SCIENZA E RICERCA

La fragilità del territorio italiano tra frane ed alluvioni

In Italia l’8,7% delle aree è a rischio medio o alto di frana. Il dato è indubbiamente allarmante ma consolidato nel tempo. Il nuovo rapporto sul dissesto idrogeologico redatto dall’Ispra, delinea una situazione che, alla luce anche della crisi climatica, merita un’attenzione particolare da parte della politica. L’adattamento alle nuove condizioni climatiche è necessità stringente per cercare di vivere in un futuro desiderabile, che sembra essere più prossimo di quanto pensassimo. Purtroppo l’estate appena passata ci ha messo di fronte a situazioni complesse, dalla siccità alle frane fino a fenomeni intensi che hanno provocato inondazioni. Proprio sulle frane e sul rischio idraulico l’Ispra concentra parte del suo studio. I risultato parlano chiaro: complessivamente il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera.

Va da sé quindi considerare il dissesto idrogeologico un tema di particolare rilevanza per il nostro Paese. Tema su cui bisogna concentrare sforzi e visione per rendere più sicuro il luogo in cui viviamo. Dal rapporto Ispra infatti sappiamo che in Italia ci sono 1,3 milioni di abitanti a rischio frane e 6,8 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Quasi un quindo dell’intero territorio nazionale (18,4%) è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni ed il 17,9% delle coste basse italiane è in erosione, per un totale di 841 km di litorali. 

Il rischio frane

In Italia il 20% del territorio è attenzionato per un rischio frane. La percentuale raccoglie anche i rischi più bassi ma vediamo come alcune regioni di fatto siano totalmente soggette a questa dinamica, considerando anche che globalmente l’Italia ha un territorio che è per il 75% montano-collinare. La Valle d’Aosta ad esempio ha il 94,9% della sua area a rischio frane mentre le regioni che possono stare più tranquille, ma anche in questo caso bisogna analizzare localmente territorio per territorio in quanto sono comunque regioni montuose, sembrano essere il Veneto ed il Friuli Venezia-Giulia (2,5% e 2,7%).

Con il Progetto IFFI l’Ispra ha realizzato un Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia che ha censito oltre 625.000 fenomeni che hanno interessato un’area di quasi 24.000 km2, cioè il 7,9% del territorio nazionale. Il 28% di queste frane sono stati eventi caratterizzati da velocità elevate e da elevata distruttività, e che hanno avuto anche un impatto sull’uomo in termini di decessi. L’Ispra ricorda in particolare le frane accadute in Versilia (1996), a Sarno e Quindici (1998), in Piemonte e Valle d'Aosta (2000), in Val Canale - Friuli Venezia Giulia (2003), a Messina (2009), a Borca di Cadore (2009), in Val di Vara, Cinque Terre e Lunigiana (2011), in Alta Val d'Isarco (2012), a San Vito di Cadore (BL) (2015), in località Madonna del Monte (SV) (2019) e a Chiesa in Valmalenco (SO) (2020). 

Se fin qui abbiamo capito quanto le frane siano possibili e presenti nel nostro territorio, è importante analizzare quante sono le persone realmente a rischio. In questo caso prendiamo in considerazione solamente i due rischi più alti, cioè quelli classificati ad elevato (p3) e molto elevato (p4) rischio. Queste aree derivano dalla nuova mosaicatura nazionale dell’Ispra che ha classificato la pericolosità in cinque classi diverse. Le più alte sono la P4 e la P3, in cui nella prima sono consentiti esclusivamente interventi di demolizione senza ricostruzione o i interventi strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, ma senza aumenti di superficie o di volume e senza cambiamenti di destinazione d’uso. Come abbiamo visto precedentemente l’8,7% del nostro territorio è incluso in queste due classi, con medie regionali che vanno dall’81,9% della Valle d’Aosta allo 0,7% del Veneto. A questo poi bisogna anche aggiungere che dal confronto tra l’ultima mosaicatura nazionale Ispra e quella del 2017 si è riscontrato un aumento dello 0,8% della superficie complessiva classificata dai PAI (classi P4, P3, P2, P1 e AA) (Tabella 1.7) e del 3,8% delle classi a maggiore pericolosità ( P3 e P4).

In totale nelle zone a rischio frane vivono complessivamente 5,7 milioni di abitanti, di cui quasi mezzo milione è residente in aree a pericolosità molto elevata(P4). Se invece consideriamo le 2 classi a maggiore pericolosità (P3+P4) la popolazione a rischio frane è di 1,3 milioni di abitanti, cioè il 2,2% del totale.

In Italia poi ci sono 1,8 milioni di edifici a rischio frane, di cui 565mila in aree classificate P3 e P4. La provincia di Salerno è quella con più edifici a rischio (31.379), seguita dalla provincia di Genova (20.672), Torino (19.526) e Lucca (18.846).
 

Il rischio alluvioni

Se per le frane la situazione italiana non è da sottovalutare, non va meglio se si analizza il rischio idrico, cioè le alluvioni. In questo caso iniziamo subito con il dire che il 3,5% della popolazione nazionale risiede in aree a pericolosità/probabilità elevata. Un dato che in termini quantitativi significa che quasi due milioni e mezzo di abitanti (2.431.847) sono a rischio elevato di alluvione.  Se invece si prende in considerazione la pericolosità/probabilità media (MPH) la popolazione esposta è di 6.818.375 abitanti, cioè l’11,5%. 12.257.427 abitanti invece sono residenti in aree in cui lo scenario è di pericolosità/probabilità bassa (LPH) con una percentuale di popolazione residente in aree allagabili del 20,6% della popolazione totale nazionale. 

La regione con l’area maggiormente a rischio elevato di alluvione è l’Emilia-Romagna, seguita dalla Calabria. Nella prima poi, il 9,9% della popolazione è ad elevato rischio causa alluvioni, un dato secondo solamente a quello calabro (12,1%).

Se consideriamo le province invece, vediamo come il 23,9% della provincia di Ferrara è considerato ad alta pericolosità idraulica, seguito da Crotone (23,6%) e Venezia (23,3%). Quelle che invece sembrano essere più “sicure” da questo punto di vista sono le province di Bolzano, Trento e Macerata.

Il rapporto Ispra ci mette nuovamente di fronte alla fragilità del nostro territorio. Sono tutti dati fondamentali per iniziare subito, dove non sono già in atto, delle politiche di adattamento al nuovo clima e di prevenzione. Qui si parla direttamente di vite umane a rischio e purtroppo l’estate appena passata ci ha fatto capire come tale rischio si molto reale.

 

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