle università, ma anche dalla scuola, e dal mondo del giornalismo e della comunicazione scientifica.
La finalità di Donne e scienza è quella di promuovere la partecipazione delle donne all’attività scientifica sia quantitativamente sia qualitativamente, attraverso la ricerca e la riflessione, la documentazione e le relative pubblicazioni, la trasmissione e la comunicazione. Ci proponiamo di costruire una rete italiana per lo scambio di informazioni, progetti e iniziative e di approfondire la condizione delle donne coinvolte nella ricerca scientifica sia pubblica che privata. Più in generale, cerchiamo di contribuire alla costruzione di un più ampio dibattito sui rapporti tra scienza e società tenendo conto della cultura di genere in un periodo in cui gli sviluppi scientifici pongono scelte politiche, economiche ed etiche fondamentali riguardanti il presente e il futuro della vita di cittadini e cittadine. Tra gli scopi e le attività vi è anche la promozione dell’integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nell’innovazione”.
Sono diverse le iniziative e i progetti organizzati dall’associazione per promuovere i talenti femminili e incoraggiare la partecipazione delle ragazze all’educazione scientifica. “Ci siamo recate in molte scuole a parlare con gli studenti e le studentesse con presentazioni e dibattiti sul tema”, prosegue Avveduto, “abbiamo inoltre coordinato o partecipato a diversi progetti e laboratori dedicati alla cultura scientifica con lo scopo di promuovere le soggettività e le esperienze femminili nel mondo della ricerca.
L’associazione ha inoltre aderito a diversi progetti europei contribuendo a valorizzare, promuovere e organizzare la partecipazione delle ricercatrici italiane alle iniziative italiane e internazionali. Donne e Scienza è componente e membro fondatore dell’European Platform of Women Scientists, un’organizzazione nata sotto l’egida della Commissione Europea che unisce in rete tutte le varie associazioni di scienziate dei paesi europei. Donne e Scienza ne detiene attualmente la presidenza ed è sempre stata presente con sue rappresentanti nel Board. L’associazione fa inoltre parte del Gruppo Women 20, engagement group del G20, con la presenza della sua presidente quale delegata italiana; tramite questo canale è possibile veicolare rilevanti indicazioni per la parità di genere che vengono poi recepite dal G20 e diffuse nei Paesi membri”.
Quanto al problema degli stereotipi culturali che esacerbano le disuguaglianze di genere, “una domanda che purtroppo non è ancora raro sentire è: Le donne hanno talento per la scienza?”, constata Avveduto. “Non solo il cosiddetto “uomo della strada” ma anche fior di scienziati e politici ancora rispondono negativamente – o almeno selettivamente – a questo interrogativo affermando, ad esempio, che le donne siano più portate per le professioni scientifiche di cura (preferibilmente nel ruolo di infermiere), e così via.
I fattori che scoraggiano la partecipazione femminile alla scienza scaturiscono da una combinazione di stereotipi culturali e sociali riguardo alle capacità di donne e ragazze. Queste ultime ricevono diversi messaggi più o meno espliciti rispetto alla loro presunta difficoltà ad affrontare gli studi e, successivamente, a una minore propensione per le carriere scientifiche. Talvolta sono gli stessi insegnanti delle scuole superiori o i genitori che ostacolano l’iscrizione delle ragazze alle facoltà STEM spesso inducendole a dubitare delle loro stesse capacità e, di conseguenza, a rinunciare. Tali stereotipi sono anche il motivo per cui il talento e il lavoro delle scienziate è spesso stato sottovalutato nel corso della storia, come dimostrano, ad esempio, il mancato riconoscimento del premo Nobel ad alcune grandi studiose che hanno contribuito all’avanzamento della scienza e alle scoperte tanto quanto i loro colleghi uomini”.
Per contrastare questi pregiudizi, come sostiene Avveduto, è necessaria la diffusione di alcune buone pratiche orientate alla costruzione di una cultura collettiva meno sessista sin dai primi livelli di istruzione. “Bisogna distribuire compiti e opportunità paritetiche fin dalla scuola dell’infanzia”, afferma la presidente di Donne e scienza. “Nei successivi cicli scolastici è molto importante che i docenti siano consapevoli dei messaggi anche impliciti che trasmettono agli allievi e alle allieve”.
Per quanto riguarda invece la definizione di politiche finalizzate al raggiungimento della parità di genere e alla limitazione del numero di donne che abbandonano la carriera scientifica, Avveduto sottolinea quanto sia importante l’attuazione di misure di sostegno all’equilibrio vita/lavoro anche da parte dei singoli enti di ricerca e università. “Alcuni strumenti efficaci che si stanno pian piano diffondendo in questi contesti sono i piani di parità di genere (GEP) (programmi strutturati di misure e interventi finalizzati al raggiungimento dell’uguaglianza tra uomini e donne in un determinato ambiente lavorativo, ndr)”.
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La promozione di una cultura scientifica inclusiva e la lotta alle discriminazioni di genere nel mondo della ricerca saranno tra gli argomenti approfonditi nella tavola rotonda su donne e scienza che Avveduto modererà durante il Convegno nazionale di comunicazione della scienza organizzato dalla Sissa di Trieste. “Parleremo delle tematiche in questione con uno sguardo al futuro”, spiega la presidente. È importante infatti monitorare la presenza delle donne negli ambiti di ricerca più innovativi della nostra epoca, che promettono di giocare un ruolo chiave nel progresso scientifico e tecnologico del futuro, come ad esempio l’intelligenza artificiale, le biotecnologie o la corsa al computer quantistico. “In questi settori – continua Avveduto – la partecipazione delle donne non è molto diffusa né tanto meno paritetica rispetto a quella degli uomini.
Per anni si è parlato e scritto di inclusione. . Nulla di male, anzi, qualcosa di necessario: più donne nella forza lavoro, meno divario salariale di genere, più azioni contro il gender digital divide (le disuguaglianze di genere nell’accesso alle tecnologie digitali, ndr), più ragazze iscritte nelle facoltà STEM, maggior numero di ricercatrici nelle accademie e nella ricerca pubblica e privata, e così via. È adesso però molto importante passare dall’inclusione all’empowerment: non basta avere un congruo numero di donne tout cour, ma è necessaria una presenza femminile consistente nelle stanze che contano, ai tavoli che definiscono la politica della scienza e della ricerca e in tutte le posizioni di vertice che possono concretamente orientare il futuro dell’innovazione.
Per ottenere l’uguaglianza è importante, perciò, creare un quadro europeo per la diversità, l’inclusione e l’empowerment, colmando i divari di genere e tenendo in considerazione l’intersezionalità tra genere e altre categorie sociali spesso motivo di discriminazione, quali etnia, presenza di disabilità e orientamento sessuale. Solo così si potrà raggiungere la cosiddetta gendered innovation, ovvero l’integrazione della dimensione di genere nella ricerca”.