SOCIETÀ
Quando il diritto parla alle macchine: verso una normativa a prova di AI?

Immagine generata dall'AI
Alla Camera dei Deputati è stato presentato lo scorso il 26 febbraio il Manifesto per una normativa a prova di AI, un'iniziativa che propone l'introduzione di formati "machine-readable" nella redazione delle leggi italiane. Il progetto, promosso dall'azienda Aptus.AI, mira a sfruttare le potenzialità dell'intelligenza artificiale per migliorare l'analisi e l'interpretazione delle norme. L'adozione di standard XML come Akoma Ntoso – che rappresenta lo standard comune per fornire accesso aperto alla documentazione parlamentare e permettere ai parlamenti di scambiarsi informazioni – renderebbe i testi legislativi interpretabili dalle macchine, consentendo potenzialmente un'analisi più rapida delle proposte legislative, una maggiore accessibilità del sistema normativo e una valutazione più efficace dell'impatto delle leggi su diversi settori e territori. Rendere le norme machine-readable non solo migliora l’efficienza istituzionale, ma ha un profondo impatto sull’accessibilità per i cittadini. I promotori dell'iniziativa sostengono che un sistema normativo più chiaro e accessibile potrebbe rafforzare la fiducia nelle istituzioni e favorire una partecipazione più attiva dei cittadini. Inoltre, potrebbe offrire al tessuto imprenditoriale e al settore legale del Paese nuove opportunità di crescita e sviluppo.
L’impiego di tecnologie IA ha già trovato applicazione in ambiti specifici, come la legal informatics o informatica giuridica, ma incontra difficoltà nell’adattarsi alla natura intrinsecamente interpretativa del diritto, che non si limita a un insieme di norme rigide, ma si sviluppa attraverso principi, eccezioni e contestualizzazioni. L’idea di tradurre il diritto in un linguaggio comprensibile per gli algoritmi si inserisce nel più ampio filone della computable law, o diritto computazionale, quel ramo dell'informatica giuridica che si occupa dell'automazione del ragionamento giuridico. Ciò che distingue i sistemi di diritto computazionale da altre istanze di tecnologia giuridica è la loro autonomia, ovvero la capacità di rispondere a domande legali senza l'ulteriore contributo di esperti legali umani. Anche se immaginare che l’intelligenza artificiale possa sostituirsi all’attività legislativa appare irrealistico, l’emanazione delle leggi in formato machine-readable può portare a un cambio di passo nel rendere più efficace l’iter di legiferazione, oltre al fatto che l’ausilio della tecnologia IA è una forma di ulteriore tutela del cittadino. La creazione delle norme richiede competenze interpretative, una valutazione degli effetti giuridici e sociali e una sensibilità che un algoritmo non può replicare, per questo diversi Paesi stanno esplorando soluzioni per rendere la normativa più accessibile ed efficiente.
In Francia, il progetto Légifrance ha implementato strumenti avanzati di ricerca legislativa, mentre l’Estonia, nell’ambito del proprio sistema di e-government, ha sperimentato l’uso dell’intelligenza artificiale per automatizzare alcuni procedimenti amministrativi e giuridici. Parallelamente, si è aperto un dibattito sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito giudiziario in Germania dove si è iniziato a discutere della possibilità di impiegare tali strumenti per ridurre gli errori giudiziari e condurre verifiche ex post su casi controversi, sebbene la discussione sia ancora in fase preliminare. Negli Stati Uniti sono già stati sperimentati sistemi basati sull’intelligenza artificiale a supporto dei giudici nella determinazione delle pene, ma tali strumenti si sono rivelati affetti da distorsioni sistemiche (bias), poiché i dati su cui si basavano riflettevano pregiudizi legati a discriminazioni razziali, di genere e di condizione socioeconomica. Il principale limite degli algoritmi giuridici risiede infatti nella loro natura riflessiva: essi riproducono le dinamiche del passato senza poter introdurre elementi di cambiamento, mentre la giurisprudenza è, per definizione, un sistema evolutivo che si adatta alle trasformazioni sociali.
