CULTURA

A che cosa serve l’arte ? L'importanza di fare le domande giuste

Qual è il ruolo dell'arte nella società contemporanea? A cosa serve? Hans Ulrich Obrist ha dedicato, e ancora dedica, la sua vita alla ricerca di risposte illuminati, ha intervistato centinaia di artisti, architetti, musicisti, scrittori, scienziati, ponendo loro, sempre, le domande giuste, quelle capaci di accendere luci, spalancare finestre sul mondo e stimolare il pensiero critico. Una tra tutte, che ne raccoglie molte altre: Qual è il tuo progetto non realizzato? - domanda che Obrist inizia a porre dopo la prima conversazione con Alighiero Boetti nel 1986 -, dove per "progetto non realizzato" non si intende "un vuoto, un’azione maldestra o un fallimento, quanto l’aspirazione a un orizzonte ampio, impossibile da misurare, inconcepibile finché non viene annunciato".

Da qualche mese, su Il Bo Live, stiamo pubblicando gli episodi di Atelier d'artista, una serie dedicata agli spazi di creazione, al rapporto tra artisti e artiste e gli studi dove vengono ideate e realizzate le opere, nel tentativo di capire quanto un luogo influisca nello sviluppo del pensiero artistico individuale e, infine, nella realizzazione concreta di una scultura, un dipinto, un gioiello, una illustrazione, una installazione. L’intervista è al centro di questo nostro progetto. Ecco che, per nutrire una costante ricerca e il desiderio di confronto e dialogo, un saggio come quello recentemente pubblicato da Marsilio, interamente dedicato al curatore svizzero (classe 1968), critico e oggi direttore della Serpentine Gallery di Londra, risulta particolarmente interessante e arricchisce di senso il nostro lavoro.

Ad accompagnare il racconto di Obrist nel saggio a che cosa serve l'arte (tutto minuscolo) c’è lo scrittore, saggista e curatore Gianluigi Ricuperati: a lui sono affidate riflessioni introduttive su temi e memorie condivise e la presentazione di talenti, prodezze e successi del protagonista stesso, "giovane e antico, elegante e dinoccolato". I numeri sono sorprendenti: "Centinaia di mostre curate. Quasi mille libri scritti o curati. Più di tremila interviste a intellettuali e artisti di ogni genere, età, nazionalità, provenienza. Un numero incalcolabile di relazioni, interazioni con i più importanti protagonisti della vita culturale del nostro tempo: da David Lynch ad Arthur Jafa, da Etel Adnan a Zaha Hadid, da Gerhard Richter a Norman Foster, passando per un’infinità di progetti, rassegne, eventi e incontri pubblici, tenuti nei luoghi più simbolici e più periferici di quella grandiosa macchina policentrica e inafferrabile che chiamiamo contemporaneità".

L'intervista a Gerhard Richter ci offre il primo spunto di riflessione, che è anche sintesi di una visione del mondo. Scrive Obrist: "L’arte è una forma di speranza mi ha detto [...] frase che tengo a mente ogni giorno. Credo che la varietà dei linguaggi delle arti contemporanee costituisca una delle più confortanti forme di resistenza al progressivo uniformarsi dei modi di vivere, grazie alla creazione infinita e formidabile di commistioni locali e alla capacità inesauribile di coltivare la diversità. Non solo la biodiversità vegetale e animale, e umana, ma anche la varietà di impronte linguistiche, fonetiche, intellettuali". Un pensiero che rivela il chiaro proposito di abbattere le barriere che vorrebbero tenere ogni disciplina dentro la propria bolla, separata dalle altre: Obrist invece sa che “per espandere le relazioni nel mondo dell’arte è necessario chiedersi: come si può creare un ambiente in cui tutti i campi dialoghino tra loro?”, in cui artisti, architetti, compositori, musicisti, scrittori, filosofi, scienziati possano confrontarsi, cercare soluzioni, aprire nuove vie?

