SCIENZA E RICERCA

Fare la storia: con la genetica e l'archeologia

Qualche settimana fa è mancato Luigi Luca Cavalli Sforza, genetista italiano che trascorse gran parte della sua carriera a Stanford, padre di alcuni dei più importanti sviluppi della genetica delle popolazioni, quel ramo della biologia che attraverso il dato genetico studia l'evoluzione e le migrazioni di popolazioni recenti e antiche.

Cavalli Sforza è stato uno dei primi a capire che per ricostruire le origini di una popolazione umana e le sue migrazioni, è necessario incrociare dati eterogenei: al dato genetico andava affiancato il dato storico, archeologico o linguistico. Manifesto di questo approccio è stato il suo libro Geni, popoli e lingue, pubblicato per Adelphi. Seguire nello spazio e nel tempo la traccia di questi cambiamenti consente di ricostruire la storia di un popolo.

Uno studio pubblicato su Nature Communications, che ha visto coinvolto un team internazionale di storici, archeologi, antropologi e genetisti (guidato da ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, del Max Planck Institute di Jena, dell’Università Stony Brook di New York e dell’Institute for Advanced Study di Princeton), cui ha preso parte anche Maria Cristina La Rocca, storica medievale dell'università di Padova, si è concentrato su una popolazione nota per avere invaso la penisola italica a partire dal VI secolo e per averla occupata per circa 200 anni: i Longobardi. Questi gruppi lasciarono ben poche testimonianze del loro passaggio, le ricostruzioni delle loro società si basano dunque su sporadici dati archeologici e storici.

Fino ad ora si supponeva questo popolo venisse dalla Pannonia, un'antica regione compresa tra il Danubio e la Sava, che comprende la parte occidentale dell'attuale Ungheria. Ma molto poco era noto in merito alla loro composizione sociale: erano gruppi culturalmente e etnicamente omogenei o piuttosto erano confederazioni di individui riunite per opportunismo? Vi era una struttura di parentela consolidata al loro interno? A queste strutture di parentela corrispondevano specifici tratti culturali?

In questa intervista rilasciata a Il Bo Live Maria Cristina La Rocca racconta la genesi di questo lavoro. Sono stati prelevati 63 campioni da due cimiteri, uno ungherese (Szólád) e uno italiano (a Collegno, vicino Torino). Lo studio trova anche due principali gruppi di discendenza e i dati genetici confermano la migrazione dalla Pannonia: questa popolazione ha componenti genetiche del centro e del nord Europa, ha vissuto a nord del Danubio e a est del Reno, e ha migrato verso l'Italia. Inoltre gli individui di ciascun gruppo che condividono una discendenza comune, quindi una parentela, condividono anche tratti culturali comuni. Questo ci dice qualcosa di importante su come erano probabilmente organizzate queste società alto medievali e ci dice anche che i Longobardi non erano affatto così “barbari” come pensavamo.

Intervista a Maria Cristina La Rocca

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