SOCIETÀ

La giornata mondiale del rifugiato 2023, fughe e altri accidenti

La fuga è uno dei primissimi fenomeni dell’agentività biologica sull’ecosistema terrestre. Un individuo vitale sopravvive per un lasso di tempo, fino alla morte. Una comunità di individui vitali e una stessa specie biologica per sopravvivere devono avere una qualche capacità di riprodursi, sopravvivere almeno fin quando non esistono altri individui vitali e riproduttivi della stessa specie, coevi e successivi, nello stesso ecosistema locale o altrove. Ogni specie ha avuto di fronte il problema della fuga: a proprio modo (evolutivo ed evoluto), in genere non solo il singolo individuo. Quasi sempre e quasi ovunque, per sopravvivere capita di dover saper fuggire, in occasione della necessità e del pericolo di vita. Tanti individui sono morti e tante specie si sono estinte sulla Terra per l’incapacità di fuga al momento giusto, oppure per la maturata capacità di fuga e per l’incapacità successiva di adattamento e riproduzione nel nuovo contesto biologico.

I rifugiati umani hanno a che vedere con i “fuggiti” sopravvissuti, con chi fra i sapiens contemporanei ha agito una qualche fuga per la sua sopravvivenza. Esistono dalla notte dei nostri tempi, una capacità evolutiva di fuga sia da pericoli esterni che da dinamiche interne alla specie. Sono stati fra i protagonisti del popolamento umano di ogni continente e di ogni ecosistema, in ogni loro anfratto, ed esistono da prima della progressiva diacronica svolta stanziale. Sono debitore all’ultimo bel romanzo di Manzini della serie Schiavone circa questa bella frase di Emily Dickinson: “quando sento la parola fuga, il mio sangue scorre più veloce, sorge in me improvvisa la speranza e son pronta a volare”. Risulta davvero impossibile calcolarne il numero orientativo e percentuale nei vari periodi geologici, negli sviluppi delle varie comunità umane erranti o nomadi, nelle varie fasi preistoriche e storiche, fra le varie civiltà e poi ora con gli Stati. Una volta sopravvissuto, si perdono o si vogliono dimenticare le tracce della fuga e del rifugio, ci si inserisce altrove, bene o male e si diventa parte di un’altra storia riproduttiva.

Nell’ultimo secolo calcoliamo il numero presunto di coloro che hanno chiesto o trovato rifugio fuori dall’organizzazione statuale precedente. Fin dall’inizio del secolo scorso e, comunque, da quasi ottanta anni vi è un apposito Alto Commissariato che certifica e ufficializza lo status personale di rifugiato, sulla base delle disposizioni di trasparenti norme internazionali. Pare che il numero complessivo sia in costante crescita, il 20 giugno si celebra la giornata Onu ed escono adesso i dati relativi al 2022. Abbiamo già in precedenza esaminato tendenze, caratteri e senso di una giornata mondiale dedicata giustamente a capire e sensibilizzare la complicata esistenza dei e sottolineato come pure nel nuovo millennio il numero effettivo è molto superiore a quello dei censiti, internazionali e interni sulla base della Convenzione di Ginevra.

Il Global Trend 2023 dell’Unhcr s’inserisce in un quadro noto e fissa la cifra fatidica a 108,4 milioni. La guerra in corso in Ucraina dopo l’aggressione russa, insieme ai conflitti in altre parti del mondo e agli sconvolgimenti provocati dai cambiamenti climatici antropici globali, hanno costretto un numero “record” di sapiens a fuggire dalle proprie case nel 2022, acuendo l’urgenza per un’azione immediata e collettiva in risposta alle cause e all’impatto della fuga, allo sfollamento e alla sopravvivenza altrove. A fine 2022 il numero di persone costrette a fuggire da guerre, persecuzioni, violenza e violazioni dei diritti umani era salito appunto a 108,4 milioni, con un aumento senza precedenti di 19,1 milioni rispetto all’anno precedente. La tendenza alla crescita globale non mostra certo segni di eventuale rallentamento, anche a causa dello scoppio del conflitto in Sudan che sta provocando nuovi ulteriori esodi forzati da inizio anno, spingendo a oltre 110 milioni il numero totale delle persone in fuga già a fine maggio 2023.

