SCIENZA E RICERCA

Fiori e insetti: un legame vitale

Il mistero dell'uovo o della gallina è noto a chiunque. Quello che forse non tutti sanno è che un enigma analogo esiste anche nel mondo vegetale: sono nate prima le angiosperme o gli insetti impollinatori? La questione che tormenta i ricercatori da secoli, è stata recentemente riproposta all'attenzione del pubblico da uno studio pubblicato su Science. Nell'articolo si mette in evidenza come le angiosperme siano probabilmente più antiche di quanto non si pensasse e si sottolinea la relazione tra la datazione della loro genesi e quella degli insetti pronubi.

L'origine delle angiosperme, preziosa fonte di nutrimento per l'uomo, è strettamente legata a quella degli insetti impollinatori che ne garantiscono la riproduzione. Grazie a caratteristiche di adattamento che permettono loro di sopravvivere in ambienti molto diversi, questi organismi rappresentano attualmente l'ultimo stadio evolutivo delle specie vegetali e ricoprono circa il 90% della superficie terrestre occupata da piante.

Attualmente, gli approcci più utilizzati per stabilire la loro genesi sono due: la datazione di reperti fossili e le analisi molecolari. Al primo metodo hanno fatto ricorso i paleobotanici che, sulla base di alcuni ritrovamenti, hanno ipotizzato un primo sviluppo di queste piante nel Cretacico. Tuttavia, una ricerca condotta sulle sequenze genetiche di quasi 3mila genomi di cloroplasti di angiosperme, ne retrodata la nascita al tardo Triassico (più di 250 milioni di anni fa), suggerendo che le principali diversificazioni delle specie si siano verificate tra 165-100milioni di anni fa e non durante il periodo Cretacico, come vorrebbero i paleobotanici. Nessuno dei due approcci è privo di punti deboli. In primo luogo i reperti fossili sono rari e spesso le caratteristiche più importanti della pianta non sono conservate, dal momento che essa tende a disperdere ogni sua parte. Può inoltre venire a crearsi un grande stacco temporale tra il periodo d’origine della specie e il primo fossile riconoscibile per il fatto che solitamente questo tipo di reperto si forma quando un gruppo di organismi esiste già da tempo. D'altro canto, un ritrovamento fortunato può fornire molte informazioni sulla forma, la funzione, la diffusione e gli stadi evolutivi di una determinata specie - dati estremamente rilevanti sono ad esempio registrati nel polline.

Lo studio del DNA, invece, ricostruisce la distribuzione dei tassi di mutazione di un determinato gruppo di piante nell’arco del tempo. Queste sono però variabili difficili da valutare e spesso tale metodo porta a retrodatare di molto l'inizio di un fenomeno.

Non si hanno maggiori certezze sull'origine degli insetti impollinatori. Le prime diversificazioni importanti - coleotteri, ditteri, lepidotteri - sembrano essersi verificate nel Triassico e poi in modo ancora più marcato nel Cretacico, ovvero il periodo di maggior diffusione delle angiosperme. Tuttavia, si è a lungo discusso sul momento in cui i primi insetti hanno iniziato a impollinare le piante con fiore. Ad esempio, sulla base di reperti fossili è stato ipotizzato che i lepidotteri si siano diffusi nel tardo Triassico (circa 200milioni di anni fa), ma un recente studio condotto sulle sequenze genetiche di gran parte di essi ne ha retrodatato l'origine a 300milioni di anni fa.

Individuare il momento in cui questi insetti nacquero e si evolsero è importante per capire le relazioni tra loro (impollinatori) e le piante. Se infatti le angiosperme si fossero sviluppate prima del Giurassico, ciò avrebbe profonde implicazioni per comprendere l'evoluzione degli insetti. Vi sono pochi dubbi sul fatto che questi contribuirono in modo decisivo a produrre un radicale e improvviso aumento delle angiosperme, tuttavia, rimane oscuro quale fattore abbia innescato uno sviluppo così immediato e diffuso.

A lungo si è ritenuto che l'elemento determinante risiedesse in un mutamento della modalità di impollinazione, ovvero il passaggio da un'impollinazione anemofila nelle gimnosperme a una animale nelle angiosperme. Questa rigida distinzione è stata però messa in discussione da alcuni ritrovamenti fossili di gimnosperme, che hanno dimostrato la loro capacità di essere impollinate anche da insetti. Il fatto ancor più interessante è che attualmente troviamo gruppi di gimnosperme (miaetales, ephedra) in cui sono presenti entrambe le possibilità di riproduzione, ma sembra che attraverso l'impollinazione animale queste piante forniscano performance migliori e siano quindi più produttive. Quello che si suppone è che queste specie viventi possano essere le più vicine a quel progenitore ancestrale delle angiosperme di cui non ci è giunta traccia. Infatti, le miaetales erano una categoria già presente in abbondanza nel tardo Giurassico e all'inizio del Cretacico, prima di ridursi come tutte le altre gimnosperme, in seguito al rapido sviluppo delle angiosperme.

Come avrebbero fatto le gimnosperme ad attrarre gli insetti, visto che queste non producono fiori? Si parla di "goccia di impollinazione", ovvero una stilla di acqua e di sostanze zuccherine concentrate fino al 75%, molto simile al nettare prodotto dai fiori. Sulla goccia vanno a posarsi granuli di polline trasportati dal vento o dagli insetti che, attirati dagli aromi del succo, se ne cibano e nel contempo depositano il polline rimasto attaccato alle zampe. Grazie alla presenza di acqua all'interno della goccia, gli impollinatori non vi rimangono invischiati; i soli a rimanere appiccicati sono i granuli di polline che lentamente penetrano nel seme e lo fecondano.

Ad ogni modo, lo stretto legame che esiste fra impollinatori e angiosperme non è da sottovalutare né per lo studio del passato né in previsione di sviluppi futuri. Infatti, vi sono angiosperme - come le orchidee - che presentano strategie floreali talmente raffinate e specifiche da prevedere l'impollinazione solo da parte di una particolare specie di insetto che, se dovesse estinguersi, porterebbe alla conseguente scomparsa della pianta - a meno che questa non sia in grado di adattarsi in tempo utile al cambiamento. Il problema riguarda molto da vicino l'uomo, considerato che le angiosperme rappresentano una delle sue principali fonti di nutrimento.

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