CULTURA

Autofiction vol.5: Joseph Conrad e l’attualità di un classico

Joseph Conrad è il celeberrimo autore di La linea d’ombra e di Cuore di tenebra, romanzi brevi a cui tutti pensiamo immediatamente quando pensiamo a Conrad. Pochi sanno però, per esempio, che Apocalipse Now, il film di Francis Ford Coppola, è liberamente tratto da Cuore di tenebra e pochi associano il nome di Conrad anche al resto della sua ragguardevole produzione, non tutta – diversamente da come si crede – ambientata in mare.

Questo è il caso di Amy Foster che Einaudi pubblica da pochissimo con la traduzione di una delle più grandi, Susanna Basso (lei è la “voce italiana” di Ian McEwan, Julian Barnes, Alice Murno, Kazuo Ishiguro solo per citare i famosissimi) e che porta alla ribalta un tema – quello dello straniero – così attuale da far comprendere come la letteratura attraversi i secoli perché contiene in sé un barlume d’immortalità. Inoltre Amy Foster ha qualcosa da dirci in merito alla discussione – si pensa erroneamente tutta contemporanea, e alle volte persino con un accento deteriore – sull’autofiction. In che modo?

Consideriamo intanto la biografia di Conrad. Scrive l’autore libico Hisham Matar nella prefazione all’edizione Einaudi: “Se davvero esiste un rapporto dinamico fra la nostra natura e la nostra autobiografia, se siamo scritti dalle vicende della nostra vita ma anche autori di tali vicende, allora la strana vita e gli strani tempi di Joseph Conrad nulla fecero per proteggerlo dalla sua tendenza a privilegiare il punto di vista soggettivo fino a rinunciare a ogni tipo di prospettiva condivisa”.

Joseph Conrad è un autore inglese nella misura in cui ha scelto di esserlo. Nasce infatti nel 1857 nell’attuale Ucraina, da una famiglia polacca, con il nome di Józef Teodor Konrad Korzeniowski e rimane a breve orfano di madre e subito dopo, a undici anni, di padre.

Studia con un precettore privato pagatogli dallo zio e mostra ben presto un’indomita passione per il mare che questi però soffoca, ma quando corre il rischio di essere arruolato nell’esercito zarista, lo zio si arrende e decide di mandarlo a Marsiglia con una lettera di raccomandazioni per farlo imbarcare per la Martinica. La vita di Conrad fu piuttosto piena: solcò diversi mari e molte delle sue (dis)avventure furono lo spunto per i suoi romanzi e racconti, da Nostromo a Lord Jim, da La freccia d’oro a Cuore di tenebra fino a quando, a trentasei anni, non decise di fermarsi e scelse l’Inghilterra come luogo dove vivere e l’inglese come lingua per scrivere. Aveva infatti fatto studi nautici e navigato a lungo per la marina britannica: proprio su quelle navi era entrato in contatto con i grandi della letteratura inglese e non va dimenticato che il padre era un traduttore dall’inglese (oltre che dal francese), in particolare di Dickens e Shakespeare.

Amy Foster Conrad lo scrive nel 1901 in tre puntate per il giornale The Illustrated London News ed è abbastanza evidente che in quel racconto mette tutta la sua esperienza di immigrato in Gran Bretagna. Il racconto è infatti la storia di Yanko Goorall, un bel ragazzo dai capelli corvini che compare all’improvviso nella vita dei compaesani del medico condotto di cui il narratore è amico, e che finisce con lo sposare Amy Foster, una brava e semplice domestica del paese, tanto ingenua da non vedere in lui il nemico che invece tutti gli altri tengono a distanza.

“Yanko […] stava per piccolo John, ci aveva spiegato, ma poiché ripeteva anche spesso che era un montanaro (parola che nel suo dialetto suonava un po’ come Goorall) fu questo che gli affibbiarono per cognome. È la sola traccia di lui che i posteri potranno trovare sul registro matrimoniale della parrocchia. Eccolo – Yanko Goorall –, scritto di pugno dal parroco. La croce storta abbozzata dal naufrago – tracciare quella croce dovette senz’altro sembrargli la parte più solenne dell’intera cerimonia – è tutto ciò che resta oggi a tramandare il ricordo del suo nome”.

Il protagonista di Amy Foster ricorda per alcuni aspetti Heathcliff di Cime tempestose, dal fascino maledetto e incompreso e che trasmette a chi legge un senso di inquietudine, senza che ci sia un’oggettiva ragione, e di cui la protagonista s’innamora.

In Amy Foster Conrad riesce a dar conto, attraverso di lui, di come il dileggio, il sospetto, l’alterità nella lingua (lo straniero a volte parla la sua, anche se conosce l’inglese, e in un momento cruciale con la moglie non riesce, per ragioni contingenti, ad esprimersi se non nell’idioma natale) possano spingere una parte atavica di noi tutti alla diffidenza estrema e ingiusta.

Yanko Goorall è il sopravvissuto (l’unico!) a un grosso naufragio che porta a riva corpi umani senza vita per giorni, ma questo non basta per fare di lui un dio, anzi: è l’angelo caduto.

La descrizione della traversata, delle condizioni inumane della stiva, della paura del viaggio non possono non portarci alla mente le migrazioni di oggi e le chiacchiere di paese il meccanismo di ogni luogo e di ogni tempo attraverso cui nasce la discriminazione.

Tutto questo Conrad (Józef Teodor Konrad Korzeniowski) non può non averlo vissuto. Tutto questo non può non farci pensare che la letteratura non ha tempo, muove dalla vita  e alla vita ritorna, e che l’animo umano ha da sempre le stesse – umane, troppo umane – falle.

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