SCIENZA E RICERCA

India e Pakistan nella morsa del caldo estremo. La crisi climatica mostra i suoi effetti

Davanti a temperature che hanno raggiunto i 50°C e che si sono mantenute su livelli nettamente più alti delle medie stagionali per un periodo prolungato di tempo parlare di un'ondata di calore può non rendere abbastanza l’idea di quello che stanno vivendo gli abitanti di India e Pakistan.

Quest’anno l’Asia meridionale è stata infatti colpita, a partire dal mese di marzo, da condizioni di caldo estremo per intensità e durata con temperature che, rapportate alla stagione, hanno in diversi casi raggiunto i massimi storici a livello mondiale.

Il caldo torrido è arrivato insolitamente presto e si è protratto al punto da mettere a rischio la vita di milioni di persone in una delle aree più densamente popolate del pianeta, soprattutto i soggetti più fragili o chi è costretto a lavorare all’aperto anche durante le ore centrali della giornata. La situazione è certamente complessa nelle aree rurali, dove ad essere compromessa è anche la quantità dei raccolti - e dunque la sicurezza alimentare in un contesto generale che risente pensatemente anche delle conseguenze della guerra in Ucraina - ma lo è ancora di più nelle città, colpite dall’effetto isola di calore urbano che trasforma i centri abitati in fornaci.

In alcune parti dell’India sono stati raggiunti i 47°C già alla fine di aprile e la temperatura media massima per le aree nord occidentali e centrali del Paese, riferita sempre al mese di aprile, è stata la più alta da quando sono iniziate le registrazioni 122 anni fa. Contemporaneamente gli abitanti della regione pakistana del Balochistan hanno sofferto per settimane temperature che hanno ripetutamente sfiorato i 50°C. Nel 2021 la città di Turbat, ricorda il Guardian, fece registrare la temperatura più alta del mondo per maggio, arrivando a 54°C. Identico lo scenario nella città di Jacobabad, sempre in Pakistan, già definita invivibile da Amnesty International nel 2021 davanti a temperature che avevano toccato quota 52°C.

Un picco di caldo così intenso arrivato tanto in anticipo non lascia presagire nulla di buono per i mesi a venire, quando ad aumentare sarà anche l’umidità con tutte le conseguenze che questo implica in termini di rischi ancora maggiori per la salute, visto che vengono alterati i meccanismi di termoregolazione del corpo umano.

Finora i dati ufficiali parlano di 25 vittime in India e 65 in Pakistan ma in questi Paesi, come osserva anche un recente articolo del British Medical Journal, l'incidenza di malattie e decessi legati al caldo rimane scarsamente registrata ed è quindi molto probabile che i numeri siano una sottostima. Vivere in condizioni di caldo così estremo, ricorda sempre il Bmj, tende ad esacerbare anche i problemi di salute mentale e aggrava il quadro generale delle malattie preesistenti e croniche.

Nell’articolo Yogesh Jain e Rachna Jain, rispettivamente medico di sanità pubblica e docente di ostetricia e ginecologia nello stato indiano di Chhattisgarh, sottolineano i risvolti sociali del fenomeno e come “le comunità più povere ed emarginate siano state colpite in modo sproporzionato”. Le persone che devono lavorare all’aperto e svolgere faticose attività manuali anche in condizioni così insopportabili e rischiose sono “le prime vittime dell'ingiustizia climatica”. Senza poi contare l’inadeguatezza di larga parte degli alloggi e la scarsa diffusione dei condizionatori (che certamente inquinano ma che, come ha sottolineato anche il World Economic Forum, in aree del mondo così calde sono uno strumento di sopravvivenza più che un lusso).

Ondate di calore e riscaldamento globale

A rendere sempre più intense e frequenti queste ondate di calore estremo sono i cambiamenti climatici che continuano a ricevere un forte impulso da fattori antropogenici come l’emissione di gas serra e le modalità di utilizzo del suolo. Le prove scientifiche a sostegno di questo collegamento sono ormai innumerevoli e, restringendo lo sguardo proprio sull’India, un articolo pubblicato a febbraio su Scientific Reports aveva concluso che “ondate di calore e siccità simultanee aumenteranno nella maggior parte dei luoghi dell'India durante il ventunesimo secolo”.

