SOCIETÀ

Finanziamenti alle imprese: regole o discrezionalità?

Le sovvenzioni pubbliche alle imprese localizzate in aree svantaggiate sono componenti essenziali delle politiche di spesa nazionali: basti pensare che nel 2014-2020 gli Stati Uniti hanno investito in questo modo 61 miliardi di dollari all'anno, l'80% in finanziamenti diretti e crediti d'imposta, mentre nello stesso periodo il Fondo europeo di sviluppo regionale (Erdf) promosso dall'Ue ha impiegato 279 miliardi di euro (46,5 l'anno), ai quali vanno aggiunte anche le cifre messe a disposizione dai singoli Stati membri.

Risorse impressionanti che però pongono un problema: qual è il modo migliore per assegnarle? Distribuendole alle singole imprese esclusivamente sulla base di criteri oggettivi, oppure dando voce in capitolo anche alla politica? Proprio al rapporto tra regole e discrezionalità nella distribuzione delle sovvenzioni pubbliche è dedicato lo studio curato da Federico Cingano (Banca d’Italia), Filippo Palomba (Princeton University), Paolo Pinotti (Università Bocconi) ed Enrico Rettore (Università di Padova). Making subsidies work: rules vs. discretion, questo il nome della ricerca presentata a Padova nel corso della conferenza annuale della European Association of Labour Economists (Eale), indaga in particolare sull'impatto della Legge 488/92 , il più grande programma di sussidi agli investimenti mai realizzato in Italia e uno dei maggiori in Europa, che tra il 1996 e il 2007 ha finanziato 77.000 progetti di investimento tramite 35 bandi, per un totale di quasi 26 miliardi di euro (in parte provenienti dall’Erdf).

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Barbara Paknazar

La prima notizia è che i sussidi hanno generalmente un impatto positivo sull’economia. “Le sovvenzioni esaminate hanno aumentato l’occupazione nelle imprese percipienti: osservazione che a prima vista può sembrare banale ma che non era affatto scontata”, commenta uno degli autori Paolo Pinotti, che alla Bocconi si occupa proprio di policy evaluation, oltre che dell’impatto del crimine sull’economia. Dati che in parte scagionano la legge 488 dalle accuse di aver favorito negli anni sprechi e inefficienze: secondo lo studio infatti le aziende beneficiarie in media hanno aumentato gli investimenti di quasi il 40%, generando un aumento dell'occupazione del 10%, che nei tre anni successivi alla fine della sovvenzione sale addirittura al 17%. È stato inoltre osservato che le imprese sovvenzionate non si sono rafforzate a spese delle altre, generando quindi un aumento netto dell'occupazione locale. I finanziamenti hanno infine aumentato anche la sopravvivenza aziendale, mentre non c’è stato un grosso impatto sui ricavi, ovvero sulla produttività.

Questo non significa che tutte le tipologie di intervento abbiano la stessa efficacia. La seconda parte della ricerca documenta infatti come l’efficacia dei sussidi sia cambiata in seguito all’introduzione di una modifica che inseriva una maggiore discrezionalità, dando l’opportunità ai politici locali di esprimere valutazioni sui singoli progetti. “Abbiamo osservato che le aziende che avevano ricevuto fondi in virtù delle qualità oggettive dei progetti presentati generavano più occupazione rispetto a quelle che ne dovevano la percezione soprattutto alla valutazione discrezionale da parte della politica”, continua Pinotti. Con il contributo anche dell’intelligenza artificiale nell’analisi dei dati, i ricercatori hanno ad esempio dimostrato che rispetto a quella oggettiva la componente discrezionale tende a favorire soprattutto imprese più piccole che chiedono sovvenzioni relativamente maggiori.

Dal punto di vista metodologico il gruppo di ricerca è partito dall’esame delle graduatorie dei diversi bandi di assegnazione, confrontando le ultime imprese classificate tra quelle che avevano ricevuto fondi pubblici e quelle che avevano il punteggio più alto tra le escluse, in modo da formare due gruppi abbastanza simili per composizione e caratteristiche. Una metodologia che riprende gli studi sulla causalità e i natural experiments condotti da David Card, Joshua Angrist e Guido Imbens, vincitori nel 2021 del Nobel per l’economia.

I finanziamenti pubblici possono far bene alle imprese, ma non tutti i criteri di attribuzione hanno gli stessi effetti

Un modo di procedere che potrebbe rivelarsi particolarmente utile all’opinione pubblica e alla politica nella valutazione delle politiche economiche. Spesso infatti, secondo Pinotti, “che si parli di reddito di cittadinanza piuttosto che di pensioni o di sussidi a imprese e famiglie, rischiamo di prendere decisioni anche molto importanti al buio, basandole su semplici impressioni o addirittura sulla propaganda”. Un atteggiamento tanto più pericoloso nel momento in cui si dibatte molto del PNRR, il grande programma europeo da oltre 200 miliardi di investimenti. Come possono allora contribuire la scienza economica e gli economisti a spendere effettivamente questi soldi nel miglior modo possibile? “Innanzitutto studiando i dati ed evidenziando i punti di forza delle politiche passate ed eventualmente gli errori da non ripetere – risponde lo studioso –. Si potrebbero poi prevedere delle fasi pilota, in cui sperimentare gli effetti di determinate scelte prima di erogare il grosso dei fondi”.

Non solo: in una primissima fase si potrebbe persino decidere di attribuire parte delle risorse a disposizione in maniera casuale a un campione di imprese, per poi confrontarne le prestazioni con quelle di un gruppo di controllo composto con gli stessi criteri. Un vero e proprio esperimento sociale potrebbe suscitare dubbi in qualche osservatore, “ma che è già stato messo in pratica con successo in altre parti del mondo – conclude Pinotti –. Magari si tratta di un’idea difficile da trasmettere e da accettare, ma in fondo è quello che si fa già con vaccini e medicinali…”.

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