CULTURA

Roosevelt, Churchill e la Shoah: tra ambiguità e silenzi

In occasione della Giornata della memoria, il 28 gennaio alle ore 10 si tiene, in diretta dalla Sala dei Giganti, la Lectio magistralis di Antonio Varsori, professore dell'Università di Padova, su Roosevelt, Churchill e la Shoah: tra ambiguità e silenzi, con l'accompagnamento di brani musicali. L'intervento è preceduto dai saluti istituzionali del rettore dell'Università di Padova, Rosario Rizzuto.

L'incontro viene trasmesso in live streaming sul canale Youtube dell'Università di Padova.

Nel corso della Seconda guerra mondiale la Gran Bretagna e gli Stati Uniti individuarono come loro primo obiettivo nell’ambito di una “total war” la completa distruzione del nazi-fascismo con tutto quanto esso implicava. Ciò nonostante ben poco fu fatto per impedire uno dei maggiori crimini hitleriani, l’eliminazione fisica di circa sei milioni di ebrei nei territori sotto il controllo del Terzo Reich. Tale apparente contraddizione ha suscitato l’attenzione degli studiosi che vi hanno dedicato importanti lavori fondati su ampie ricerche archivistiche, alcuni apparsi anche di recente.

La lezione di Antonio Varsori, riprendendo anche i risultati di questi studi, intende rispondere ad alcuni quesiti fondamentali: cosa sapevano gli anglo-americani della “Shoah”? Perché si mostrarono impotenti nell’impedire il massacro di milioni di ebrei? Esistevano pregiudizi nei riguardi degli ebrei anche all’interno delle due democrazie occidentali che potrebbero in parte spiegare la loro passività nei confronti di questo dramma? Trovare risposte a queste domande risulta essenziale non solo per inserire la Shoah nel quadro internazionale, ma anche per comprendere eventi successivi alla fine del conflitto quali la nascita di Israele e l’atteggiamento di Londra e di Washington verso il nuovo Stato ebraico.

Nel corso dell'evento è prevista l'esecuzione di brani musicali di Luigi Puxeddu (violoncello) e Aldo Orvieto (pianoforte): Max Bruch, Kol Nidrei, op. 47 (1880); Gabriel Fauré, Élégie op. 24 (1880); Ernest Bloch, Prayer (From Jewish Life, nr. 1, 1924).

La voce del violoncello rincorre il nostro desiderio ancestrale di far musica: unico strumento che si può abbracciare, la cui tessitura copre quella di tutte le voci umane, dal basso al soprano (ed anche oltre); il suo fascino sonoro ci invita a immaginare una voce continuamente trasmutante tra il maschile e il femminile; il suo timbro metamorfico, ottenuto mediante la produzione delle medesime altezze su diverse corde, ci affascina. Il violoncello sembra avere una “voce umana” che riesce a sublimare ogni nostro desiderio di canto. Kol Nidrei, del 1880 (in aramaico significa “tutte le promesse”), è il primo canto che viene intonato dal rabbino per lo Yom Kippur, il giorno ebraico della penitenza. Max Bruch assegna al violoncello la voce dell’officiante che intona il canto nella sinagoga, affiancando a questa melodia un secondo motivo (risalente anch’esso al VII-VIII secolo) e sviluppandoli in forma di rapsodiche variazioni. L’Elegie, forse il brano più noto di Gabriel Fauré, anch’esso del 1880, è un toccante lamento funebre dal grande potere di fascinazione, ove la manifestazione drammatica del dolore trova una severa sublimazione nella maestria formale del grande musicista francese. La preghiera di Ernst Bloch (Prayer, From Jewish Life), del 1924, impiega un’armonia dal gusto ashkenazita tipica dei canti dell’Europa orientale per creare un'atmosfera profondamente mistica, concludendosi con un toccante assolo di violoncello.

Locandina

  • QUANDO 28 GENNAIO - ORE 10:00
  • Evento online
    canale Youtube dell'Università di Padova

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