CULTURA

50 anni da Woodstock, l'evento che ha fatto la storia della musica (e non solo)

Un evento epocale che ha cambiato la storia della musica si tenne a Bethel, nello stato di New York, dal 15 al 18 agosto di cinquant'anni fa. Era il 1969, in Gran Bretagna c'erano i Beatles e i Rolling Stones, negli Stati Uniti Jim Morrison, Jimi Hendrix e i Pink Floyd. Erano gli anni in cui vivevano coloro che sarebbero passati alla storia come “i figli dei fiori”, i giovani ribelli che si lasciavano crescere i capelli lunghi e scappavano di casa in cerca di loro stessi, occupavano le scuole e protestavano per strada contro la guerra in Vietnam, costruttori di una identità reattiva nei confronti di una classe dirigente non credevano più.

La controcultura hippie era destinata a non essere solo una moda. Negli anni dei blue jeans, di Nixon, di John Lennon che sposava Yoko Ono, c'era un'intera generazione di giovani che chiedeva la pace, l'amore, la libertà. Nel 1967 era uscito Hair, il musical drammatico e provocatorio che sarebbe diventato un film dieci anni dopo, che denunciava la tragedia di una guerra che spezzava milioni di giovani vite.

Questa era la situazione politica e culturale in America quando il concerto di Woodstock fu organizzato da quattro ragazzi poco più che ventenni: Mike Lang, Artie Kornfeld, Joel Rosenman e John Roberts (grazie al capitale ereditato da quest'ultimo). Lo storico evento si tenne nella proprietà di un privato, Max Yasgur. 600 acri di prato, nessun recinto, un pubblico mai visto prima, che sarebbe presto diventato il motivo per cui il piccolo comune di Bethel viene tutt'ora ricordato.

Nonostante gli organizzatori si aspettassero un'affluenza di 50mila e poi di 200mila persone, le stime ufficiali furono di 500-600mila, anche se il numero esatto dei partecipanti non si conobbe mai: alcune testimonianze parlarono addirittura di un milione di persone. Ben presto l'evento venne trasformato in un raduno tribale ed energico aperto a tutti, per cui i biglietti non vennero mai staccati e l'area non fu transennata. Per far fronte al disagio pubblico furono chiusi il confine con il Canada e i tratti principali di autostrada che passavano di là. Le strade erano bloccate anche per i musicisti, che furono costretti ad essere trasportati sul palco in elicottero.

Sconvolgono ancora le foto dell'epoca, grazie alla quale si può vedere l'enorme distesa di gente accampata lì per tre giorni. Nessuno lo immaginava così grande, né gli organizzatori, né gli artisti né i partecipanti. Ma la cosa che stupisce ancora di più è che nonostante l'allestimento dell'evento fosse sfuggito di mano, e che non fossero cioè state predisposte misure di sicurezza o di controllo, non ci furono testimonianze di atti criminali o di violenza. Per quanto immenso, sembra che quello di Woodstock sia stato davvero un raduno pacifico, in cui i partecipanti ebbero modo di trasformare in realtà i loro ideali di fratellanza e convivenza.

Ad aprire il concerto fu Richie Havens, la cui performance di Freedom passò alla storia come uno degli inni di quella generazione.

Richie Havens, Freedom. Woodstock 1969

Per quanto riguarda gli altri artisti, tra i momenti più memorabili ci furono la ballad di Joe Cocker, With a little help from my friends, il rock psichedelico dei Greatful Dead e le esibizioni di altri artisti che sarebbero diventati leggende nella storia del rock, come Santana e gli Who, gli artisti più attesi dell'evento, che salirono sul palco alle 4 di notte.

Tra i grandi nomi presenti a Woodstock c'è anche quello di Jimi Hendrix, la cui performance, che durò due ore e chiuse il festival, era destinata a non essere dimenticata molto facilmente. Hendrix salì sul palco il 18 agosto, quando molti dei partecipanti erano già andati via (era previsto, infatti, che il festival si concludesse il 17). L'artista si esibì in Star-Spangled Banner, una versione scomposta e stravolta dell'inno americano, completandola di suoni distorti che ricordavano le esplosioni della guerra. Era un chiaro riferimento provocatorio alla situazione attuale del paese, che celava un messaggio pacifista.

Jimi Hendrix, the star spangled banner american anthem, Woodstock 1969

La musica che si faceva a Woodstock era espressione di nuove idee e nuove forme di coscienza in un'epoca di riflessione politica, di ribellione ai valori della “vecchia generazione” e del governo di Nixon, pronto a sacrificare in Vietnam milioni di diciannovenni. Woodstock fu il momento più iconico di tutto ciò. Fece la storia in un momento in cui la storia stava già cambiando, grazie a frotte di giovani indignati e stanchi della guerra e delle ingiustizie. In un mondo che era diventato insicuro e incerto, gli hippie agognavano la felicità che non veniva assicurata loro dall'esterno, cercando un nuovo modo di vivere, sognando la pace, l'amore, la libertà. Woodstock non tradì le loro aspettative, diventando il simbolo di una cultura che dimostrò di essere non solo quella di una minoranza, ma di quasi una generazione intera.

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