SOCIETÀ

La discriminazione di genere è ancora troppo presente anche nelle istituzioni sociali

Solo pochi giorni fa avevamo ribadito come un’economia non possa svilupparsi realmente senza che tutti i suoi cittadini possano contribuire ugualmente. Era l’indice Women, business and the law, che evidenziava l’allarmante fatto che 2,4 miliardi di donne in età lavorativa non hanno pari opportunità economiche rispetto agli uomini e che sono ben 176 le economie mondiali in cui esistono ancora barriere legali che di fatto impediscono la piena partecipazione economica delle donne.

2,4 miliardi di donne in età lavorativa non hanno pari opportunità economiche rispetto agli uomini

Ora vogliamo analizzare un nuovo indicatore delle disparità di genere, il SIGI, cioè il Social Institutions and Gender Index, ideato dall’OECD. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con il SIGI misura appunto la discriminazione contro le donne nelle istituzioni sociali attraverso 179 diversi Paesi.

Questo indicatore è nato nel 2009 e da allora ha analizzato e documentato la persistenza delle discriminazioni di genere rispetto diversi sotto indicatori. Il SIGI è composto da quattro dimensioni, divise in 16 indicatori e 25 variabili sottostanti. Come abbiamo detto i dati raccolti riguardano 179 paesi, anche se nell’ultimo anno i Paesi realmente analizzati sono stati 140.

Il punteggio del SIGI va da 0 a 100, dove 0 indica che non c’è nessuna discriminazione e 100 indica una discriminazione assoluta. Le quattro macro sezioni sono: discriminazione all’interno della famiglia, restrizioni fisiche, restrizioni di accesso alle risorse finanziarie e restrizioni alle libertà civili. Tutte queste assieme vanno a formare il Social Institutions and Gender Index.

Discriminazioni all'interno della famiglia

La prima categoria che analizziamo è quella della discriminazione all’interno della famiglia. La domanda che sta alla base dell’indicatore è se uomini o donne hanno lo stesso “potere decisionale” all’interno della famiglia. Guardando ai risultati vediamo come ci sono tre Paesi in cui la discriminazione è risultata essere superiore ai 90 punti. Sono il Brunei, in Asia, con 91 punti, il Qatar e l’Iran, rispettivamente con 92 e 93 punti su 100. 

Estonia, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Olanda e Taipei sono risultate essere le nazioni in cui non c’è discriminazione all’interno della famiglia.

Il secondo indicatore che prendiamo in considerazione è quello della percentuale di matrimoni per giovani tra i 15 ed i 19 anni. Il primo dato che balza all’occhio è la grande differenza che c’è tra i due sessi. Ci sono situazioni estreme, come il Niger in cui il tasso di matrimoni tra minorenni è del 66% per le ragazze e del 9% tra i ragazzi, ma tendenzialmente vediamo come per le donne la percentuale sia sempre più alta. In 8 doversi Paesi tale percentuale supera il 30%, un dato che per gli uomini non è mai raggiunto in nessuna delle economie analizzate. Il dato più alto per i ragazzi lo ritroviamo in Malawi con il 18%.

Gli indicatori che compongono le discriminazioni all’interno della famiglia poi sono nove. Nel grafico sottostante sono espressi in modo esaustivo tutti i dati.

Limiti all’integrità fisica

La seconda dimensione, o magri categoria, analizzata dal Social Institutions & Gender Index è quella dell’integrità fisica delle persone. Significa capire se le donne sono protette da ogni forma di violenza, compresa soprattutto la violenza da parte del partner, lo stupro e le molestie sessuali e le mutilazioni genitali femminili.

I sottoindicatori vanno dall’esistenza nel Paese di leggi che proteggono la violenza, all’accettazione della violenza da parte del partner, dalle leggi contro le mutilazioni genitali femminili fino alle leggi sull’aborto. 

La prima variabile che analizziamo è proprio quella della presenza o meno di leggi che tutelano le donne dalla violenza. L’indicatore va da zero a 100, dove zero significa che nel Paese esiste una legge che tutela dai delitti d'onore, dalla violenza da parte del partner, dagli stupri e dalle molestie sessuali. Il secondo step (25), riguarda gli Stati in cui queste leggi esistono ma il loro approccio non è del tutto completo, come ad esempio per mancanza di disposizioni specifiche, o nel caso non tutti i tipi di violenza siano coperti.

Nel gruppo successivo (50) ci sono i Paesi in cui queste leggi esistono ma coesistono anche eccezioni che riducono le pene per la violenza domestica o la legge non riconosce lo stupro coniugale. Gli utlimi due gruppi (75 e 100) riguardano invece tutti quegli Stati in cui o ci sono leggi che però non proteggono da alcune forme di violenza, come ad esempio dai delitti d’onore o dagli stupri, oppure addirittura quelli, come l’Iraq o la Guinea Equatoriale, in cui la legge non tutela le donne da nessuna forma di violenza, che sia violenza da parte del partner, stupro o molestie sessuali.

La seconda variabile che fa parte dell’indicatore sui limiti all’integrità fisica è quello legato alla percentuale di donne che accettano la violenza del partner. Più precisamente i dati provenienti dall’eurobarometro e dalla WHO analizzano la percentuale di donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni che ritengono giustificato un marito che picchi la moglie in determinate circostanze.

Il Paese peggiore da questo punto di vista attualmente è l’Afghanistan, mentre la percentuale è dell’1% in Lituania, Irlanda e Bosnia.

Kuwait, Mali, Myanmar, Namibia, Arabia Saudita, Singapore, Suriname, Syria e Yemen invece sono gli unici Paesi inseriti nel SIGI che non hanno alcuna legge che protegge le donne dalle mutilazioni genitali.

Accesso limitato alle risorse produttive e finanziarie

La terza dimensione riguarda l’analisi di quali e quanti Paesi hanno ancora discriminazioni riguardanti l’aspetto finanziario. 

Sudan, Mauritania, Niger, Camerun e Chad sono tutte superiori a 80 punti, il che significa che in questi luoghi la discriminazioni è quasi totale. I sottoindicatori in questo caso vanno dal gender gap nella possibilità di essere proprietari terrieri o nel possedere una casa alla possibilità o no d’avere un conto in banca, dalla considerazione se un uomo debba avere più diritti della donna nel lavoro fino al gender gap nelle posizioni di potere manageriale. In quest’ultimo caso, in particolare riguardando delle posizioni da top manager, vediamo come siano solamente due gli Stati che superano la soglia del 50%.

Diritti civili

L’ultima variabile del SIGI riguarda i diritti civili. Analizza cioè se donne e uomini hanno gli stessi diritti di cittadinanza o nazionalità, se hanno la possibilità di viaggiare liberamente all'interno e all'esterno del proprio Paese a parità di condizioni, se hanno gli stessi diritti legali di voto o di ricoprire cariche pubbliche e politiche

Di particolare interesse il sottoindicatore che mostra come tra gli Stati inseriti nell’analisi solamente in sei di questi esiste una parità tra sessi all’interno del parlamento. 

Il SIGI ci offre uno spaccato completo e complesso di come la situazione di disparità tra sessi sia globalmente ancora estremamente presente. In molti caso abbiamo visto che la discriminazione è quasi totale. Un indice, il SIGI, che però ci fa capire che anche nelle economie più avanzate il gender gap è una tematica da affrontare, perché la parità di diritti è ancora lontana dall’essere tale.

 

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