L’invasione dell’Ucraina è stata il motore principale: il numero di rifugiati ucraini è salito da 27.300 alla fine del 2021 a 5,7 milioni alla fine del 2022, costituendo così il più rapido esodo di rifugiati al mondo dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il numero di rifugiati dall’Afghanistan è cresciuto nettamente alla fine del 2022 a causa della revisione delle stime dei cittadini afghani ospitati in Iran, molti dei quali erano arrivati negli anni precedenti. Allo stesso modo, il rapporto riflette le revisioni al rialzo da parte di Colombia e Perù del numero di venezuelani, ormai da vari anni per lo più classificati con la generica definizione di “altre persone bisognose di protezione internazionale”, ospitati in quei paesi limitrofi.

Colpisce un dato nel nuovo report: a livello globale, l’ottanta per cento dei sapiens costretti a lasciare la loro casa, la loro comunità e il loro ecosistema proviene da paesi in emergenza climatica, dove spesso i conflitti interni o le violenze sono scatenate proprio dalla drammatica lotta per accaparrarsi le poche risorse disponibili, oppure laddove, come prevedibile (e previsto dagli scienziati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change), stanno crescendo di frequenza e intensità gli eventi meteorologici estremi.

Del totale globale, 35,3 milioni sono veri e propri Refugees, persone che hanno attraversato un confine internazionale in cerca di sicurezza, mentre la quota relativamente più numerosa del totale (il 58%, ovvero 62,5 milioni di persone) è riferita agli sfollati rimasti all’interno dei propri paesi, delocalizzati per conflitti, violenze, disastri ed eventi estremi, internally displaced people. I numeri confermano soprattutto che, sia in base a misure economiche che in rapporto alla popolazione, sono sempre i paesi a medio e basso reddito a ospitare la maggior parte delle persone in fuga. I 46 paesi meno sviluppati rappresentano meno dell’1,3% del prodotto interno lordo globale, eppure ospitano più del 20% di tutti i rifugiati. Il rapporto Unhcr segnala inoltre che purtroppo i fondi disponibili nel 2022 per far fronte alle molte crisi di rifugiati in corso e per sostenere le comunità che li ospitano, è stato molto inferiore alle necessità e rimane enormemente insufficiente a tutt’oggi nel 2023, nonostante i bisogni umanitari crescenti.

In Italia le persone che sono state costrette ad arrivare dopo aver abbandonato il proprio paese a causa di guerre e persecuzioni sono 354,414, di queste il 41% proviene dall’Ucraina. L’Unhcr è impegnato nel nostro paese per favorire e facilitare l’inclusione sociale, culturale ed economica delle persone rifugiate con una serie di azioni che coinvolgono le amministrazioni, il settore privato, il terzo settore, le comunità locali e i rifugiati stessi. Se ne è già parlato, anche in relazione ad altre situazioni in cui ci siamo comportati meno bene che rispetto agli ucraini. I rifugiati desiderano opportunità, non assistenza e vanno coinvolte le città, le aziende e tanti altri attori competenti, per garantire loro il diritto di fare domanda per un lavoro, di iscriversi a scuola e di accedere a servizi come l’alloggio e l’assistenza sanitaria. Lo stesso Alto Commissario Grandi ha dichiarato, presentando il rapporto: “gli ucraini hanno meritato tutto l’aiuto che hanno ricevuto, ma la stessa mobilitazione ci deve essere anche per gli altri popoli che soffrono”.

La società italiana e le sue istituzioni hanno faticato a riconoscere di essere diventate meta di migrazioni internazionali, ma hanno sperimentato una fatica ancor maggiore a entrare nella prospettiva di adempiere al dovere di dare asilo a vittime di guerre e persecuzioni, benché previsto dall’art.10 della nostra Costituzione (che amplia addirittura la casistica rispetto alla Convenzione di Ginevra). L’arrivo di immigrati per lavoro, sebbene colpiti dall’accusa (poco fondata) di sottrarre posti di lavoro ai disoccupati italiani, ha potuto trovare una parziale sponda nei bisogni insoddisfatti del mercato del lavoro, nella visibile carenza di offerta delle mansioni più faticose e socialmente sgradite e, di conseguenza, nella partecipazione dei datori di lavoro alle ripetute sanatorie, famiglie comprese. Tutto ciò, invece, è mancato ai richiedenti asilo e ai rifugiati: la legittimazione della loro accoglienza discende pressoché unicamente da motivazioni umanitarie, accolti nei casi più favorevoli soltanto in quanto vittime traumatizzate.

