SOCIETÀ

Quirinale, arbitro o giocatore? I costituzionalisti si dividono

“Il comportamento del presidente Mattarella appare del tutto conforme alla lettera della Costituzione e alla prassi. La sua interpretazione di quello che nelle condizioni date rappresenta il superiore interesse nazionale può certo prestarsi a critiche, come del resto avvenuto in un recente passato di fronte a scelte presidenziali determinate da circostanze non meno eccezionali di quelle attuali, ma non sul piano del rispetto della Costituzione”. Così in una nota 14 costituzionalisti della scuola fiorentina si schierano a favore dell'operato di Sergio Mattarella; nella lista dei firmatari ci sono Paolo Barile, Enzo Cheli, Paolo Caretti, Ugo De Siervo, Stefano Merlini, Roberto Zaccaria, Stefano Grassi, Cristina Grisolia, Elisabetta Catelani, Massimo Carli, Orlando Roselli, Giovanni Tarli Barbieri, Andrea Simoncini, Andrea Cardone e Duccio Traina.

Il presupposto della dichiarazione è che sia “profondamente sbagliata l'idea che il presidente della Repubblica sia un organo ‘neutro’, un semplice notaio”. “L'organo presidenziale è titolare di poteri propri – continua il manifesto – che insieme gli assegnano una funzione d'indirizzo politico costituzionale (come sosteneva Paolo Barile), volto a garantire il corretto funzionamento del sistema e la tutela dei degli interessi generali della comunità nazionale”.

Il presidente non può ingerirsi nell’indirizzo politico, è solo organo di garanzia costituzionale: questo è quello che è sempre stato sostenuto dalla maggioranza dei costituzionalisti Lorenza Carlassarre

Una posizione molto diversa da quella di Lorenza Carlassare, docente emerita di diritto costituzionale all’università degli Studi di Padova: “Il presidente non può ingerirsi nell’indirizzo politico, è solo organo di garanzia costituzionale: questo è quello che è sempre stato sostenuto dalla maggioranza dei costituzionalisti”. E continua: “Il presidente della Repubblica può scegliere a chi dare l’incarico di formare il governo: è quello il suo momento. I ministri però devono essere nominati su proposta del presidente del Consiglio, un eventuale rifiuto può collegarsi solo a una ragione oggettiva, ma non per ragioni politiche. E in questo caso siamo andati molto oltre”.

Una posizione più sfumata quella di Andrea Ambrosi, docente e ricercatore di diritto costituzionale sempre all’università di Padova, che nell’immediato preferisce non pronunciarsi sul caso concreto e rimanda alla voce, da lui stesso curata, scritta per il Commentario breve alla costituzione, fondato da Vezio Crisafulli e Livio Paladin e diretto da Sergio Bartole e Roberto Bin (Cedam 2008). Qui alle pagine 836-837 vengono, tra le altre, riportate le posizioni di Costantino Mortati, secondo il quale il potere di nomina dei ministri da parte del presidente della Repubblica è limitato “dalla proposta ‘vincolante’ del presidente del Consiglio, al quale spetta la designazione”, e di Paladin, storico maestro della scuola padovana di diritto costituzionale, secondo il quale “per quanto riguarda il ruolo del Capo dello Stato (…) egli non potrebbe rifiutare alcuna nomina, salvo il caso estremo di palese mancanza dei requisiti giuridici richiesti per l'ufficio”. L’articolo  aggiunge che “la partecipazione del Capo dello Stato alla formazione della lista dei ministri è stata esclusa per varie ragioni: il carattere non bicefalo dell'esecutivo; l'estraneità del presidente della Repubblica alla sfera dell'indirizzo politico; l'impossibilità di considerare il Capo dello Stato come interprete privilegiato, contrapposto ai partiti, della volontà del corpo elettorale; la necessità istituzionale che il Governo sia espressione di un accordo tra i partiti della coalizione”.

Allo stesso modo lo scritto sottolinea un’influenza crescente del Capo dello Stato negli ultimi anni, dalla formazione sempre più frequente di governi ‘tecnici’ o ‘presidenziali’, fino all’opera di moral suasion sempre più frequente da parte del presidente della Repubblica, fino ad arrivare a chi (come il costituzionalista Antonio D’Andrea) “considera invece fisiologica questa prassi più recente, facendo rientrare anche la nomina dei ministri tra i c.d. atti complessi, che si perfezionano in virtù della piena accettazione del loro contenuto tanto da parte del presidente della Repubblica quanto da parte del presidente del Consiglio”.

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