SCIENZA E RICERCA

Difendiamo la libertà della scienza

Prima notizia. Il governo australiano e, un po’ di meno, anche l’industria di quel paese continente stanno intervenendo in maniera pesante sulla ricerca ambientale, sia tagliando i finanziamenti sia impedendo la comunicazione pubblica dei risultati sia, infine, modificando direttamente i rapporti. La denuncia emerge da un’inchiesta che ha coinvolto 220 scienziati, australiani appunto, pubblicata su Conservation Letters e ripresa da Nature. Sotto attacco è la trasparenza, che pure secondo la Convenzione delle Nazioni Unite firmata ad Aarhus in Danimarca, dovrebbe essere totale. I ricercatori australiani denunciano che al 50% di coloro che lavorano per il governo è proibito parlare in pubblico, contro il 38% di coloro che lavorano nelle industrie e il 9% di quelli che fanno ricerca nelle università.

L’ambiente in Australia è diventato un tema politicamente sensibile e, di conseguenza – di conseguenza? – la politica cerca di controllarla in maniera pesante, anche per quanto riguarda la ricerca scientifica. Questa cosa non s’ha da fare e se si fa non s’ha da divulgare. Qualcosa di analogo sta succedendo in Brasile, negli Stati Uniti d’America e in Canada. Tutto ciò è tanto più grave perché si tratta di paesi democratici.

Seconda notizia. La ricaviamo sempre dalla rivista Nature. Secondo un’indagine del Pew Research Center di Washington, la fiducia degli americani nel vaccino anti-COVID sta crollando. Nel corso del mese di settembre il numero degli adulti americani disponibili a vaccinarsi quando un vaccino ci sarà è passato dal 72 al 51%. E tre cittadini degli Stati Uniti su quattro pensano che Washington approverà l’uso di un vaccino prima che la sua efficacia e sicurezza siano state scientificamente stabilite. 

Donald Trump non sta aiutando. La sua affermata volontà di arrivare a un vaccino da usare già entro questo mese di ottobre suscita preoccupazione, perché la sua fretta sembra più di natura politica (a inizio novembre ci sono le elezioni presidenziali) che scientifica. Non stanno aiutando neppure gli annunci che vengono dalla Russia e dalla Cina: tutti all’insegna della mancanza di trasparenza. La situazione è tale che tre aziende americane che hanno un candidato vaccino in Fase III – AstraZeneca, Pfizer e Moderna — hanno rilasciato nei giorni scorsi una documentazione con la descrizione dettagliata su come sta procedendo la loro sperimentazione. 

Le aziende si fanno carico dei problemi di sicurezza ed efficacia più di quanto non facciano i governi. È, in un certo senso, una novità che lancia un segnale di allarme.

Le due notizie, così diverse in apparenza, sembrano indicare entrambe che la libertà e l’autonomia della scienza – anche nel mondo occidentale – rischia di soccombere di fronte al montante autoritarismo della politica

Se ciò avvenisse le conseguenze sarebbero di due ordini. Uno di tipo culturale: l’autonomia dalla politica è uno dei valori fondanti della moderna comunità scientifica. "Non parli di politica chi entra qui", sostenevano di fatto alla Royal Society di Londra già nel Seicento. Ma c’è di più: la libertà della scienza è uno dei valori fondanti della democrazia. Se viene erosa è la democrazia stessa che viene erosa. Gli attacchi alla libertà della scienza sono, dunque, un problema generale cui tutti i cittadini liberi dovrebbero reagire.

L’altra conseguenza è di tipo fattuale. L’ingerenza della politica nella prassi scientifica – in altre parole quando dicono agli scienziati cosa “devono” fare – si risolve sempre in una catastrofe. Nel caso dei cambiamenti del clima significa contrastare le azioni di prevenzione e di adattamento. Nel caso dei vaccini significa mettere a rischio la salute di centinaia di milioni se non di qualche miliardo di persone. E favorire quella registrata dal Pew Research Center negli USA a settembre: la perdita di fiducia nella scienza a tutto vantaggio della diffusione dell’irrazionalismo.

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