SOCIETÀ

"Aiuto al suicidio non punibile": la decisione della Consulta sul caso Dj Fabo

La decisione presa dalla Corte Costituzionale sul fine vita può essere considerata storica: l'aiuto al suicidio, autonomamente espresso, a determinate condizioni non è punibile.

Così recita il comunicato stampa rilasciato il 25 settembre dal Palazzo della Consulta: “La Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli

La Consulta era stata chiamata a pronunciarsi dalla Corte d'Assise di Milano che, nell'ambito del processo che vedeva imputato Marco Cappato, aveva sollevato la questione della costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale. Risalente al 1930, l'articolo non distingue tra istigazione e aiuto al suicidio e prevede una pena che va dai 5 ai 12 anni. Tanto rischiava Marco Cappato quando ha deciso di auto-denunciarsi per aver accompagnato in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, Dj Fabo, quarantenne milanese vittima di un incidente d'auto che nel giugno del 2014 lo aveva lasciato cieco e tetraplegico.

Per anni Dj Fabo, con il sostegno dell'Associazione Luca Coscioni (di cui Cappato è tesoriere), ha lanciato appelli per una legge sull'eutanasia legale in Italia. “Molti malati gravi sono costretti ad emigrare per ottenere l'eutanasia” aveva ricordato Cappato quando nel febbraio del 2017 aveva accompagnato Fabiano Antoniani nel suo ultimo viaggio “e ciò è discriminatorio anche per i costi che ciò richiede, fino a 10.000 euro".

In Italia avrebbe potuto chiedere la sospensione dell’alimentazione con il sondino, come aveva fatto Eluana Englaro, e di essere sedato, ma ciò avrebbe comportato sofferenze che né lui né i suoi cari erano disposti a sopportare. In quella clinica in Svizzera Fabiano ha "morso un pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante, essendo cieco, di non riuscirci. Poi però ha anche scherzato" ha raccontato in quell'occasione Cappato.

La Corte non si è espressa sulla legalità dell'eutanasia, ma solo su una specifica tipologia di aiuto e assistenza alla morte volontaria. E ha aggiunto che la decisione “si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018”. In casi estremi, dunque, i valori della dignità della persona e la sua autodeterminazione possono prevalere sulla tutela della vita.

“Oggi gli italiani sono un po' più liberi” fa sapere Filomena Gallo, avvocato difensore di Cappato e segretaria dell'Associazione Luca Coscioni. “Io ho aiutato Fabiano perché lo consideravo un mio dovere morale” ha dichiarato Cappato “e oggi grazie alla Corte Costituzionale sappiamo che era un suo diritto e che sarà un diritto per tutte le persone che si troveranno in quelle condizioni” E aggiunge: “È una vittoria della disobbedienza civile mentre i partiti giravano la testa dall'altra parte. Da oggi siamo tutti un po' più liberi, anche quelli che non sono d'accordo, perché non si obbliga nessuno a fare nulla, è una possibilità in più per chi lo vuole e chi lo sceglie”. Ma la questione non si conclude qui: “Adesso sarà importante una legge, noi ne chiediamo una per l'eutanasia legale, contro l'eutanasia clandestina, ma intanto un passo molto importante è stato fatto”.

Nell'ottobre del 2018 la Corte Costituzionale aveva dato al Parlamento 11 mesi di tempo per legiferare su una questione che necessitava maggiore chiarezza, visti i delicati equilibri di valori in gioco. L'assordante silenzio dei parlamentari ha portato allora al pronunciamento della Corte: non è stata imboccata la strada dell'incostituzionalità della norma che punisce l'aiuto al suicidio (che era l'opzione auspicata da Cappato); si è scelto invece di tenerla in vigore e interpretarla nei termini della legge 219 del 2017 sul consenso informato e sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat). “La Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente” si legge nella decisione della Corte.

Soddisfatta dell'esito della vicenda anche Valeria Imbrogno, compagna di Dj Fabo: “Accolgo questo atteso pronunciamento con soddisfazione. Dà ragione ad una battaglia di libertà che io e Fabiano abbiamo iniziato anni fa insieme”.

Ma resta il vuoto legislativo da colmare, fa sapere Beppino Englaro, padre di Eluana: “adesso il parlamento legiferi secondo le indicazioni della Corte Costituzionale”. Pensiero su cui si allinea Mina Welby, moglie di Piergiorgio, anche lei imputata a fianco di Cappato per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani e Davide Trentini, 53 anni, malato di Sla, deceduto in una clinica di Basilea ad aprile 2017: “finalmente potremo avere in Italia la possibilità di arrivare a una legge per la libertà di decidere fino alla fine. È la conclusione vittoriosa della battaglia che mio marito Piergiorgio, fino a Dj Fabo, hanno avviato”.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012