
L'isola di Alcatraz
Alcatraz è stata un’isola carcere per meno di trenta anni, fino al 1963. Forse lo tornerà, dopo oltre sessant’anni in cui vi si sono svolte prevalentemente altre attività umane, in quanto set cinematografico o in quanto parco naturalistico aperto al pubblico, perlopiù. L’attuale presidente statunitense Donald Trump si è espresso per farle svolgere di nuovo in futuro la funzione di ecosistema insulare di detenzione. È accaduto all’inizio di maggio, forse prima non era nei programmi elettorali, comunque ora è irrilevante. Tra la sera di domenica 4 maggio 2025 e il giorno successivo (in Europa) è emerso che Trump ha ufficialmente confermato di aver ordinato di ricostruire e riaprire il carcere di Alcatraz, decenni fa rinomata prigione federale situata su quella piccola isola della California. Ha scritto su Truth che il carcere sarà “sostanzialmente ampliato” e poi ospiterà "i criminali più spietati e violenti d'America", per quel che si è potuto capire destinato a contenere persone immigrate negli Stati Uniti in attesa di essere espulse e considerate particolarmente pericolose.
Che le isole suggeriscano agli umani di relegarci altri umani è dinamica millenaria, forse risale addirittura a prima dell’ostracismo greco e dell’esilio romano. Abbiamo più volte esaminato come, quando e perché, sia valutando storia e geografia antropologica che esaminando singoli casi concreti, più o meno antichi o contemporanei, nel Mediterraneo e altrove.
Le origini di Alcatraz
Alcatraz è una piccolissima isola al largo della costa statunitense del Pacifico, appartiene alla municipalità di San Francisco e dista meno di due chilometri dalla metropoli. Ha un’estensione di circa 85 ettari (0,085 km2) e un’altezza massima di 40 metri sul livello del mare. Formatasi nel Cretacico (circa 100 milioni di anni fa) risulta composta prevalentemente di arenaria e di ardesia, non ha fonti d’acqua naturale e il suo suolo roccioso rende ardua ogni coltivazione: solo poche specie resistono naturalmente grazie alla rugiada e alla pioggia. Il primo colonizzatore spagnolo a documentarne l’esistenza fu Juan Manuel de Ayala, che mappò la baia nel 1775 e la nominò Isla de los Alcatraces per l’enorme numero di pellicani che vi sostava. L’isola fece poi parte del governatorato messicano, finché fu comprata nel 1846 dalla Repubblica della California che la destinò a uso dell’esercito. Nel 1850 divenne base di artiglieria a protezione della baia.
Da fortezza militare a prigione
Successivamente vennero eretti una fortezza militare, un arsenale, una prigione militare (anche per gli sconfitti della guerra civile e i nativi americani), il tunnel di collegamento interno e un faro marittimo. A fine Ottocento intervennero parziali modifiche del piccolo ecosistema con l’introduzione di alberi, di piante esotiche, dei primi giardini con fiori e arbusti (acanti, ninfee, agavi, gerani, more, eucalipti, cipressi) e di piante da frutta. La prigione militare venne più volte ristrutturata, ammodernata e ampliata, finché il complesso fu trasformato in un penitenziario civile federale di massima sicurezza, anche per ospitare detenuti reputati problematici. L’11 agosto 1934 arrivarono i primi 137 detenuti del nuovo penitenziario, collocati in minuscole celle singole. Il personale era di 155 guardie (per taluni con alloggi per le famiglie). Le condizioni regolamentari (soprattutto quella del silenzio) erano molto pesanti. Negli anni successivi il carcere ospitò fra gli altri Al Capone (Alphonse Gabriel Capone, 1899-1947). Quattordici furono i tentativi di evasione (riusciti solo, forse, in un paio di casi).
L’isola carcere per antonomasia
Per un trentennio Alcatraz e stata adibita esclusivamente a istituto di pena, diventando The Rock (La Roccia), l’isola carcere per antonomasia, fino alla chiusura, intervenuta il 21 marzo 1963 per gli elevati costi di gestione, legati al trasporto degli alimenti, dell’acqua potabile e di ogni altro prodotto. Le piante sono state abbandonate. Le poche residue specie vegetali forniscono di nuovo occasione per nidificazione di uccelli, in particolare marini (cormorani, gabbiani), oltre che per roditori e lumache. Dal 1972 la flora dell’isola risulta protetta. Dopo la chiusura, tra la fine del 1969 e l’inizio del 1971, l’isola fu occupata da nativi americani, infine sgombrati, pur avendo il presidente Nixon affermato di voler rivedere la politica di segregazione degli indiani. Il carcere e stato successivamente aperto al pubblico per visite guidate, attualmente gestite dal National Park Service.
Come noto e forse visto, sono ispirati o ambientati ad Alcatraz decine di film e documentari statunitensi, qualche telefilm, innumerevoli videogiochi, episodi di romanzi, molte biografie. In particolare l’isola è entrata nell’immaginario collettivo di centinaia di milioni di persone, come emblema dell’esasperazione delle pene detentive, grazie al film Fuga da Alcatraz (1979) del regista Don Siegel con Clint Eastwood, ispirato alla tentata (forse riuscita) evasione reale, avvenuta l’11 giugno 1962, di Frank Morris e dei fratelli John e Clarence Anglin (che, scavando con un cucchiaio di metallo montato su un trapano elettrico ricavato dal motore di un aspirapolvere rubato, riuscirono a entrare in un condotto di areazione e a fuggire). Il rapporto ufficiale stabilì che i tre evasi erano annegati ma, secondo alcuni allora e successive ricostruzioni, almeno i due fratelli Anglin sarebbero riusciti a raggiungere il Brasile.

