SCIENZA E RICERCA

Una nuova conoscenza del Cosmo

Una nuova finestra si è aperta alla nostra conoscenza del Cosmo: il telescopio spaziale Webb ha iniziato a produrre immagini e spettri dopo 7 mesi di messa a punto degli strumenti. Erano stati scelti 5 obiettivi da studiare: un ammasso di galassie lontano, un gruppo vicino di galassie con un buco nero in una di esse, una regione dove nascono le stelle, una stella alla fine della sua evoluzione, e infine un pianeta extrasolare. Il giorno 11 luglio 2022 la prima immagine di Webb è stata mostrata al pubblico dallo stesso presidente degli Stati Uniti, e tutte e cinque le immagini e spettri sono stati presentati in diretta mondiale il giorno dopo dalla NASA, ESA, CAS (Agenzia Spaziale Canadese) e lo Space Telescope Science Institute.

Lanciato il 25 dicembre dell’anno scorso, Webb ha raggiunto dopo un mese una regione di spazio in cui esiste un equilibrio dinamico tra la Terra e il Sole, il punto Lagrangiano L2. Esso si trova a 1,5 milioni di km esattamente opposto al Sole rispetto alla Terra. In questa regione, orbitando intorno al Sole in sincronia col nostro pianeta, la sonda oscilla in una traiettoria detta “orbita halo”. Con i suoi 6,5 m di diametro, Webb riceve circa 7 volte più luce del telescopio spaziale Hubble ed è in questi anni il più potente strumento che possa osservare il cielo dallo spazio. Le lunghezze d’onda in cui opera sono anche diverse da Hubble, perché si trovano esclusivamente nell’infrarosso, da 600 nanometri (rosso visibile) a 5 micron per gli strumenti del vicino infrarosso (NIR) e da 5 a 28 micron per lo strumento nel medio infrarosso (MIR). Per osservare nell’infrarosso, che comprende quello che noi percepiamo come calore, il telescopio deve essere schermato dalla parte del Sole e tenuto a temperature bassissime. Gli strumenti NIR lavorano a -234 °C e quelli MIR a -266 °C, appena 5 gradi sopra la temperatura del Cosmo.

Perché scegliere solo l’infrarosso? Perché queste lunghezze d’onda possono attraversare le nubi di polvere interstellare e le regioni di gas più denso. Una nebulosa oscura può apparire trasparente nel medio infrarosso e far vedere gli oggetti che stanno dall’altra parte. Le nubi molecolari dove nascono le stelle, i nuclei di galassie, i dischi intorno alle stelle giovani da cui nascono i pianeti, e pianeti stessi come la Terra, sono tutti oggetti freddi rispetto alle stelle, mentre il calore da essi diffuso li rende luminosi nell’infrarosso. Inoltre, poiché l’Universo si espande dopo il Big Bang, la luce delle galassie più lontane si affievolisce e si sposta verso lunghezze d’onda maggiori. Webb potrà osservare la luce UV e visibile di galassie lontanissime spostata nell’infrarosso.

Ne è un esempio la prima immagine presentata, quella della zona intorno all’ammasso di galassie SMACS J0723.3-7327 nella costellazione del Pesce Volante, a 4,6 miliardi di anni luce da noi. L’ammasso è molto massiccio ed emette raggi X. La sua grande massa distorce lo spazio-tempo e amplifica le immagini degli oggetti sullo sfondo per un effetto detto lente gravitazionale. Le immagini distorte a forma di arco e rossastre sono galassie più lontane la cui immagine viene ripetuta come attraverso una lente d’ingrandimento dalla forma irregolare. Sullo sfondo però una delle galassie, piccolissima e rossa a causa dell’espansione dell’Universo, si trova a una distanza impressionante: 13,1 miliardi di anni luce, vicina all’origine dell’Universo datata a circa 14 miliardi di anni. Questa immagine, come le altre, è in falsi colori rispetto ai nostri occhi: il canale blu contiene la luce infrarossa da 0,9 a 1,5 micron, il verde da 2,0 a 2,7 micron e il rosso da 3,6 a 4,4 micron. Per costruirla sono state sommate insieme immagini per un totale di 12,5 ore di esposizione, ottenendo un risultato per cui il telescopio Hubble avrebbe impiegato settimane.

