CULTURA

Ammaniti è tornato, romantico

Quella in copertina (una splendida copertina firmata Riccardo Falcinelli su un disegno di Arsenio Jr Nido aka Artsenic Jr.) è lei, è Maria Cristina Palma, coniugata Mascagni, la moglie del capo del governo italiano di un’Italia di un tempo che non è dato capire quale sia (oggi? no, piuttosto ieri) e che forse non è nemmeno importante identificare. Quello che conta, qui, è entrare nelle spire della mente della donna più bella del mondo – a Maria Cristina è successo di essere definita così, e quindi, oltre al peso di essere sotto i riflettori per la sua posizione sociale, tocca in sorte anche questa seconda croce – e rendere atto ad Ammaniti che, in questa nuova fatica (La vita intima, Einaudi 2023), ci ha provato.

E ci è riuscito: a dispiegare l’universo femminile, ma non di una femmina qualunque, bensì di un esemplare raro, cui sono state attaccate tutte le etichette e i cliché possibili, ma che nonostante tutto, invece, è una donna intelligente. Eppure angosciata. Come tutte, come tutti. Potrebbe davvero essere quel volto con gli occhi chiusi e la bocca aperta che emerge dal groviglio di segni che innervano la copertina del romanzo (e che riportiamo qui in alto, sotto il titolo). Solo che è una donna di Ammaniti. L’umanità in lei scroscia secondo i canoni del modo di narrare dell’ex scrittore cannibale.

Cosa vuol dire?

Significa che, anche se sono passati otto anni dall’ultimo romanzo (Anna, ambientato in un futuro distopico, da cui poi è stata tratta la serie), Ammaniti riprende da dov’era arrivato, senza lasciarsi indietro nulla e anzi affinando sempre di più l’arte. Riprende da quella ricerca che lo ha portato dalle situazioni estreme e stridenti di Fango, la raccolta di racconti del 1994 (avete visto il film di Risi con Bellucci e Haber, tratto dal racconto di apertura L’ultimo capodanno dell’umanità?) passando per il suo capolavoro (lo hanno letto davvero tutti) – che è Ti prendo e ti porto via del quale non è possibile dimenticare il playboy Graziano Biglia innamorato della professoressa sfigata Flora, fino alla dolcezza disincantata di Io e te del 2010 da cui Bertolucci ha tratto un film altrettanto struggente e che racconta in modo magistrale l’incedere dell’età adulta in due adolescenti.

Ma Ammaniti non tradisce mai il suo marchio di fabbrica, quello che gli ha fatto vincere lo Strega nel 2007 con Come Dio comanda, la storia di un padre e un figlio che tutto hanno tranne che una vita normale e si trovano nelle situazioni più inverosimili, affiancati da personaggi al limite del surreale.

E allora Maria Cristina Palma è anche Maria Tristina, perché la malinconia di una vita dorata e vuota l’affligge e soprattutto pesa su di lei un passato di lutti, e pure Maria Pompina, come l’aveva chiamata il suo innamorato, Nicola Sarti, durante un viaggio in barca a vela, poco prima che il fratello di lei morisse sott’acqua.

E allora in un libro di Ammaniti non può mancare la provocazione sociale (anche se il mondo in cui l’autore cala la storia non ricorda il nostro, quello che ha visto il Covid e tutto il resto, ma quello di prima, in cui ancora c’era vita: c’erano le feste, si andava all’Opera, la televisione aveva un discreto peso e non troneggiava la rete come sostituto universale), non possono mancare i pesci fuor d’acqua (un camionista che ascolta Nabokov in audiolibro, un povero tuttofare sovrappeso innamorato da sempre di Maria Cristina, il consulente d’immagine del primo ministro che gira su un camper di lusso con il casco in testa per non farsi riconoscere e che si fa chiamare il Bruco), non può mancare l’episodio scabroso (la protagonista ha scoperto il sesso da ragazzina tra le mani di un famoso medico amico del padre)… ma tutto questo, in La vita intima, è stranamente edulcorato.

Verrebbe di pensare che “non funziona più” – tranne quel magico narrare che fa di Ammaniti uno dei più trasversali scrittori italiani, perché sa agganciare alla pagina chiunque – e invece, a mano a mano che si divorano le pagine, bisogna ricredersi.

Perché Maria Cristina, bellissima, intoccabile, angosciata dall’essere la moglie del premier, infelice, vestita da stilisti giapponesi, accudita da un’assistente giovane e stronza (lei ha ormai “già” 42 anni), con la silhouette dei piedi sfigurata perché sull’alluce il personal trainer le ha fatto cadere un peso di ghisa, è, davvero, ciascuno di noi.

Ricompare nella sua vita Nicola Sarti, che la tratta come una persona normale (la chiama la Secca, come quando stavano insieme) e ha l’ardire di girarle un filmato di loro due che fanno l’amore registrato vent’anni prima in barca a vela, così Maria Cristina Palma si convince che la voglia ricattare, e non certo farle la corte. La donna vive di fantasmi, è sola in mezzo a tantissimi, apparentemente viziata, vuole difendere il marito (che forse, però, ha l’amante) e la figlia di dieci anni, Irene, che non ha colpe, ma soprattutto Maria Cristina ha voglia di vivere, di innamorarsi, o chissà. E magari di decidere una buona volta da sola cosa fare. Nella fattispecie di lasciarsi intervistare in tv dalla maga delle giornaliste, nonostante questo possa essere un rischio. Infatti prima della data fatidica succede di tutto.

Ammaniti in La vita intima non delude. Scrive un romanzo che ti trascina dentro un vortice, e lo sa. Sa di essere bravo, ma se lo dimentica, e infatti non si compiace mai, nemmeno quando (per due volte) si rivolge direttamente al lettore.

Lo strillo in quarta di copertina dice: “Ammaniti è ritornato più cattivo, divertente e romantico che mai”. Hanno ragione, soprattutto sul romantico, perché quando uno scrittore cannibale sa farsi romantico non ce n’è davvero per nessuno.

Io, mio caro lettore, se sei ancora qui con me, mi terrò da parte senza commentare, senza filosofeggiare, lascerò che a parlare siano le immagini, come in un film Niccolò Ammaniti

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