E proprio l'India, secondo l'ultimo report dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è tra i Paesi che rischiano di essere maggiormente colpiti dagli impatti della crisi climatica che, oltre al caldo estremo, porta con sé anche siccità prolungata e aumento del livello del mare con conseguenze disastrose non solo sulla salute e sul benessere delle persone ma anche a livello economico e di sicurezza alimentare.

Finora la temperatura media in India è aumentata "solamente" di 0,5 °C negli ultimi 50 anni, un incremento moderato se paragonato ad altre zone del mondo. Tuttavia secondo un recente studio pubblicato su Science Advances, basato sui dati dell'India Meteorological Department riferiti al periodo di tempo tra il 1960 e il 2009, il numero di ondate di caldo che hanno ucciso più di 100 persone in India è già aumentato di 2,5 volte.

Sappiamo che la Terra si è scaldata di circa un grado rispetto al periodo preindustriale ma questo aumento non è uniforme: nell'Artico i ritmi di crescita della temperatura sono, ad esempio, molto più veloci. Anche nell'area mediterranea l'aumento medio delle temperature è stato più alto di quello registrato in India ma come ha osservato di recente il climatologo Antonello Pasini, intervenendo ad un incontro del festival Risvegli all'Orto botanico dell'università di Padova, il punto centrale è che in Asia si è già molto più vicini al limite di sopportabilità e di pericolo per la specie umana. In altri termini questo significa che un innalzamento anche lieve delle temperature medie può avere conseguenze devastanti, soprattutto sulla popolazione più povera e fragile. 

E se diamo uno sguardo più globale al rischio rappresentato dalle ondate di calore uno studio pubblicato qualche anno fa su Nature Climate Change ricordava che già attualmente il 30% della popolazione mondiale è sottoposto al caldo estremo per 20 o più giorni all’anno e metteva in guardia davanti alla possibilità concreta che senza una riduzione consistente dell’emissione di gas serra come il CO2, entro il 2100 tre persone su quattro saranno esposte a ondate di calore potenzialmente letali. 

Cosa fare e come proteggere le persone?

"La frequenza e la gravità delle condizioni delle ondate di calore peggioreranno molto probabilmente nei prossimi anni anche con la più ambiziosa riduzione delle emissioni di gas serra", scrivono Yogesh Jain e Rachna Jain nella loro riflessione sul British Medical Journal. Gli esperti auspicano quindi che in tutta l'Asia meridionale vengano attuati quei piani che nel 2013 hanno permesso alla città indiana di Ahmedabad di evitare migliaia di morti. Oltre a emettere allarmi tempestivi sul caldo, fornire informazioni di qualità e mantenere il sistema sanitario in uno stato di preparazione, "gli Stati dovrebbero introdurre schemi di assicurazione contro i disastri in modo che i lavoratori possano mitigare queste perdite e non mettere in pericolo la propria vita continuando a lavorare". Ma occorre anche ripensare l'agricoltura, privilegiando colture meno idroesigenti e privilegiando l'irrigazione a goccia, e investire nell'inverdimento urbano.

Il ruolo degli alberi può davvero essere più decisivo di quanto non si pensi: uno studio pubblicato lo scorso anno su Pnas ha dimostrato che se strade e quartieri hanno una copertura di alberi almeno del 40% si può raggiungere una diminuzione delle temperature fino a 10°C. 

Intanto le alte temperature delle scorse settimane hanno esercitato una pressione enorme sulla domanda di energia sia in India che in Pakistan, dove le persone hanno dovuto sopportare ore di interruzioni di corrente in mezzo al caldo paralizzante. L'India, in particolare, sta affrontando la peggiore carenza di elettricità degli ultimi sei decenni: le forniture nazionali di carbone, riporta il Guardian, sono scese a livelli critici e il prezzo del carbone importato è aumentato vertiginosamente. Il governo è stato inoltre costretto a cancellare più di 650 treni passeggeri per dare più spazio al trasporto del carbone alle centrali elettriche attraverso i treni merci.

Le ricadute sociali di ondate di calore di questo tipo sono enormi e i cambiamenti climatici faranno aumentare la domanda di energia su scala globale. Chi può cerca un po' di refrigerio grazie ai sistemi di raffreddamento degli ambienti interni e ai condizionatori ma è un'opportunità che non è alla portata di tutti.

Ecco allora un altro volto dell'ingiustizia climatica: a soffrire e a rischiare di più sono proprio le persone che contribuiscono meno al riscaldamento del pianeta. Un paradosso che per essere superato richiede uno sforzo globale.

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