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Covid-19: il punto sulle terapie

Non sono disponibili ad oggi farmaci specifici per il trattamento di Covid-19, l’infezione causata dal virus Sars-CoV-2. Esistono tuttavia delle sperimentazioni cliniche in corso e dei farmaci commercializzati per altre indicazioni (off label) che vengono resi disponibili ai pazienti, sulla base tuttavia di evidenze scientifiche spesso limitate. Per questa ragione la Commissione tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (sui cui dati ci siamo principalmente basati, anche in termini di categorizzazione) ha indicato gli indirizzi terapeutici entro cui questi farmaci possono essere impiegati, in modo controllato e sicuro, nell’ambito dell’emergenza in corso.

FARMACI UTILIZZABILI PER IL TRATTAMENTO DI COVID-19

Eparine

Sono medicinali di cui si sta discutendo molto in questi ultimi giorni. Le eparine a basso peso molecolare sono anticoagulanti utilizzati solitamente in caso di tromboembolismo venoso in pazienti affetti da una patologia acuta, come l’insufficienza cardiaca acuta, l’insufficienza respiratoria, o infezioni gravi e malattie reumatiche. Sono impiegati anche nel trattamento della trombosi venosa profonda, dell’embolia polmonare e della sindrome coronarica acuta, oltre che nella profilassi del tromboembolismo venoso post chirurgico. L’impiego di questi farmaci nel trattamento del Covid-19 non si basa, però, su solide evidenze. L’Aifa raccomanda per questo “l’urgente necessità di studi randomizzati che ne valutino efficacia clinica e sicurezza”. Al momento esiste infatti una sola analisi retrospettiva – che presenta anche una serie di limiti – su 415 casi di polmonite grave in corso di Covid-19 all’ospedale di Wuhan che sembrerebbe dimostrare effetti positivi in termini di sopravvivenza dopo la somministrazione di eparina.

Per queste ragioni, nelle ultime ore l’Aifa ha autorizzato l'avvio dello studio multicentrico Inhixacovid19 che prevede l'impiego del biosimilare di enoxaparina sodica (un tipo di eparina a basso peso molecolare) nel trattamento dei pazienti con quadro clinico moderato o severo.  

Azitromicina

Si tratta di un antibiotico della famiglia dei macrolidi, impiegato nel trattamento di infezioni delle alte e basse vie respiratorie, infezioni odontostomatologiche, della cute e dei tessuti molli, di ulcere molli. Sono stati dimostrati gli effetti benefici dei macrolidi nei pazienti con malattie polmonari infiammatorie, e la loro capacità di inibire la replicazione dei batteri patogeni. Studi in vitro e in vivo hanno verificato che i macrolidi mitigano l'infiammazione e modulano il sistema immunitario.

L’Aifa tuttavia ritiene che l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti Covid-19 “non consente di raccomandare l’utilizzo dell’azitromicina, da sola o associata ad altri farmaci con particolare riferimento all’idrossoclorochina, al di fuori di eventuali sovrapposizioni batteriche”. Solo nell’ambito di studi clinici l’azitromicina può essere utilizzata per indicazioni diverse da quelle registrate.

Darunavir/cobicistat

Il darunavir è un inibitore delle proteasi (un enzima che scinde il legame peptidico che unisce due aminoacidi). Cobicistat ne migliora il profilo farmacocinetico e l’effetto terapeutico. L’associazione dei due medicinali risulta efficace nel trattamento dell’Hiv. Per quanto riguarda il Covid-19, invece, la sua efficacia è solo aneddotica, al momento è in corso un solo piccolo studio in Cina. Il vantaggio clinico finora rilevato è la maggiore tollerabilità intestinale rispetto a lopinavir/ritonavir.

Idrossiclorochina

È un farmaco analogo della clorochina, chimicamente molto simile, che viene usato in campo reumatologico e come antimalarico. Nel corso di esperimenti condotti in vitro o in modelli animali, l’idrossiclorochina e la clorochina hanno dimostrato di possedere anche un effetto antivirale. Entrambi i farmaci, inoltre, hanno un’attività immunomodulante che potrebbe potenziare l’effetto antivirale in vivo. I due medicinali sono attualmente oggetto di studio in tutto il mondo perché potenzialmente in grado di curare il Covid-19. La loro completa efficacia, però, deve ancora essere dimostrata e, in aggiunta, i medicinali potrebbero manifestare effetti indesiderati gravi, se utilizzati ad alti dosaggi o in associazione con altri farmaci. Lo sottolinea l’Aifa e lo sottolinea proprio in questi giorni anche l’European Medicines Agency (Ema). L’Aifa ritiene che non sia consigliabile l’associazione di idrossiclorochina con lopinavir/ritonavir, né l’eventuale aggiunta di azitromicina. E, nella somministrazione del farmaco, sottolinea di considerare le patologie associate (soprattutto di tipo cardiovascolare), l’anamnesi di favismo e le associazioni farmacologiche (in particolare con medicinali che aumentano il QT, cioè il tempo che un ventricolo impiega a contrarsi e rilassarsi: se troppo lungo può causare aritmie). Proprio nei giorni scorsi, l’Aifa ha autorizzato la sperimentazione clinica Hydro-Stop - somministrazione precoce di idrossiclorochina.

