SOCIETÀ

Un bilancio ambiguo per Trump, un futuro incerto per Biden

Gli Stati Uniti si preparano a salutare il loro 45esimo presidente, Donald Trump, che il 3 novembre è stato sconfitto da Joe Biden alle urne. Trump, con la sua campagna Make America Great Again!, è stato eletto nel 2016 e nei suoi quattro anni di mandato non è stato di certo con le mani in tasca. Sicuramente gli Stati Uniti e il mondo tutto, sono cambiati. Qualcosa lo ha fatto in modo totale e perentorio, altro solo in superficie, e altro ancora non è cambiato per nulla. Ripercorriamo insieme al professor Fabrizio Tonello, docente di Scienza politica dell’ateneo padovano, i quattro anni di presidenza prendendo in esame la politica estera, la politica interna e gli influssi sugli altri movimenti populisti in Europa e nel resto del globo.

Servizio di Elisa Speronello

Per quanto riguarda gli esteri, la politica di Trump può essere definita ambigua: dal ritiro dei contingenti dispiegati fuori dai confini nazionali, all’accordo stracciato con l’Iran per il nucleare, dall’amicizia con Putin e Kim Jong Hu, alla posizione dura nei confronti della Cina e la conseguente guerra commerciale; non è chiara la posizione di Biden, non si sa se verranno ripristinati gli accordi con l’Unione europea e con la Cina, e non è certo se gli Usa vorranno tornare in Medioriente (Turchia, Libia e Siria). Probabilmente la prima azione politica di Biden sarà quella di rientrare nell’accordo di Parigi sul clima. A questo proposito, e passando sul fronte interno, si può dire che è cambiato l’atteggiamento nei confronti del riscaldamento globale e delle azione da mettere in atto per contrastarlo. Oltre al ritiro dall’accordo di Parigi, Trump ha anche stracciato i regolamenti che Obama aveva introdotto per limitare le immissioni degli States. Ma la “questione climatica” sarà un tema fondamentale nei prossimi quattro anni targati Joe Biden, viste anche le proposte di Sanders e di Ocasio Cortez, più orientate verso il green new deal. La questione dei migranti è stata un tassello fondamentale della campagna di Trump nel 2016 e, sebbene non abbia costruito il tanto discusso muro a confine con il Messico, è riuscito a erigere un solido “muro di carte”, ovvero grazie alla burocrazia ha reso quasi impossibile l’immigrazione legale e illegale. C’è inoltre tutta la questione legata alla politica feroce attuata nei confronti dei migranti, che include più di 550 bambini strappati dalle braccia dei genitori e i lager creati al confine con il Messico. Sarà difficile che l’amministrazione Biden riesca a cambiare veramente le cose, soprattutto perché il Senato rimarrà a maggioranza repubblicana, rendendo di fatto molto complicate le nomine dei ministri da parte di Biden. Rimane quindi probabile, secondo il professore, che “Biden potrà fare solo delle modifiche cosmetiche all’operato di Trump”. Lo stesso dubbio rimane per la riforma fiscale, varata da Trump tre anni fa, che ha permesso alle corporation di pagare molte meno tasse. Dati i rapporti quarantennali con Wall Street di Biden, forte è il dubbio sulla sua volontà di rialzare le tasse ai colossi multinazionali.

Infine, dopo Trump ci sarà ancora un leader populista come lui? Secondo il professor Tonello, Trump era unico e il suo stile politico rimane inimitabile. Questo però non ha nulla a che vedere con la forza dei movimenti populisti, che probabilmente non diminuirà. Tali movimenti sono preesistenti l’elezione di Trump, la Lega Nord, per esempio, esiste dal 1987. Sicuramente i movimenti in questione hanno beneficiato dall’elezione di Trump, ma la loro fortuna politica è legata alla xenofobia, al razzismo, etc, che esistevano prima e ci saranno anche dopo.

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