SCIENZA E RICERCA

Dna di batteri nel nostro genoma

Abbiamo recentemente parlato di olobionte, una definizione allargata di organismo vivente che include i microrganismi che lo abitano (microbiota). L'ipotesi proposta da alcuni autorevoli biologi è che ciascun individuo sia in realtà un ecosistema che evolve come un'unica unità. L'idea è accattivante, ma ancora lontana da una completa affermazione. Numerose ricerche sono necessarie per testarne la validità e un filone riguarda i meccanismi di ereditarietà: come viene ereditato il microbiota da una generazione all'altra?

Per quanto riguarda i mammiferi, e dunque anche noi, un recente studio su Science ha mostrato che la maggior parte del microbiota viene ereditato verticalmente dalla madre ai figli. Questo poi risente, dopo la nascita e nel corso di tutta la vita, dell'interazione con l'ambiente e con gli individui della comunità di appartenenza.

I batteri però sono famosi per aver fatto del trasferimento orizzontale di geni una strategia adattativa consolidata: è così che sviluppano la resistenza agli antibiotici. Può però capitare che il trasferimento non avvenga solo tra batterio e batterio, ma anche tra batterio e organismo ospite.

Un lavoro condotto da Richard Cordaux, dell'università di Poitiers in Francia, ha mostrato che una porzione di genoma del batterio Wolbachia si è integrata direttamente in un cromosoma del suo organismo ospite, un crostaceo di terra (Armadillidium vulgare), arrivando a influenzarne addirittura la determinazione del sesso. Un altro studio ha trovato che che il Dna di Wolbachia è stato interamente trasferito all'interno di un moscerino della frutta, Drosophila ananassae, arrivando a costituire il 2% del suo intero genoma.

Wolbachia è un batterio che vive all'interno dei tessuti riproduttivi di quasi il 50% delle specie di insetti artropodi e ha evoluto numerose strategie per aumentare le possibilità di venire trasmesso da una generazione all'altra attraverso le uova. Per questo è il batterio più studiato per misurare gli eventi di trasmissione orizzontale di geni.

Grazie all'abbattimento dei costi di sequenziamento dei genomi e alle tecniche di analisi affinate nel tempo, le ricerche accumulatesi negli ultimi anni hanno mostrato che gli eventi trasmissione orizzontale di geni dai batteri ai loro ospiti non sono così rari come un tempo si pensava. Alcune specie sono interessate più di altre: si stima che più del 20% delle specie di insetti abbia inglobato nel proprio genoma in forma stabile sequenze di Dna batterico.

Il meccanismo attraverso cui avviene il trasferimento non è ancora del tutto compreso. I più ritengono che ci sia lo zampino del caso. La molecola di Dna è continuamente soggetta a rotture e riparazioni: è plausibile che nel pescare pezzi di ricambio, ogni tanto venga afferrata una porzione di Dna batterico (un plasmide) fluttuante in ambiente cellulare.

La maggior parte degli eventi di trasmissione orizzontale di geni tuttavia non porta con sé vantaggi funzionali per l'organismo ospite. Di conseguenza, le sequenze batteriche o vengono eliminate o entrano a far parte di quella vasta gamma di sequenze di Dna che non ricoprono alcuna funzione specifica.

Può capitare tuttavia, dopo aver aggirato numerosi ostacoli, che ogni tanto alla sequenza batterica acquisita dall'organismo ospite venga assegnato un ruolo. Wolbachia è responsabile della determinazione del sesso di Armadillidium vulgare. Lo scarafaggio del caffè ha acquisito da un batterio intestinale un gene che codifica per un enzima (la mannanasi) che consente all'insetto la digestione di un polisaccaride del caffè. Una vespa parassitoide invece ha acquisito da un batterio la capacità di produrre diverse tossine che utilizza per neutralizzare il sistema immunitario e il metabolismo delle sue vittime.

E per quanto riguarda il trasferimento orizzontale di geni da batteri a uomo? Le prime analisi del genoma umano pubblicate nel 2001 suggerivano che poco più di 200 sequenze codificanti per una proteina fossero di origine batterica. Molte di queste sequenze furono scartate da analisi successive. Uno studio del 2015 ha confermato 17 delle sequenze già identificate e ne ha trovate 128 di nuove. I geni di origine batterica presenti nel genoma umano sarebbero dunque nell'ordine dei 150.

I batteri esistono però da miliardi di anni, Homo sapiens invece solo da qualche centinaia di migliaia anni. È difficile dire esattamente quando questo trasferimento orizzontale sia avvenuto. Sicuramente non dobbiamo preoccuparci di subire modifiche al Dna se la mattina non ci accorgiamo di macchiare il caffè con un goccio di latte scaduto.

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