Uragano Katrina 20 anni dopo: l’eredità culturale di una catastrofe

Era la fine di agosto del 2005 quando l’uragano atlantico Katrina travolse New Orleans e gran parte della Louisiana, devastando la città e lasciando dietro di sé oltre 1800 vittime e centinaia di migliaia di persone sfollate. Ma l’impatto dell’uragano non fu “solo” un disastro ambientale: il crollo degli argini che avrebbero dovuto proteggere la città, i soccorsi tardivi, la gestione inadeguata da parte della politica (all’epoca il presidente USA era George W. Bush) e le gravi diseguaglianze sociali e razziali emerse fecero di questo evento un trauma collettivo e un simbolo di fragilità degli Stati Uniti.
A venti anni di distanza da Katrina, sono molte le voci che hanno analizzato cause e concause della catastrofe, cosa non ha funzionato e cosa possiamo imparare per evitare un altro disastro come quello. Ma quell’uragano continua a vivere non soltanto nella memoria di chi ne ha subìto le drammatiche conseguenze, ma anche in un’eredità culturale (se vogliamo più “pop”) fatta di libri, fumetti, film, documentari e musica. Infatti sono davvero tanti gli artisti e le artiste che hanno creato le loro opere per aiutarci a capire come una comunità affronta il dolore e come lo può trasformare in narrazione. Ecco allora un modo diverso per ricordare quello che successe in quei giorni di fine estate di vent’anni fa: possiamo provare a farlo attraverso le parole, le immagini o la musica di autrici e autori statunitensi che, in alcuni casi, sono disponibili anche in Italia.
Libri e fumetti, tra cronaca e memoria
Dopo che l’uragano Katrina sommerse l’80% di New Orleans e lasciò dietro di sé morte e devastazione, è nata quasi una letteratura “specializzata” sul tema: la cosiddetta post-Katrina literature. Tra i libri che hanno saputo raccontare la portata dell’evento spicca Zeitoun di Dave Eggers (pubblicato in Italia prima da Mondadori nel 2010 e poi da Feltrinelli nel 2020), considerato una delle letture più potenti per comprendere la dimensione umana e politica del post-Katrina. È la storia vera di Abdulrahman Zeitoun, imprenditore siriano-americano che durante l’uragano rimase a New Orleans per aiutare chi era intrappolato dall’inondazione e poi scomparve improvvisamente, lasciando la famiglia nell’angoscia. Nel libro di Eggers viene ricostruita sia la vicenda personale che il clima surreale degli Stati Uniti dopo la catastrofe.

REUTERS/Carlos Barria
In ambito puramente narrativo, ci sono vari titoli che si possono citare ma su tutti spicca Salvare le ossa della scrittrice Jesmyn Ward (edito in Italia da NNE nel 2018): prima opera dell’autrice premiata con il National Book Award nel 2011. Il libro racconta la lotta per la sopravvivenza di una famiglia povera del Mississippi nei giorni che precedono l’uragano; il romanzo fa parte della “trilogia di Bois Sauvage” ed è ormai entrato nel novero dei classici della letteratura americana.
Altri libri interessanti sembrano ormai introvabili o fuori catalogo, ma magari si possono recuperare ancora in biblioteca: per esempio La città che era (Tropea, 2010) di Tom Piazza, saggista e narratore che vivendo proprio a New Orleans è stato in prima linea durante quell’avvenimento, e Un paradiso all’inferno (Fandango, 2009) di Rebecca Solnit. Quest’ultimo testo in particolare è una riflessione della scrittrice statunitense che analizza varie catastrofi e come sono diventate occasioni di solidarietà spontanea, in cui la vicenda di Katrina occupa un posto centrale.
Anche il linguaggio del fumetto si è rivelato sorprendentemente adatto a restituire l’impatto visivo e intimo della catastrofe. Purtroppo non è stato tradotto in italiano A.D.: New Orleans After the Deluge di Josh Neufeld (uscito prima online e poi stampato nel 2009), che intreccia le testimonianze di sei abitanti di New Orleans riunendole in una potente narrazione corale, capace di fondere cronaca e graphic journalism. Un racconto che alterna tavole di grande impatto visivo e testimonianze intime, e che rimane tra le opere più efficaci nel rendere palpabile la confusione dei giorni dell’uragano.
Il trailer del documentario "When the Levees Broke" di Spike Lee
Il racconto collettivo di cinema e televisione
Film, documentari e serie televisive hanno contribuito a costruire e fissare l’iconografia di Katrina nell’immaginario globale. Per esempio il noto regista Spike Lee ha dedicato alla vicenda ben due opere: il primo è il documentario When the Levees Broke (2006), un vero monumento civile di oltre quattro ore che restituisce la voce ai cittadini indignati e abbandonati dalle istituzioni, raccogliendo testimonianze dirette e immagini d’archivio. A distanza di pochi anni, Lee torna di nuovo sull’argomento con If God Is Willing and da Creek Don’t Rise (2010), che segue la lenta ricostruzione della città o di ciò che ne rimane dopo che Katrina ha lasciato danni irreversibili nel suo tessuto sociale. Entrambe le opere hanno vinto vari premi e tornano ciclicamente disponibili sulle varie piattaforme streaming.
Sul versante della fiction, si può invece citare la serie Treme creata da David Simon (lo stesso autore della serie di culto The Wire) assieme a Eric Overmeyer. Le quattro stagioni, andate in onda negli USA dal 2010 al 2013, sono ambientate a New Orleans e infatti la serie prende il nome da Tremé, un quartiere della città. La storia inizia a tre mesi dal passaggio di Katrina, mentre i residenti cercano di ricostruire le loro vite, le loro case e la loro cultura dopo l'uragano e le successive inondazioni della città. La serie è stata apprezzata in particolare per le interpretazioni dei musicisti che vi prendono parte e per la rappresentazione realistica della cultura locale, come la tradizione afroamericana dei Mardi Gras Indians al carnevale di New Orleans.

