SCIENZA E RICERCA

Cosa dicono i giganti marini? Alla ricerca del significato dei “trumpet” dei capodogli

I segnali acustici sono fondamentali per molti animali marini. In particolare per i capodogli, che trascorrono la maggior parte del loro tempo immersi a migliaia di metri di profondità, dove non c'è la luce del sole a illuminare l'ambiente attorno a loro. Per questo motivo, il suono è il mezzo tramite il quale questi cetacei comunicano, si orientano e localizzano le prede. Emettono quindi dei suoni diversi a seconda di ciò che vogliono dire o fare, e questi versi sono oggetto di studio per biologi e zoologi marini.

Alcuni tipi di segnali acustici vengono usati più spesso e perciò sono conosciuti meglio dagli studiosi, che hanno imparato a riconoscerne il significato in base alla frequenza, alla tonalità e alla struttura armonica. Si tratta dei cosiddetti click, degli schiocchi usati per la comunicazione o per l'ecolocalizzazione.
Esistono però anche altri tipi di suoni che questi mammiferi marini emettono occasionalmente. All'orecchio umano sembrano quasi squilli di tromba, e infatti si chiamano trumpet. Il loro significato, però, non è ancora ben chiaro.

Ecco perché un gruppo di ricercatori dell'università La Sapienza di Roma, dell'istituto Tethys di Milano e dell'università di Pavia ha analizzato 203 registrazioni di trumpet raccolti nell'arco di 22 anni nel Santuario Pelagos, un'area marina protetta che si trova nel Mar Mediterraneo a nord della Corsica. Dopo aver analizzato i risultati di questa ricerca, gli studiosi hanno formulato un'ipotesi: i trumpet potrebbero essere associati alle attività di alimentazione dei giovani maschi non ancora sessualmente maturi.

Prima autrice dello studio in questione è Daniela Silvia Pace, ricercatrice al dipartimento di biologia ambientale dell'università La Sapienza di Roma.

“Bisogna prima di tutto distinguere tra segnali propriamente detti e cue”, premette la dottoressa Pace. “Questi ultimi sono azioni non intenzionali da parte di chi le compie, ma in grado di provocare comunque una reazione da parte di un altro individuo. Ad esempio, una zanzara trova un mammifero da pungere attraverso l'anidride carbonica che questo emette durante la respirazione. Il rilascio di anidride carbonica non è certo un segnale che mandiamo alla zanzare per farci pungere, bensì un'azione non intenzionale che però la zanzara è in grado di captare e utilizzare a proprio favore. Spesso, nel caso dei cue, il vantaggio non è a favore di chi li emette, ma di chi li riceve.
Un segnale vero e proprio, invece, è un comportamento generato intenzionalmente dall'animale e che è stato selezionato nel corso dell'evoluzione perché favorisce un'interazione vantaggiosa per entrambi i soggetti.

Per quanto riguarda i diversi suoni emessi dai capodogli, in passato si è molto dibattuto sul significato dei trumpet. Il capodoglio, infatti, è un grande produttore di click, che l'animale arrangia in modo diverso ed emette a frequenze o intensità differenti a seconda del contesto di utilizzo. Ad esempio, click a frequenze più basse e arrangiati in determinati pattern sono chiamati codas e vengono utilizzati dai capodogli per la comunicazione. Invece, i click a frequenze più alte e non arrangiati in pattern sono quelli che il capodoglio utilizza per la navigazione e l'orientamento nelle profondità marine. Il suono, inoltre, si trasmette molto più rapidamente nell'acqua (a circa 1500 m/s) che nell'aria, dove la trasmissione è di 340 m/s”.
 


“Per distinguere il significato di questi suoni, si misura il tempo di intervallo tra un click e l'altro. Quando l'animale si sta immergendo, ad esempio, c'è un intervallo di tempo molto regolare tra i suoni che emette, i quali vengono infatti chiamati usual click e ci dicono che l'animale sta semplicemente sondando l'ambiente. Quando invece l'intervallo di tempo tra un click e l'altro si accorcia, vuol dire che il capodoglio ha trovato una preda e sta cercando di localizzarla con precisione.

I trumpet, invece, sono stati riportati fino ad ora nella letteratura scientifica come un sottoprodotto fisiologico dell'aggiustamento dell'organo di emissione acustica di questo animale per passare a una configurazione di emissione sonora adatta all'immersione. Sono sempre stati registrati, infatti, nei primi momenti in cui l'animale inizia la sua discesa verso gli abissi”.