A livello internazionale invece i due farmaci sono oggetto di studio nell’ambito di un trial multicentrico promosso dall’Organizzazione mondiale della Sanità, Solidarity, cui ha aderito anche l’Italia (oltre a questi due, si valutano anche altre strategie terapeutiche, in particolare remdesivir e lopinavir/ritonavir da solo o in combinazione con interferone beta).    

Lopinavir/ritonavir

Lopinavir è un inibitore delle proteasi e ritonavir ne migliora il profilo farmacocinetico. L’associazione dei due medicinali risulta efficace nel trattamento dell’Hiv. Diversi inibitori delle proteasi utilizzati nel trattamento di questa patologia – come lopinavir, darunavir, atazanavir – sono in grado di inibire la replicazione virale inattivando le proteasi 3CLpro e PL2pro. L'inibizione della prima di queste, secondo studi in modelli animali in condizioni critiche, porterebbe a un miglioramento. Inoltre, stando a esperienze precedenti con Sars-CoV-1 e Mers, sembrerebbe che lopinavir possa migliorare alcuni parametri clinici dei malati. Nel trattamento del Covid-19 lopinavir/ritonavir può essere considerato, secondo le indicazioni dell’Aifa, nei pazienti di minore gravità, gestiti a casa o in ospedale nelle fasi iniziali della malattia. L’Aifa, inoltre, ritiene che non sia consigliabile l’associazione di lopinavir/ritonavir con idrossiclorochina, né l’eventuale aggiunta di azitromicina.

SPERIMENTAZIONI CLINICHE COVID-19

In Italia le sperimentazioni cliniche in corso autorizzate dall’Aifa sono complessivamente nove (al 15 aprile 2020). Oltre a Solidarity, di cui si è detto, sono in fase di studio i farmaci di seguito riportati.

Tocilizumab

In Italia sono tre le sperimentazioni cliniche autorizzate dall’Aifa che prevedono la somministrazione di Tocilizumab su pazienti con polmonite da Covid-19. Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’interleuchina-6, attualmente utilizzato per il trattamento dell’artrite reumatoide.

In caso di infezione da Sars-CoV-2, alcuni pazienti producono una quantità di citochine infiammatorie necessaria (e sufficiente) ad attivare la risposta immunitaria contro il virus e riescono quindi a superare la malattia. In altri casi, invece, le citochine vengono prodotte in eccesso e questo può indurre nei pazienti una sindrome da distress respiratorio acuto. In questa “tempesta citochinica”, l’interleuchina-6 assume un ruolo chiave.   

Secondo uno studio condotto da ricercatori cinesi (Effective Treatment of Severe COVID-19 Patients with Tocilizumab), il tocilizumab avrebbe prodotto un miglioramento del quadro clinico in 21 pazienti affetti da polmonite severa o critica da Covid-19.

Sarilumab

È stato autorizzato uno studio di fase 2/3, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, per valutare l’efficacia e la sicurezza di sarilumab (somministrato per via endovenosa) su pazienti adulti affetti da Covid-19 in stadio severo o critico. Si tratta di un anticorpo monoclonale – utilizzato in Italia per il trattamento dell’artrite reumatoide – che, come il tocilizumab, inibisce l’interleuchina-6 e dunque potrebbe riuscire a modulare la risposta infiammatoria iperattiva nei polmoni dei pazienti colpiti dall’infezione.

Emapalumab/anakinra

È uno studio di fase 2/3, multicentrico, che intende verificare efficacia e sicurezza di somministrazioni endovenose di emapalumab (un anticorpo monoclonale anti-interferone gamma) e di anakinra (un antagonista del recettore per la interleuchina-1) nel ridurre l’iperinfiammazione e il distress respiratorio in pazienti con infezione da Sars-CoV-2. Come accennato, infatti, nei pazienti affetti da Covid-19 uno degli aspetti che anticipa una prognosi negativa della malattia è l’iper-infiammazione provocata dalla tempesta citochinica che può generarsi in seguito a una risposta esagerata del sistema immunitario alla presenza del virus. 

