Parliamo di nuovo di migrazioni. Ma non nell’accezione di cui mi occupo solitamente. Non parliamo di popoli che si spostano da una regione all’altra, ma di quella di ricercatrici e ricercatori. I dati ci dicono che nel lasso di tempo tra il 2010 e il 2020 abbandoneranno l’Italia, o hanno già abbandonato, 30mila giovani ricercatori che noi abbiamo formato. Pensate a cosa potrebbero fare per la ricchezza economica e scientifica 30mila menti brillanti che ci facciamo scappare senza che ci sia un flusso equivalente in ingresso. Ancora: l’ultimo rapporto della Commissione Ue spiega che gli investimenti in ricerca e sviluppo in Italia sono diminuiti del 20% negli ultimi dieci anni. E anche il rapporto tra vincitori di finanziamenti ERC e Paesi in cui si presterà la sperimentazione dice che quasi il 45% dei progetti vinti da italiani sarà finanziato all’estero e non nel nostro Paese. E la rivista Nature dice che chi resta in Italia lavora benissimo, anche a fronte di grossi problemi di finanziamento. Tempi burocratici lunghissimi, pochi finanziamenti e incertezza: stiamo dilapidando un patrimonio scientifico e culturale importantissimo.