I risultati dello studio guidato da Pace sembrano mettere in dubbio l'ipotesi che questi suoni siano usati dai capodogli semplicemente per “schiarirsi la voce”. Per la prima volta, infatti, i ricercatori hanno avuto a disposizione un dataset a lungo termine acquisito in un arco temporale elevato, grazie al lavoro ultratrentennale dell'istituto Tethys di Milano nella zona del Santuario Pelagos.

 “I primi suoni di trumpet sono stati registrati nel Mediterraneo a partire dalla seconda metà degli anni Novanta dai colleghi del CIBRA dell'università di Pavia", spiega Pace. "Poiché in tutti questi anni si è continuato a registrare suoni del genere in quest'area, ci siamo resi conto che probabilmente non sono solo un modo in cui gli animali si aggiustano la voce prima di scendere in profondità, ma che potrebbero significare qualcosa di più, visto che vengono emessi così di frequente”.

Per leggere meglio i risultati di Pace e colleghi, è necessario dire qualcosa sulla struttura sociale dei capodogli, che è di tipo matriarcale, come quella degli elefanti. “Mentre le femmine formano dei gruppi molto stretti e stabili nel tempo, i maschi, quando sono abbastanza grandi, anche se sessualmente immaturi, si separano dal gruppo di origine e vivono una vita semi-sociale insieme ad altri maschi allontanati dal gruppo di appartenenza”, spiega Pace. “Si incontrano in aree di alimentazione come quella del Santuario Pelagos, e si tengono in contatto acustico tra di loro. Quando poi raggiungono una taglia elevata, di circa 15 metri, vuol dire che sono adulti e sessualmente maturi. A quel punto, si allontanano dagli altri e conducono una vita estremamente solitaria.

Dato perciò che quella del Santuario Pelagos è un'area frequentata soprattutto da questi giovani individui maschi, e al suo interno abbiamo identificato in maniera specifica 68 capidogli che emettono questi trumpet, di cui una trentina che li emettono all'interno dello stesso anno e anche in anni differenti, abbiamo ipotizzato che questo suono possa essere connesso alle loro attività di ricerca del cibo. Questo non vuol dire che le femmine o i maschi adulti non emettano anche loro trumpet. Magari lo fanno, ma non sono ancora stati registrati.

I trumpet, inoltre, vengono spesso abbinati ad altri suoni specifici utilizzati dai capodogli durante la comunicazione, come i codas o gli slow click (questi ultimi vengono emessi elusivamente dai maschi). Anche per questo abbiamo formulato l'ipotesi che questi suoni siano funzionali ai maschi durante l'alimentazione, e in particolare a quelli giovani. Probabilmente, il trumpet fa parte di un sistema di comunicazione più complesso, anche se ancora non sappiamo se sia un segnale o un cue”.

Studi come questo, inoltre, possono rivelarsi molto utili anche per un altro motivo. Conoscere il comportamento dei capodogli può aiutare infatti a salvarli dal rischio di estinzione.
“La popolazione mediterranea dei capodogli è una specie in pericolo”, afferma Pace. “Sono abbastanza conosciuti i tipi di minacce da parte dell'uomo a cui sono sottoposti questi animali. Prima di tutto, quando riemergono in superficie per respirare dopo essere stati immersi anche per 50 o 60 minuti, rischiano la collisione con traghetti veloci o navi. Inoltre, proprio perché sono animali acustici, sono particolarmente sensibili al rumore sempre presente nell'ambiente marino, specialmente quello a basse frequenze, generato appunto dal traffico marino. È come se vivessero con un brusio di sottofondo continuo che è ovviamente un elemento di disturbo e che ostacola anche la ricerca del partner per la riproduzione. Le attività umane hanno quindi un impatto molto negativo su un sistema sensoriale fondamentale per questa specie”.

Un altro rischio che corrono questi animali è quello di essere intrappolati dentro gli attrezzi da pesca, alcuni dei quali sono stati messi al bando da anni nel Mar Mediterraneo, ma vengono ancora utilizzati illegalmente.
Infine, una minaccia importante è quella causata dall'inquinamento da plastica e altre sostanze. I capodogli sono al vertice della catena trofica, e sono quindi top predator. Ricevono perciò tutte le sostanze tossiche non smaltite dagli organismi di cui si nutrono, la cui concentrazione può causare loro molti problemi al sistema immunitario e riproduttivo.

Il nostro studio ha messo quindi anche in evidenza quanto ancora non sappiamo di questa specie che corriamo il rischio di perdere prima ancora di conoscerla completamente".

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