L'interno della prigione di Alcatraz
Per girare quelle scene sull’isola proprio negli anni Settanta del secolo scorso si dovette ricostruire una rete elettrica lunga quindici miglia al fine di far di nuovo arrivare l’elettricità dalla terraferma; inoltre, furono necessari complicati lavori per ripristinare lo stato della prigione com’era al momento della chiusura. Al termine del film più famoso, molti dei miglioramenti apportati furono mantenuti intatti e permangono tuttora. La scena del pericoloso passaggio dalle cancellate della prigione fino alla spiaggia e in acqua non fu girata con controfigure, ma proprio dai tre interpreti, che si erano lungamente e adeguatamente preparati. Prima e dopo il film con Eastwood sono usciti molti articoli, saggi e volumi sull’isola carcere di Alcaraz, alimentando sia ricostruzioni veritiere che narrative fantasiose sui famosi criminali che vi sono stato coercitivamente ospitati nel trentennio detentivo e su alcuni “casi” che l’anno vista materialmente coinvolta.
Riattivare le isole come carceri: ne siamo sicuri?
Dopo il 4-5 maggio 2025 buio, la notizia non è più riapparsa. Fin dal primo momento è emerso un probabile paradosso: la “seria” volontà del presidente Trump c’era sicuro, un altrettanto seria capacità forse non si verificherà mai. Inoltre, alcuni commentatori hanno rilevato pure la volontà contingente di distogliere l’attenzione dagli scadenti risultati economici dei primi mesi della nuova presidenza. Peraltro, come noto, le carceri negli Usa sono un prodotto commerciale, la percentuale di popolazione che vi è forzatamente ospitata è incomparabile con altre democrazie europee e la gestione amministrativa è molto spesso privata. Rendere Alcatraz nuovamente funzionante necessiterebbe di un investimento enorme, probabilmente ingiustificabile rispetto al ristretto numero di detenuti che riuscirebbe poi concretamente a contenere. Già nel 1963 fu chiusa proprio perché i costi di gestione e manutenzione erano altissimi. Come emerse in rapporti tecnici e servizi giornalistici, alla fine degli anni Cinquanta si spendevano circa 10 dollari al giorno per prigioniero, contro i 3 dollari di media per gli altri penitenziari federali.
Il 4 maggio Trump ha motivato l’idea con il fatto (improbabile allo stato attuale delle conoscenze) che da Alcatraz nessuno sarebbe mai scappato. Dopo l’annuncio dei primi di maggio non vi sono state altre notizie ufficiali. Negli Stati Uniti attuali anche frasi istituzionali hanno spesso un valore effimero, talvolta l’obiettivo si esaurisce con il pronunciamento mediatico, talaltra la realizzazione pratica degli obiettivi annunciati si rivela incerta nelle forme, lunga nei tempi e complicata nell’interlocuzione con altri poteri pubblici rilevanti. Questa dinamica politica non è esclusiva degli Usa contemporanei, vedremo. Resta l’importanza del gesto e gli interrogativi del tema: le isole sono il posto ideale per detenere i cattivi conviventi? Il doppio (o triplo) isolamento insulare è l’unico o il principale modo per garantire una funzione antropica a quegli ecosistemi? È il caso di ricominciare a pensarci securitariamente in ogni bacino oceanico e mare del pianeta, da parte di altri stati? Pianosa va definitivamente riaperta come isola carcere?
Dopo la “fuga” del giugno 1962 (su cui sono state scritte decine di migliaia di pagine, mai con esiti incontrovertibili, a parte i film) resta il fatto che l’isola carcere di Alcatraz fu chiusa, definitivamente già dall'anno successivo, rimanendo inattiva fino a quando il National Park Service non iniziò a convertirla in un museo nel 1972. Da allora, l'ex prigione ha attirato più di un milione di visitatori all'anno, diventando uno dei siti più popolari del Parco Nazionale, secondo la Golden Gate National Parks Conservancy. Il presidente Trump ha dichiarato i primi di maggio che "rappresenta qualcosa di forte, di molto potente in termini di legge e ordine. Il nostro Paese ha bisogno di legge e ordine; Alcatraz è, direi, il massimo… Vedremo se riusciremo a ripristinarla in grande stile, ad aggiungere molto". Widner, nipote degli Anglin “fuggiti”, ha visitato Alcatraz molte volte e ha sostenuto ora che non gli piace l'ipotesi di smantellare il museo per far tornare Alcatraz un grande carcere: "Penso che sia una cattiva idea", ha detto Widner. "Si perderebbe molta storia lì".
Archeologia e storia delle isole carcere risultano invero ottimi argomenti di ricerca antropologica e geografica nel mondo. E di impegno civile e istituzionale. Meglio sarebbe chiudere tutte quelle ancora aperte, pensiamo al leader curdo Abdullah Ocalan rinchiuso dal 1999 sull’isola carcere di Imrali, pensiamo (in Italia) alla piccola isola di Favignana: un edificio carcerario sicuro non pure circondato dal mare è più che sufficiente a garantire le esigenze di giustizia e di pena costituzionale in uno stato moderno. Ovviamente, ben vengano parchi e musei sulle isole, scientificamente accompagnati da tracce della complessa memoria degli antichissimi e recenti “usi detentivi” degli ecosistemi insulari, soprattutto nel Mediterraneo, integrati dalla narrazione autobiografica di chi vi fu detenuto (come Nelson Mandela a Robben Island in Sudafrica).