L’Unione Europea ha già affrontato la questione attraverso il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), che impone restrizioni all’uso di decisioni automatizzate che abbiano un impatto significativo sulle persone. Inoltre, il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale, attualmente in fase di definizione, prevede limiti stringenti all’utilizzo di tali strumenti in ambiti sensibili, come la giustizia e la sicurezza pubblica, imponendo obblighi di trasparenza e supervisione umana. In questa prospettiva, occorre considerare anche le differenze tra i sistemi di common law e civil law: nei Paesi anglosassoni, dove il diritto si basa in larga parte sulla giurisprudenza e sui precedenti (case law), l’IA potrebbe svolgere un ruolo significativo nel supportare l’analisi predittiva delle decisioni. Nei sistemi di civil law, come quello italiano, caratterizzati da una normativa codificata, l’impatto dell’intelligenza artificiale sarebbe più rilevante in ambito normativo e amministrativo piuttosto che giudiziario.
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Un settore in cui l'intelligenza artificiale potrebbe invece fornire un contributo significativo è la giustizia tributaria. Attualmente è in fase di sviluppo un database che classifica tutte le sentenze tributarie, offrendo sia all'Agenzia delle Entrate sia ai contribuenti un quadro più chiaro sulle probabilità di esito di una controversia. Ciò potrebbe contribuire a ridurre il contenzioso, considerando che quasi il 50% delle cause pendenti in Cassazione riguarda proprio la materia tributaria. In questo ambito, l'IA potrebbe migliorare l'efficienza dell'amministrazione fiscale, facilitando l'analisi dei dati e l'individuazione di anomalie nelle dichiarazioni dei redditi e negli accertamenti fiscali. A tale riguardo, un recente approfondimento pubblicato sulla Rivista di Diritto Tributario ha analizzato il ruolo dell'intelligenza artificiale negli accertamenti e nelle controversie in materia catastale. In particolare, l'IA viene impiegata per supportare l'Amministrazione finanziaria nell'analisi automatizzata dei dati catastali, nella verifica della congruità delle rendite e nella gestione delle controversie tributarie relative al classamento degli immobili. Questo strumento, se correttamente implementato, potrebbe ridurre il margine di errore e accelerare la risoluzione delle dispute, migliorando la trasparenza e l'efficienza del sistema. Tuttavia, anche in questo caso rimangono aperte questioni legate alla necessità di garantire imparzialità e di prevenire eventuali distorsioni derivanti dall'utilizzo di dati storici non sempre aggiornati o privi di bias.
Un tema cruciale è quello della responsabilità delle decisioni automatizzate. Se un algoritmo dovesse generare un esito errato o discriminatorio, sorgerebbe la questione dell’attribuzione della responsabilità giuridica. Il problema si è già posto in ambito amministrativo e aziendale, dove l’opacità dei sistemi decisionali automatizzati ha sollevato interrogativi sull’accountability. Nel contesto giuridico, il rischio è ancora più significativo, poiché il principio di giustizia richiede che ogni decisione sia motivata e contestualizzata, mentre gli algoritmi, sebbene utili come strumenti di supporto, potrebbero favorire una standardizzazione eccessiva delle sentenze, riducendo la capacità di adattamento del diritto ai mutamenti sociali.
L’IA sta già dimostrando il proprio valore nel contrasto alle frodi e nei controlli di legalità, con strumenti di analisi automatizzata impiegati per individuare anomalie nei bilanci aziendali, verificare la conformità normativa e rilevare comportamenti sospetti in ambito fiscale e finanziario. L’integrazione dell’IA nei sistemi di compliance potrebbe contribuire a migliorare l’efficienza degli organi di vigilanza e a prevenire fenomeni di elusione ed evasione fiscale.
In conclusione, l’impiego dell’intelligenza artificiale nel sistema giuridico rappresenta dunque una prospettiva di grande interesse, con potenziali benefici in termini di efficienza, accessibilità e riduzione del contenzioso. Tuttavia, il suo impiego solleva questioni complesse, legate al rischio di bias, alla responsabilità delle decisioni automatizzate e alla necessità di preservare la capacità interpretativa del diritto. Qualsiasi innovazione in questo ambito dovrà essere accompagnata da adeguate garanzie normative ed etiche, affinché l’IA si configuri come uno strumento di supporto alla giustizia e non come un fattore di distorsione della tutela dei diritti. In merito al Manifesto resta da definire come e quando queste proposte potranno essere concretamente implementate nel processo legislativo italiano. Tuttavia, l'iniziativa segna un passo significativo verso la modernizzazione del sistema normativo nell'era digitale, aprendo nuove prospettive per l'interazione tra tecnologia e legislazione.