CULTURA

La cultura, l'editoria e i Festival: il punto di vista di Giuseppe Laterza

Lo scorso aprile si sarebbe dovuta tenere a Padova, in collaborazione con l’Università e il Comune di Padova, la seconda edizione de “Il Festival della Salute globale” voluto e progettato dagli Editori Laterza. Chiaramente, a causa dell’emergenza covid, ciò non è stato possibile. Abbiamo raggiunto Giuseppe Laterza per capire quali sono attualmente le prospettive in merito al festival e non solo: l'intero comparto della cultura sta subendo dei contraccolpi, compreso quello dell'editoria. Qual è il futuro che si prospetta?

Com’è nata l’idea de “Il Festival della Salute Globale” e cosa intende essere?

La prima cosa da dire è che il festival non è stato cancellato ma si farà, dal 12 al 16 novembre. L’idea elaborata insieme ai direttori del festival, Walter Ricciardi e Stefano Vella, è stata quella di non semplicemente rinviarlo, ma di ripensarlo. Immaginare cioè che il festival di novembre sia il punto di arrivo di un processo di interlocuzione che in questi mesi già si tiene e si terrà sulla piattaforma di Facebook. Abbiamo quindi aperto uno spazio online di scambio con i relatori sui temi di più grande attualità. Ci troviamo, come evidente, in una circostanza del tutto speciale per la quale, per paradosso, se non avessimo già pensato a una manifestazione di questo tipo avremmo dovuto decisamente farlo ora.

I temi del festival sono cambiati a seguito di quello che sta succedendo in questi mesi?

Solo parzialmente: avevamo pensato dei filoni guida legati alla salute globale che oggi possono essere a maggior ragione declinati  e approfonditi a seguito di quello che sta succedendo. Mi spiego: se avessimo immaginato di parlare di Africa, oggi, lì dove ancora il virus non è molto diffuso ma il rischio è altissimo perché è un Paese con strutture sanitarie assai più deboli delle nostre, diviene a maggior ragione importante discuterne; se avessimo avuto in mente di capir bene che apporti possa dare la rete alla salute globale, in queste settimane in cui stiamo utilizzando le possibilità di internet in modo più poderoso, il tema diventa cruciale; o ancora: la ricerca farmacologica e le sue applicazioni sono ora centrali dal momento che siamo alla ricerca delle cure e del vaccino al coronavirus.

Quasi tutti i temi che avevamo pensato di sviluppare nel festival, cioè, possono essere affrontati con un fortissimo riferimento a un dato di assoluta attualità: prima del virus avremmo portato come esempi esperienze riferite al passato o linee generali, oggi lo facciamo in relazione a quello che sta succedendo in questi giorni, per poi discuterne nuovamente a novembre.

E se, alla volta di novembre, non sarà ancora possibile fare il festival?

Proprio perché tuttora esiste l’incertezza di potersi trovare fisicamente a Padova per il festival in novembre, abbiamo deciso, in accordo con i nostri partner, di farlo cominciare fin da subito, online: mettiamo a disposizione materiali che possano essere condivisi, consultati e discussi a partire da ora.

Dal 6 aprile trasmettiamo dei dialoghi tra esperti su temi cruciali: da Mark Dybul, direttore del Center for Global Health Practice and Impact alla Georgetown University, sul covid-19, alla psicologa e sociologa Chiara Volpato in fatto di disuguaglianze; da Emanuele Capobianco della Croce Rossa sul tema dell’innovazione e del progresso scientifico nelle pandemie (oggi) al farmacologo Giuseppe Remuzzi sulle tempistiche di realizzazione dei nuovi farmaci (il prossimo 11 maggio).

In questi mesi tutto si è spostato sulla rete (compresa l’editoria, il suo settore). Quali sono gli scenari possibili dell’utilizzo futuro?

Credo che l’esperienza che stiamo vivendo darà un fortissimo impulso operativo all’utilizzo della rete. Come in tutti gli ambiti, chi fa i contenuti deve acquistare dimestichezza con l’uso delle nuove tecnologie: la loro mera disponibilità non basta. Come ci insegna la Storia, quando chi fa la parte creativa tocca con mano le nuove possibilità della tecnica, le potrà usare al meglio per perseguire i suoi scopi. È questo che sta accadendo in questo momento. In casa editrice, ad esempio, abbiamo sempre avuto competenze tecnologiche, ma ora le stanno acquisendo le persone che hanno un ruolo editoriale e commerciale più creativo, mi aspetto perciò che verranno usate in modo innovativo.

Alcuni dei grandi risultati ottenuti nel settore delle comunicazioni (i cellulari) utilizzano investimenti fatti in America negli anni sessanta e settanta in ambito militare, così come il gps che nasce per rispondere a un problema di geolocalizzazione sorto in ambito aeronautico. Ecco che quindi strumenti pensati con un certo scopo vengono utilizzati in tutt’altra maniera.

Analogamente oggi l’editoria, costretta a usare le nuove tecnologie per fare comunicazione interna ed esterna (nella filiera e verso il lettore, come ad esempio i festival, appunto), credo ne migliorerà l’uso anche per altre finalità. Ci sarà un enorme potenziamento dello sfruttamento della rete a scopi creativi.

Abbiamo quindi superato una sorta di soglia per cui il processo è in qualche modo divenuto irreversibile?

Penso di sì. Come sempre nella vita le tecnologie si affiancano: la televisione non ha sostituito la radio, così il cinema non lo ha fatto con il teatro o i libri. Torneremo in parte alle vecchie abitudini, io certo me lo auguro. Torneremo a fare raduni con tanta gente che va ad ascoltare scrittori, scienziati, pensatori nei festival, ma assisteremo anche un forte potenziamento di altre modalità, innovative, di aggregazione virtuale.

In questi mesi le uscite editoriali sono state congelate: si teme che alcune realtà (comprese le librerie, non solo gli editori) possano pagare un prezzo molto caro per lo stop che si è reso necessario. Cosa immagina possa succedere? A quando una prima ripresa?

Ci sarà un processo di selezione: bisogna cercare di operare in modo tale da supportarci tra di noi (e non solo chiedere aiuto allo Stato), per esempio interagendo con le librerie indipendenti.

Le uscite da noi riprenderanno a metà maggio, ma saranno diradate, però pubblicheremo a breve anche autori forti perché pensiamo che sarebbe sbagliato non affrontare il virus in campo aperto, anche in questo settore, e vogliamo continuare a stimolare la fantasia e l’immaginazione del lettore (pure quella sociale offerta dai saggi). Di libri oggi c’è bisogno più che mai.

Di libri e di immaginazione c'è bisogno oggi più che mai Giuseppe Laterza

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