Un’altra immagine di un gruppo di galassie è quella del Quintetto di Stefan, 4 galassie interagenti distanti 290 milioni di anni luce, più una sulla sinistra della foto, NGC 7320, che si trova a “solo” 40 milioni di anni luce. Le quattro galassie sono così vicine nello spazio che l’azione delle forze di marea ne strappa la parte più esterna. Il gas e le stelle si mescolano nello spazio intorno, formando code e getti. Una parte collassa sul nucleo della galassia in alto, NGC 7319, alimentando un enorme buco nero di 24 milioni di volte la massa del Sole.

La nascita di stelle è mostrata nella foto della nebulosa Carena (Carina Nebula – foto di apertura) nell’omonima costellazione, nota come NGC 3324, a 7.600 anni luce. Essa è il bordo di una enorme cavità scavata nel gas e nelle polveri dalle stelle giovani, calde e massicce, nate all’interno della nebulosa. La loro luce UV e il loro vento di particelle fanno evaporare il materiale intorno. Così il bordo della nebulosa arretra e viene compresso, lasciando dei picchi alti fino a 7 anni luce, fatti di bozzoli più densi in cui nasceranno nuove stelle. 

Un esempio di fasi finali dell’evoluzione di stelle di massa intermedia è mostrato dalla doppia immagine della nebulosa planetaria NGC 3132, detta Southern Ring, a 2.500 anni luce e larga 0,5 anni luce. Si tratta di una stella che alla fine della sequenza di fusione nucleare dell’idrogeno e dell’elio espelle gli strati sovrastanti restando come un nucleo caldissimo delle dimensioni di un pianeta, detto nana bianca.  A sinistra l’immagine composita a falsi colori nella regione di lunghezze d’onda NIR e a destra quella MIR. Nel vicino infrarosso domina la luce della nana bianca e si vedono gli strati di gas espulsi in sbuffi successivi in continuo allontanamento a poche decine di km al secondo.  Attraverso i cirri di gas a sinistra si vede una galassia di sfondo, vista di taglio con il disco sottile. Nell’immagine a lunghezze d’onda maggiori, a destra, si vede chiaramente che la nana bianca fa parte di un sistema doppio. La stella più massiccia si è già evoluta creando la nebulosa planetaria, mentre la sua compagna meno massiccia si evolverà in futuro, forse creando una sua propria nebulosa planetaria. Il fatto che le due stelle ruotino attorno al comune centro di massa fa vorticare il gas e le polveri espulse per migliaia di anni, creando delle strutture irregolari.

Infine è stato fatto uno spettro della luce del pianeta extrasolare gigante WASP-96 b, scomponendo la sua luce nelle frequenze da 700 nanometri a 2,8 micron. A queste lunghezze d’onda sono visibili le bande emesse dall’acqua presente nella sua atmosfera. Il pianeta si trova a 1150 anni luce di distanza e ha la metà della massa di Giove, pur orbitando intorno alla stella WASP-96, poco più fredda del Sole, in soli 3 giorni e a una distanza a quasi un decimo di quella di Mercurio dal Sole. Le righe dell’acqua erano state già osservate nel pianeta K2-18 b, come descritto nell’articolo apparso su Il Bo live il 20 settembre 2019. I risultati di Webb mostrano che sarà possibile studiare la composizione atmosferica dei pianeti extrasolari scoperti, alla ricerca di gas prodotti da forme di vita extraterrestri. 

Questo primo assaggio di immagini, oltre a mostrare la capacità tecnica dei nuovi strumenti, ci prepara a conoscere ancora più a fondo la storia del nostro Universo. La luce di una galassia a 4,6 miliardi di anni luce ci arriva dopo 4,6 miliardi di anni e perciò noi la stiamo vedendo com’era quando la sua luce è partita. Oggi molte delle sue stelle saranno scomparse esplodendo come supernove, e la galassia può essersi fusa con un’altra vicina o aver ingoiato le piccole galassie satelliti. Raggiungendo galassie a 13 miliardi di anni luce, in un’epoca vicina al Big Bang, il telescopio spaziale Webb è una moderna macchina del tempo che indaga sul nostro passato cosmico.

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