SOCIETÀ

Digital news report 2022: la crisi dei media parte dalla scarsa fiducia del lettore

93mila persone coinvolte in 46 diversi paesi, un lavoro mastodontico che offre uno spaccato di certo non positivo dell’informazione. Il Digital news report 2022 del Reuters Institute di Oxford lancia un campanello d’allarme per l’intero comparto informativo mondiale.

Se un anno fa, nel bel mezzo della pandemia, il report dava segnali positivi, ad oggi tutto sembra essere cambiato. Nel periodo pandemico l’industria dell’informazione ha vissuto un momento estremamente positivo, con grandi consumi, quindi molti lettori, e un aumento non indifferente delle sottoscrizioni agli abbonamenti. È importante ribadire che questo è un discorso su dati macro, quindi a livello mondiale, non vuol certo essere una disquisizione nel dettaglio italiano. È interessante però vedere come in un solo anno la situazione sia mutata, e non di poco.

Partiamo da un dato che riassume nel miglior modo possibile la situazione: il 38% delle persone evita in parte o del tutto le notizie. Una percentuale che varia molto da paese a paese ma che fa è comunque mediamente in crescita rispetto agli anni scorsi. Si passa dal 54% delle persone in Brasile al 14% del Giappone. L’Italia in questo caso è quasi nella media, con il 34% delle persone che nel 2022 dice di evitare in parte o del tutto le notizie. Un dato lievemente in controtendenza con il resto dei paesi analizzati in quanto nel 2019 la percentuale era del 36%.

Il disinteresse vero le notizie è confermato anche dalla percentuale che afferma di essere molto o estremamente interessata alle notizie. Dato che è diminuito drasticamente nel tempo, una tendenza che ha subito un'accelerazione nonostante la pandemia. Nel 2022 il Reuters Institute ha riscontrato un calo dell'interesse per le notizie nella stragrande maggioranza dei paesi inseriti nel sondaggio. In alcuni, come Argentina, Brasile, Spagna e Regno Unito, questi cali sono in corso da tempo, mentre negli Stati Uniti si è visto un andamento leggermente diverso. L'interesse è rimasto alto durante gli anni di Trump, ma sembra essere diminuito in modo significativo da quando Joe Biden è diventato presidente. 

Ci sono però alcuni paesi che sono in controtendenza rispetto a queste tendenze o in cui i declini stanno avvenendo più lentamente. Questi includono le nazioni più ricche dell'Europa centro-occidentale dove ci sono state meno turbolenze politiche o economiche negli ultimi anni.

Il 38% delle persone evita in parte o del tutto le notizie

Le motivazioni di questo calo di interesse sembrano essere chiare: le persone ritengono si parli troppo di politica e covid per il 43%, che le notizie abbiano un effetto negativo sul loro umore (36%), che ci siano troppe notizie (29%) o che l’informazione non sia abbastanza imparziale per il 29%. Il 16% infine la reputa tendenzialmente inutile e dichiara di non saperci cosa fare con l’informazione. Un dato questo, da non sottovalutare per comprendere a pieno la crisi che, anche e soprattutto nel nostro paese, stanno vivendo i giornali più mainstream.

La situazione italiana

Proprio analizzando i giornali italiani vediamo come, secondo il report, sia l’ANSA la testata su cui i lettori ripongono più fiducia (73%), seguita da Il Sole 24 Ore  (65%), SkyTg24 (65%) e Il Corriere della Sera (60%). Agli ultimi posti, tra quelle analizzate, troviamo Libero Quotidiano (40%) e FanPage (41%).

FanPage però è al primo posto tra i giornali online più letti, con il 21% delle persone che dice di leggerlo una o più volte a settimana. Al secondo posto troviamo TGCOM24, seguito da Ansa, SkyTG24 e La Repubblica. Agli ultimi posti, Il Post con il 7% e Open con 4%.

 

Per quanto riguarda invece i dati riferiti alle testate offline vediamo come i telegiornali della Rai la facciano ancora da padrone, seguiti dai TG Mediaset e da TGCom24.

Sempre guardando l’analisi del nostro paese vediamo come il 12% dichiara d’aver pagato per leggere delle news online e, con sorpresa, si nota che la fascia d’età che in percentuale ha acquistato più abbonamenti ai giornali è stata quella dai 18 ai 24 anni con il 21%. La fascia subito seguente, cioè 25-34 invece è quella che ha acquistato di meno (10%), dopo gli over 55 (9%).

Si leggono meno news, e se lo si fa si uno smartphone (69% contro il 43% desktop). Cresce però il mercato dei podcast. In Italia infatti il 29% ha dichiarato d’aver ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese. Che il calo sia dei lettori che della fiducia sia una questione che potremmo definire di usabilità è un tema che non sempre viene preso in considerazione. In Italia però il 60% delle persone si informa soprattutto attraverso contenuti testuali. Solo il 18% preferisce i video, ma a ben vedere la motivazione per cui la gente va verso i contenuti testuali è la cattiva esperienza con i video nei giornali. Significa che sono poco user friendly e soprattutto impregnati di pubblicità pre-roll.  

 

Un altro dato allarmante è quello delle persone che si sono registrate, gratuitamente, per leggere delle news. Un dato preoccupante sia a livello globale, con una media del 28%, sia a livello italiano in cui la percentuale è del 24%. Questo significa che si ha una scarsa fiducia della testata che richiede l’iscrizione che, anche se gratuita, non viene effettuata. Lo scetticismo si nota anche dalla percentuale di persone che dice di fidarsi del trattamento dei propri dati da parte degli editori: solo il 32% si fida.  

Insomma anche il comparto dell’informazione sembra essersi risvegliato bruscamente da un periodo dove le cose sembravano andar bene. L’aumento dei lettori avvenuto durante la pandemia non ha mutato di molto il mercato ed il rientro ad una sorta di normalità, che normalità non è vista la situazione inerente alla guerra russa in Ucraina, ha fatto scoprire tutte le mancanze e le difficoltà già note da tempo. 

L’analisi del Reuters Institute di Oxford è un utile punto di partenza per ragionare sul futuro dei media e dove loro vogliono andare.

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