SCIENZA E RICERCA

Covax, per un vaccino ad accesso universale

La diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 sembra abbastanza sotto controllo in Europa e in Estremo Oriente, ma del tutto fuori controllo in molte altre zone del mondo. In alcuni paesi ricchi, come gli Stati Uniti. Ma anche in altri paesi, meno ricchi e organizzati: come Brasile, Russia, India, Sud Africa. Il presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, sostiene che nel suo paese i contagiati potrebbero essere non 250.000 ma addirittura 25 milioni. 

Come riportare sotto controllo questa situazione?

In prospettiva, non c’è dubbio la soluzione è il vaccino. Dunque, per riportare la situazione sotto controllo occorrerà garantire un accesso rapido, giusto ed equo al vaccino contro COVID-19 a tutti, nel mondo. Se e quando questo vaccino ci sarà, naturalmente. L’obiettivo non è solo di svilupparlo, il vaccino, ma anche di distribuirlo. Si pensa ad almeno 2 miliardi di dosi entro il 2021 da inoculare equamente nel 20% della popolazione più a rischio di tutti i paesi del mondo, ricchi e poveri. 

Il Bo Live aveva posto il tema del rapido, giusto ed equo accesso all’eventuale vaccino nei giorni scorsi, sapendo che non si trattava di una proposta né estemporanea né isolata. E neppure solo di un appello senza radici nella realtà internazionale. È di questi giorni l’annuncio di 75 paesi donatori che hanno manifestato “un’espressione di interesse” a partecipare alla COVID-19 Global Vaccine Access Facility (Covax Facility) mediante uno strumento finanziario chiamato Covax Advance Market Commitment (AMC). L’iniziativa partita a giugno è opera della Gavi (l’Alleanza per i Vaccini, una partnership tra pubblico e privato) e dall’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) e coinvolge anche 90 paesi in via di sviluppo che non sono in gradi di pagare lo sviluppo e l’acquisto del vaccino. I 165 paesi, tra donatori e assistiti, ospitano il 60% della popolazione mondiale. 

Covax conta di raggiungere almeno 2 miliardi di dollari per finanziare e prenotare l’acquisto di due miliardi di dosi di vaccino. La ricerca, lo sviluppo e la produzione restano a carico delle aziende farmaceutiche private, che però si impegnano a soddisfare ai criteri dell’iniziativa. Finora sono stati raccolti 600 milioni di dollari. 

Nei giorni scorsi c’era stata un po’ di polemica tra la direzione Covax e alcune organizzazioni non governative, come, per esempio, Medici senza frontiere. I motivi erano diversi: le ong accusavano una mancanza di trasparenza e il loro mancato coinvolgimento. Inoltre sostenevano che mentre i criteri di distribuzione del vaccino nei paesi poveri erano abbastanza chiari – il 20% della popolazione di un paese, con priorità agli operatori sanitari e alle altre fasce più a rischio – mancava la chiarezza per la distribuzione nei donatori, ovvero nei paesi ricchi. Sembrava che Covax (anche Covax) lasciasse aperta la porta, in questi paesi, alla logica di mercato e che, dunque, il vaccino potesse essere diffuso in modo né giusto né equo. 

Dalle pubblicazioni ufficiali di Covax risulta che questo punto è stato superato: il vaccino verrà distribuito in prima istanza al 20% della popolazione anche nei paesi donatori con priorità per i sanitari e le altre fasce di popolazione a rischio. 

Non è detto che sia l’unica soluzione globale in campo. Né che non sia migliorabile. Ma è certo che Covax va, in ogni caso, nella giusta direzione. Che è quella di riaffermare il diritto universale alla salute e di considerare i pazienti, attuali o potenziali, non come clienti ma come persone titolari di quel diritto a ogni latitudine e longitudine.

Non sappiamo, però, se Covax vincerà la partita. In questo momento ci sono quasi 200 candidati vaccini nel mondo conosciuti. Quasi trenta sono in fase di sperimentazione sugli umani. Se uno o più di questi candidati dimostrerà di essere sicuro ed efficace potrà seguire non una strada, quella indicata da Covax, ma ben tre diverse. O sarà distribuito dalla casa farmaceutica (o dal consorzio di case) che lo produrrà secondo criteri esclusivamente di mercato; o sarà distribuito in base ad accordi che i singoli stati hanno stipulato con quella casa produttrice; o sarà distribuito su quella base universalistica – rapida, giusta, equa – fatta propria da Covax.

C’è la probabilità, infatti, che possa avvenire anche in base a considerazioni geopolitiche (Stati Uniti e Cina, per esempio, dati i loro attuali rapporti potrebbero pensare di escludersi vicendevolmente). 

Potremmo dunque trovarci nella condizione che la distribuzione del vaccino (o dei vaccini) avvenga attraverso tutti questi quattro meccanismi. In una condizione di estrema confusione: la peggiore che possiamo immaginare. 

Ecco perché, come sostiene Seth Berkley, il Consigliere di amministrazione di Gavi, solo una proposta come Covax (o similari) può essere la reale soluzione alla pandemia Covid-19. 

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