Nell’ultimo decennio, a partire soprattutto dalle Primavere arabe del 2011, si è accentuata una crisi dell’accoglienza ai rifugiati, certo in Italia e pure nell’Unione Europea. Nel nostro paese si è diffusa una rappresentazione intossicata dei rifugiati, oltretutto spesso confusi all’interno della paura contro l’immigrazione in generale (con la nota ostilità verso quasi chiunque arrivi e verso le minoranze religiose), accanto all’idea falsa (smentita dai dati) che siano i confini marittimi la principale porta d’ingresso. La gestione politica dell’asilo non è mai riuscita ad affrancarsi da un quadro emergenziale, fra l’altro con la diffusa riluttanza di molti comuni a collaborare volontariamente. I cosiddetti decreti sicurezza hanno peggiorato la situazione, riducendo finanziamenti, competenze, dotazione di personale, accesso ai servizi. Sociologi, economisti e altri esperti hanno spesso fatto un punto chiaro e concreto sulla realtà di dati e dinamiche.

Da poco, comunque, l’Agenzia per i rifugiati ha elaborato la Carta per l’Integrazione, adottata già dai comuni di Bari, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino, strumento per favorire l’arricchimento e lo sviluppo armonico delle città attraverso l’integrazione. In queste città l’Unhcr sta facilitando l’apertura di spazi comuni, centri polifunzionali che erogano servizi destinati ai richiedenti asilo e ai rifugiati, rendendo più facile il loro ingresso nei percorsi di inclusione. L’accesso dei rifugiati al mercato del lavoro viene favorito con il progetto Welcome – Working for refugee integration, che in cinque edizioni ha permesso di attivare ventiduemila percorsi di inserimento lavorativo. Il programma Community Matching promuove l’incontro tra rifugiati e comunità locali in 10 città italiane e ha all’attivo 358 match, coinvolgendo persone di 41 nazionalità. PartecipAzione, è un programma di empowerment e capacity-building che in quattro anni ha sostenuto lo sviluppo di 48 associazioni di rifugiati in 12 regioni italiane. Martedì 20 giugno 2023 vi saranno tante iniziative in Italia di approfondimento e di impegno per dare una speranza ai rifugiati.

In questi giorni l’Unhcr sta lanciando anche la campagna globale per soluzioni a lungo termine: HOPE AWAY FROM HOME - Un mondo dove tutti i rifugiati siano inclusi. Infatti, dopo aver raggiunto la minima sicurezza in un paese straniero, troppi rifugiati sono lasciati in un limbo. Hanno bisogno di pace e meno guerre per poter tornare a casa in sicurezza, di maggiori possibilità di reinsediarsi in un nuovo Stato o di opportunità per ricostruirsi una vita nelle comunità in cui hanno trovato rifugio.  Indipendentemente dalla durata dell’esilio, i rifugiati vogliono continuare a vivere la propria vita, ricevendo un’istruzione, provvedendo alle loro famiglie, stringendo amicizie. L’inclusione dei rifugiati è il modo più efficace per sostenerli nella ripresa delle loro vite e anche il modo migliore per prepararli a tornare a casa e ricostruire i loro stessi amati paesi, quando le condizioni lo permetteranno, in modo sicuro e volontario.

Mentre il numero totale delle persone costrette alla fuga ha continuato a crescere, il rapporto Global Trend mostra anche che alcuni di loro hanno potuto far ritorno nei propri paesi volontariamente e in sicurezza. Nel 2022 più di 339.000 rifugiati sono tornati in 38 paesi, e nonostante il numero sia stato inferiore all’anno precedente ci sono stati significativi ritorni volontari in Sud Sudan, Siria, Camerun e Costa d’Avorio. Nel frattempo, 5,7 milioni di sfollati interni sono tornati nel 2022, in particolare all’interno dell’Etiopia, nel Myanmar, in Siria, in Mozambico e nella Repubblica Democratica del Congo. Alla fine del 2022 si è stimato che 4,4 milioni di persone in tutto il mondo fossero apolidi o di nazionalità indeterminata, il 2% in più rispetto alla fine del 2021 (si può leggere e scaricare il report, compresi figure, grafici e foto; per gli aggiornamenti 2023: qui).

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