Remdesivir

Sono due gli studi clinici attualmente autorizzati dall’Aifa per valutare l’efficacia e la sicurezza di Remdesivir in adulti con diagnosi di Covid-19, un farmaco antivirale utilizzato nel trattamento di patologie come Ebola.   

Oltre che in Italia, il farmaco è in fase di valutazione anche in altre parti del mondo. Proprio in questi giorni uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine mette in evidenza un miglioramento clinico su 36 dei 53 pazienti trattati con Remdesivir. Gli autori sottolineano, tuttavia, la necessità di attendere i risultati di studi clinici randomizzati, controllati.  

L’idrossiclorochina, come si è detto, è un altro farmaco in fase di sperimentazione clinica.

Favipiravir

Il farmaco non è incluso dall’Aifa nell’elenco delle sperimentazioni. Il 23 marzo scorso però la Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa ha dato il via libera alla valutazione di un programma di sperimentazione clinica per valutare l’efficacia e la sicurezza del medicinale nel trattamento di Covid-19. Il Comitato sta sviluppando un programma di sperimentazione per valutare l’impatto del farmaco nelle fasi iniziali della malattia.

FARMACI PER USO COMPASSIONEVOLE

L'Aifa ha recentemente approvato un protocollo per l'uso compassionevole del farmaco ruxolitinib, attualmente utilizzato in ambito ematologico, per i pazienti affetti da Covid-19. Il via libera riguarda il possibile impiego del farmaco (che possiede attività inibitoria sulle citochine proinfiammatorie) nei pazienti con insufficienza respiratoria che non necessitano di ventilazione assistita invasiva.

È stato autorizzato inoltre il programma di uso compassionevole del canakinumab, un anticorpo monoclonale umano anti-interleuchina 1 beta, nei soggetti con polmonite da Covid-19. In Italia questo farmaco viene usato per il trattamento della febbre periodica autoinfiammatoria, della malattia di Still e dell’artrite gottosa.

Infine il terzo farmaco autorizzato per programmi di uso compassionevole è il remdesivir, sul quale sono in corso anche sperimentazioni cliniche.

Terapie al plasma

Non si tratta di farmaci, ma comunque di una terapia che si sta considerando per il trattamento di pazienti affetti da Covid-19 e a cui in passato si è ricorso, per esempio, per curare i malati di Ebola, Sars e Mers. Il plasma di chi ha contratto la malattia contiene, infatti, gli anticorpi che potrebbero rivelarsi preziosi per guarire dalla malattia. Per quel che riguarda l’emergenza attuale, nei giorni scorsi il Centro nazionale sangue dell’Istituto superiore di Sanità ha dato notizia di un protocollo sperimentale, coordinato dal Policlinico universitario San Matteo di Pavia, che prevede di prelevare plasma da un gruppo di pazienti la cui guarigione sia stata accertata da due tamponi negativi. Il plasma viene poi infuso a una serie di persone sintomatiche. L’interesse nei confronti di questa possibilità viene da più parti, in Italia e all’estero, e anche a Padova si sta sperimentando il trattamento.

Secondo un recente studio, le terapie del Covid-19 oggi più studiate a livello internazionale sono quelle con cellule staminali (23 studi), con l’associazione lopinavir e ritonavir (n. 15), clorochina (n. 11), umifenovir (n. 9), idrossiclorochina (n. 7), terapie sviluppate a partire dal plasma di pazienti guariti (n. 7), favipiravir (n. 7), metilprednisolone (n. 5) e remdesivir (n. 5).

Gli stessi farmaci, come si è visto, sono utilizzati off label in Italia o sono in fase di sperimentazione clinica. Tra quelli non ancora qui citati, umifenovir è un antivirale che viene commercializzato in Russia per la prevenzione e il trattamento dell’influenza A e B. In Europa e negli Stati Uniti tuttavia non è autorizzato: è stato impiegato in Cina su alcuni pazienti affetti da Covid-19, ma i dati disponibili sono scarsi.   

Per quanto riguarda invece il metilprednisolone, è in corso uno studio multicentrico promosso dall'ospedale universitario di Cattinara di Trieste volto a valutare l’efficacia del farmaco (Efficacia del metilprednisolone a basse dosi prolungate nei pazienti con grave sindrome respiratoria acuta da COVID-19). Allo studio partecipano sia centri italiani (tra cui anche l’azienda ospedaliera-università di Padova) che stranieri.

 

 

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