Mardi Gras Indians al carnevale di New Orleans
New Orleans: la città che canta
Se c’è un linguaggio che più di ogni altro appartiene a New Orleans, è la musica: jazz, blues, funk, brass band, tutto questo è parte integrante della storia e della cultura della città. Dopo il disastro causato da Katrina, la scena artistica locale ha usato le note come forma di resistenza e tanti musicisti hanno inciso dischi che portano in sé le rabbie e le speranze di intere comunità.
Per esempio, City That Care Forgot (2008) del leggendario pianista e cantautore Dr. John, che in questo album volle incanalare tutto il dolore e l’abbandono che sentiva: un’opera talmente potente che l’anno dopo gli fece vincere il Grammy per il miglior disco blues contemporaneo. Oppure The River in Reverse (2006) nato dalla collaborazione tra l’americano Allen Toussaint e l’inglese Elvis Costello: i due musicisti hanno registrato gran parte dell’album proprio a New Orleans, ed è un disco pieno di rabbia ma anche di fiducia, considerato uno dei più intensi tributi sonori alle vittime e alla cultura della città. O ancora Trombone Shorty e altri giovani musicisti della scena locale che hanno incarnato il “dopo-Katrina”, ovvero il tentativo di riportare la musica di strada nei club e nelle piazze.
Anche artisti non legati alla città hanno dato il loro contributo, come Bruce Springsteen che ha dedicato a New Orleans la sua canzone My City of Ruins (originariamente composta per Asbury Park) eseguita al locale Jazz & Heritage Festival del 2006: un inno di speranza che invita la gente a risollevarsi dopo la tragedia. Un altro brano iconico è la cover di The Saints Are Coming: creato nel 1978 dal gruppo punk rock scozzese Skids e riadattato nel 2006 dall’incontro delle band U2 e Green Day, che l’hanno inciso per scopi benefici a seguito dell’uragano. Questa versione è stata eseguita dal vivo al Superdome di New Orleans – per la prima partita di football tenutasi dopo Katrina – e il ricavato è stato destinato a un’iniziativa per ripristinare gli strumenti musicali e i programmi nelle scuole della città. Il video musicale alterna immagini delle band con filmati reali della devastazione in città, in un montaggio amaramente ironico sul ruolo che la politica avrebbe dovuto avere nell’intervento di soccorso.
La cover di "The Saints Are Coming" di U2 e Green Day
Un’eredità ancora viva
Ripensare all’uragano Katrina e ai suoi lasciti culturali significa guardare a un patrimonio che va oltre la semplice commemorazione. Libri, film e musica non hanno soltanto documentato la catastrofe, ma hanno costruito uno spazio di riflessione sul rapporto tra società e disastri naturali, sulla giustizia sociale e sulla capacità di una comunità di rialzarsi anche attraverso le proprie espressioni artistiche.
A vent’anni dalle drammatiche scene di strade allagate e persone sfollate, leggere Zeitoun, guardare When the Levees Broke o ascoltare City That Care Forgot non è solo prendersi un momento per ricordare: è un modo per capire come il trauma si sedimenta, e come anche la cultura può diventare una forma di ricostruzione.