Un fiore pronto a sbocciare. È questa la metafora che descrive meglio la situazione del cicloturismo in Italia, due mondi che si vogliono bene ma che forse non sono ancora arrivati a una vera e propria dichiarazione d’amore. “Il cicloturismo unisce l’Italia”, si legge nelle righe iniziali del primo rapporto Isnart-Legambiente, un punto di partenza per approfondire il mondo di chi sceglie di trascorrere un periodo di vacanza sui pedali nel nostro Paese, e che fornisce dati e spunti per un’analisi approfondita del tema.
“Il cicloturismo è un settore di grande promesse per il nostro Paese – racconta Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente – il passo in avanti che dobbiamo fare è rispetto al sistema infrastrutturale: non esiste in Italia una ciclovia turistica degna di questo nome, tranne alcune eccezioni concentrate nel Triveneto”.
Uno dei dati più interessanti del rapporto è quello che racconta la crescita del cicloturismo: dal 2013 al 2018 le presenze delle persone che viaggiano in bicicletta sono aumentate del 41%, in un settore che conta 77,6 milioni di turisti, pari all’8,4% dell’intero movimento turistico in Italia. L’apporto economico del cicloturismo – che Legambiente e Isnart ribattezzano come PIB, Prodotto Interno Bici – si attesta sui 7,6 miliardi di euro annui, che diventano 12 se consideriamo il mondo della ciclabilità nella sua interezza.
“Tra i “turismi ambientali” quello ciclabile è il più avanzato – continua Venneri – siamo molto lontani dalle situazioni di 20 o 30 anni fa dove chi lo praticava era gente che lo faceva per ragioni etiche o economiche. Oggi la situazione è completamente cambiata: stiamo parlando di un mercato dove le famiglie rappresentano la maggior parte degli utenti, e che è diventato un turismo di alta gamma”.
I cicloturisti sono turisti esigenti, disponibili a spendere, che fanno scelte accurate e che spesso possono determinare cambiamenti importanti per le zone che vengono interessate dal fenomeno. Nel Rapporto si leggono anche i dettagli sulle spese medie giornaliere, che si aggirano tra i 66 e i 76 euro, sulle età dei pedalatori-vacanzieri, con una significativa presenza dei ultra sessantenni (il 19% del totale) e sulle principali regioni di destinazione (Toscana ed Emilia-Romagna).
"Non aspettiamo di realizzare tutte le ciclovie turistiche che ci servono – aggiunge Venneri – possiamo rendere ciclabile un territorio anche solamente ri-attivando o ridisegnando itinerari, sfruttando ad esempio le strade di campagna e le strade bianche".
Siamo, saremmo, pronti per fare un importante balzo in avanti: la voglia di andare in bicicletta c’è, gli introiti – già presenti e futuri in prospettiva – anche: cosa manca dunque? Il Rapporto dice: un cambio di prospettiva culturale.
Dobbiamo lavorare ad un nuovo paradigma, che permetta all’Italia di spostare l’asticella che oggi è in gran parte a favore dell’automobile privata. Un cambiamento sia di mentalità che fisico, una riorganizzazione degli spazi. Nonostante la mancanza di infrastrutture “serie” gli utenti del cicloturismo sono in aumento, perché mai dovremmo perdere questa occasione?