SOCIETÀ

Agenda 2030: La povertà estrema

L’Assemblea della Nazioni Unite ha approvato nel 2015 la Risoluzione 70/1 che contiene i Sustainable Development Goals (SDGs), un insieme di 17 obiettivi – l’Agenda 2030 - da realizzare appunto entro il 2030.

Il Bo Live ha deciso di monitorare – obiettivo per obiettivo – l’Agenda 2030.

Iniziamo al primo dei Sustainable Development Goals, quello denominato “No poverty”, che si propone di azzerare il numero dei poveri estremi entro il 2030.

Le persone in condizioni di estrema povertà nel mondo sono – al momento esatto in cui iniziamo a scrivere: 25 ottobre 2019 alle ore 9.30 – in un numero stimato di 591.656.452. Si tratta di un insieme dinamico. Alcuni escono dalle condizioni di povertà estrema, altri vi entrano. Per fortuna, quelli che escono sono stimati, sempre al momento in cui scriviamo, in 26.983 al giorno. Al contrario, quelli che entrano, sempre in un giorno, sono 8.603. Il saldo netto, di oggi rispetto a ieri, è positivo: 18.380 in meno nelle condizioni di estrema povertà.

Troppo poche.

Troppo poche in assoluto: perché tutti vorremmo che non ci fossero persone in condizioni di povertà estrema.

Ma troppo poche anche rispetto al primo dei Development Goals delle Nazioni Unite, che è quello di azzerare il numero di persone in povertà estrema entro il 2030.

In questo momento i quasi 592 milioni di persone in queste condizioni rappresentano l’8% della popolazione mondiale. Ma con questo tasso di riduzione, nel 2030 le persone in queste drammatiche condizioni saranno – secondo le proiezioni del World poverty clock –, ancora 479 milioni, pari al 6% circa della popolazione del pianeta da qui a undici anni. Di conseguenza questo primo obiettivo (goal in inglese) non verrà raggiunto. A meno che, è ovvio, non ci sia una svolta nella lotta alla povertà. Una svolta che non sarebbe troppo onerosa. Basterebbero 175 miliardi di dollari – molto meno di un decimo della spesa mondiale in armamenti – per raggiungere il primo dei Development Goals.

In realtà, il tema della povertà non si riduce a quella che viene definita povertà estrema, ovvero alle persone che vivono con meno di 1,90 dollari al giorno. Perché non è che con 1,91 dollari disponibili ogni giorno si esca da condizioni di reddito davvero minime. Questa definizione, fatta propria dalla Banca Mondiale e da altre istituzioni, è un punto di riferimento per le Nazioni Unite. Fino al 2011 la soglia sotto la quale si era considerati in povertà estrema era di 1,25 dollari al giorno. La soglia, dunque, è stata leggermente alzata. Nonostante questo il numero di poveri estremi è diminuito: da oltre un miliardo a poco meno di 600 milioni. Non è poco, ma lo ripetiamo: non è ancora abbastanza.

In realtà, chi predispone queste statistiche ha previsto altre soglie di povertà: sotto i 3,20 dollari/giorno; sotto i 5,50; sotto i 10 dollari. Ebbene, secondo il gli esperti di Our World Data nell’anno 2015 il 9,95% della popolazione mondiale viveva con meno di 1,90 dollari al giorno (oggi la percentuale è scesa all’8%); il 26,23% sotto la soglia dei 3,20 dollari/giorno; il 46,01% della popolazione mondiale con meno di 5,50 dollari/giorno; il 64,74% con meno di 10 dollari al giorno.

Solo il 35,26% della popolazione mondiale può contare, dunque, su almeno 10 dollari al giorno. Ma questa cifra è davvero piccola: significa un reddito mensile di 300 euro e un reddito annuo inferiore a 4.000 dollari.

L’analisi dei dati, dunque ci dice che circa oggi 6 miliardi di persone all’incirca vivono in condizioni di disagio e quasi 5 miliardi in condizioni di povertà (con meno di 10 dollari al giorno).

Non c’è dubbio che miglioramenti ci sono stati.

Nel 1981, per esempio, sotto la soglia degli 1,90 dollari/giorno viveva oltre il 42% della popolazione mondiale e sopra i 10 dollari al mese solo il 25%. Centinaia di milioni di persone, in questi anni, sono usciti dalla condizione di povertà e sono entrati tra i ceti medi. La Cina ha subito una transizione spettacolare da questo punto di vista. Ma non solo la Cina, anche in altri paesi del sud-est asiatico si è verificata una simile transizione. E anche in America latina si è avuto un fenomeno analogo.

Oggi la grandissima povertà si concentra in Africa. Nell’Africa sub-sahariana, in particolare. Ed è lì che i poveri – i poveri estremi – continuano a crescere in numero assoluto.

Eppure, come abbiamo detto, basterebbe poco per migliorare la condizione dei poveri. I 175 miliardi necessari a raggiungere il primo dei Development Goals equivale a meno dello 0,2% della ricchezza mondiale.

Naturalmente non basta che qualcuno metta a disposizione questa cifra. Occorre cambiare le condizioni economiche strutturali delle aree più depresse, in particolare nell’Africa sub-sahariana. Un mutamento che richiede nuova cultura (locale e globale), e la soluzione di conflitti tra interessi contrapposti. Conflitti molto complessi, di cui i poveri del pianeta sono le vittime.

Ma per fare questo condizione necessaria ma non ancora sufficiente è raggiungere gli altri 16 Development Goals.

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