Riportare la produzione artistica e culturale al centro della società, non tagliarla fuori, non isolarla e non tenerla solamente nei giardini privilegiati dà sempre risultati molto interessanti Hans Ulrich Obrist

“Viviamo in un presente estremo [...] un mondo folle, interconnesso, interdipendente e in costante stato sismico […] Ecco cosa mi fa alzare al mattino: l’idea di provare a introdurre un piccolo cambiamento nelle nostre vite e nel mondo che ci circonda". Abbiamo responsabilità, come esseri umani, nei confronti del pianeta che abitiamo. Ognuno deve interrogarsi e scegliere quali azioni concrete mettere in atto sfruttando le proprie risorse e competenze. Questo fa Obrist, partendo dal pezzo di mondo che conosce: l'arte non è isolata, è dentro la società, la influenza, attraverso le sue tante discipline e i diversi linguaggi, e in quanto parte di essa, può contribuire a trasformarla affrontando le sfide del nostro tempo: "Riportare la produzione artistica e culturale al centro della società, non tagliarla fuori, non isolarla e non tenerla solamente nei giardini privilegiati dà sempre risultati molto interessanti".

Dalla questione ambientale (in questo senso è determinante l'influenza esercitata su Obrist dall'artista Gustav Metzger "artefice di un’utopia ecologica e politica tra le più radicali degli ultimi due secoli") a quella più strettamente culturale. In un quadro segnato principalmente dalle urgenze ecologiche, l'arte stessa si deve prendere le proprie responsabilità attraverso pratiche sostenibili per mitigare la crisi climatica, dall'organizzazione di mostre e viaggi capaci di ricalibrare e ridurre l'impatto sul pianeta ai "menu climavori" proposti dalla stessa Serpentine. Ma per avviare una rivoluzione e invertire la rotta, si rivela fondamentale rimettere al centro la cultura anche attraverso un rinnovato interesse per i musei, da intendere oggi come preziosi luoghi "dove gli esseri umani possono conquistare una maggiore comprensione reciproca", passando per una attenta esplorazione degli ambienti virtuali, ormai riconosciuti spazi di condivisione di opinioni e visioni del mondo (Obrist utilizza sapientemente e quasi quotidianamente i social, il suo profilo Instagram conta 377mila follower: sul suo feed pubblica messaggi e pensieri, suoi e di amici artisti, scritti a mano su foglietti di carta, fotografati e infine condivisi). 

Riportare la produzione artistica e culturale al centro della società, non tagliarla fuori, non isolarla e non tenerla solamente nei giardini privilegiati dà sempre risultati molto interessanti Hans Ulrich Obrist

"La Serpentine guarda agli artisti come a una guida per modellare il futuro e la sua missione può essere incentrata sulla curatela come strumento per espandere l’azione e l’influenza degli artisti". L'amore per gli artisti è dichiarato: a loro il curatore affida la lettura del presente e una visione di futuro. Gli incontri e le conversazioni rappresentano "la base di tutto ciò che Obrist ha fatto", così, alla fine del saggio Marsilio, nel Piccolo glossario obristiano a cura di Lucrezia Taurian, e dentro ogni intervista, "vive un museo fatto di parole e immaginazione [in cui] Obrist conserva anche delle semplici frasi, parole che, se dette a lui, si trasformano in qualcosa. Tutto questo è il cemento delle fondazioni per costruire nuove realtà" e mostre leggendarie, da The Kitchen Show, allestita nel 1991 nella cucina del suo appartamento in affitto (a cui seguono le mostre fuori formato dentro le stanze d'albergo), a Do it, esposizione del 1993 fatta solo di istruzioni per l’uso, fino al progetto del Nano Museum del 1994, custodito nelle tasche di Obrist, una cornice doppia per fotografie di cinque centimetri per sette, e Take Me (I’m Yours), allestita per la prima volta nel 1995 alla Serpentine e poi al Pirelli Hangar Bicocca di Milano nel 2018, che invita il visitatore a prendere le opere, metterle nella borsa e portarle a casa, un'idea nata dal confronto con Christian Boltanski, che diceva: "Quando guardi un bellissimo dipinto, inconsciamente, prendi quello di cui hai bisogno. L’Arte è sempre: prendimi sono tua". 

Imparare dagli artisti è una risposta possibile e forse è anche la sintesi di questa nostra esplorazione del pensiero di Hans Ulrich Obrist, considerato da molti il Curatore per eccellenza, e delle sue azioni consapevoli e concrete per trasformare la società"Imparare dagli artisti non significa soltanto ascoltare la voce dei grandi esponenti della storia dell’arte contemporanea, che hanno sempre la nostra attenzione e il nostro tempo, ma anche quella di tanti giovani artisti […] Imparare dagli artisti per cambiare in meglio e contribuire a salvare il pianeta è fondamentale".

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