L’inizio del nuovo anno ha già fatto registrare temperature invernali insolitamente alte (19° a Varsavia, 18° a Belgrado, 25° a Bilbao) e precipitazioni nevose scarse che già preoccupano per l’approvvigionamento idrico della prossima estate.
Intanto l’anno appena trascorso ha fatto registrare l’estate più calda di sempre in Europa, scalzando dalla vetta quella del 2021, mentre a livello globale il 2022 è stato il quinto anno più caldo da quando si effettuano i monitoraggi. La serie storica aggiornata ci dice che gli anni in cui si sono registrate le temperature medie più alte sono proprio gli ultimi 8, quelli che vanno dal 2015 al 2022.
I dati pubblicati dal rapporto 2022 Global Climate Highlights di C3S (Copernicus Climate Chnage Service) lasciano poco spazio al dubbio: il riscaldamento globale non dà segni di arrestare la sua corsa. Nel 2022 le temperature globali sono risultate superiori di 1,2°C rispetto alla media del periodo che va dal 1850 al 1900. Per l’ottavo anno di fila le temperature globali sono in media più alte di 1°C rispetto all’era preindustriale, mentre rispetto alla media del periodo che va dal 1991 al 2020 l’aumento registrato è di 0,3°C.
La causa dell’aumento delle temperature globali è un’eccessiva concentrazione di gas a effetto serra rilasciati dalle attività umane e prodotti soprattutto dal consumo di combustibili fossili.
Il rapporto di C3S riporta che nel 2022 i valori medi di anidride carbonica in atmosfera sono arrivati a quasi 417 ppm (parti per milione), 2,1 ppm più alti rispetto all’anno precedente e mai così alti negli ultimi 2 milioni di anni. Per quanto riguarda il metano, le sue concentrazioni sono state 12 punti sopra l’anno precedente, 1894 parti per miliardo, anche questo un record che non ha precedenti in 800.000 anni.
Per l’Europa il 2022 è stato il secondo anno più caldo della storia, dopo il 2020. La temperatura è rimasta sopra la media per 9 mesi, con l’ottobre più caldo di sempre (2°C sopra la media) e il secondo giungo più caldo di sempre (1,6°C sopra la media). Sono risultati sotto le medie abituali invece marzo e aprile, così come settembre.
“L’inusuale caldo in tarda primavera e in estate, assieme alla mancanza di precipitazioni, cieli limpidi e suolo secco, ha portato in Europa condizioni di siccità specialmente nelle aree del sud e del centro del continente” si legge nel rapporto di C3S. In Italia ad esempio livelli di acqua nel Po così bassi non si vedevano da 70 anni.
“Molti Paesi hanno riportato impatti sull’agricoltura, sul trasporto fluviale e sulla gestione delle risorse energetiche. Condizioni di estrema siccità hanno inoltre aumentato il danno provocato da incendi, facendo registrare una insolitamente alta attività incendiaria nel sud-ovest dell’Europa, particolarmente in Francia e Spagna”.
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Alcune aree del pianeta tuttavia si sono scaldate più di altre. Nella Siberia occidentale ad esempio nell’anno passato si sono registrate temperature medie di 3°C al di sopra del periodo che va dal 1991 al 2020. Nell’Antartide orientale a marzo ci sono stati “solo” - 17,7°C, la temperatura più alta registrata in questo periodo negli ultimi 65 anni. In Groenlandia, settembre è stato di 8°C più caldo del solito. Parte dell’Europa occidentale, Medio Oriente, Asia centrale, Cina, Nuova Zelanda, Africa nord-occidentale e Corno d’Africa sono tra le aree del pianeta per cui il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre. Tra queste c’è anche l’Italia.
Temperature più basse della media si sono invece avute nel Pacifico orientale e nell’Australia orientale: la causa secondo il rapporto C3S è il fenomeno atmosferico e oceanico noto come La Niña.
Anche la temperatura media della superficie marina globale è in aumento da diversi decenni, più precisamente di 0,2°C rispetto al periodo che va dal 1991 al 2020 e di 0,6°C rispetto a 40 anni fa. Alcune zone marine tuttavia si stanno scaldando più velocemente di altre: quelle dell’Artico, del Mare del nord, del Mar Baltico e del Mar nero sono tra queste. Lo scorso giungo il Mediterraneo è stato investito da un’ondata di calore marina che ha portato le temperature del mare anche 5°C al di sopra delle medie attese.
La velocità di scioglimento dei ghiacci in Antartide e Groenlandia negli ultimi 30 anni è aumentata di 3 volte e mezzo, passando da 105 miliardi di tonnellate annue nel 1992 a 372 Gigaton annue tra il 2016 e il 2020. In questo trentennio la Groenlandia ha contribuito a un aumento del livello dei mari di 13,6 mm e l’Antartide di 7,4 mm.
Anche i ghiacciai non se la passano bene: globalmente la perdita di spessore del ghiaccio si assesta su una media di 32 metri (rispetto al 1957), anche se nelle Alpi raggiunge valori più alti, intorno ai 35 metri, mentre in Scandinavia rimane a 4 metri.
Una ricerca pubblicata su Nature Climate Change, condotta da ricercatori dell’università di Padova (Marco Carrer, Raffaella Dibona e Angela Luisa Prendin) e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del CNR di Bologna (Michele Brunetti), ha recentemente mostrato come la permanenza del manto nevoso sulle Alpi si è accorciata di oltre un mese, raggiungendo i valori più bassi degli ultimi sei secoli.
Il distaccamento del seracco dal ghiacciaio della Marmolada avvenuto lo scorso luglio appare quindi come una tragica parentesi di un lungo processo che potrebbe portare alla perdita di tutti i ghiacciai alpini al di sotto dei 3500 metri nel giro di due o tre decenni.
Sempre negli ultimi 30 anni il livello medio del mare è salito di circa 9 cm, accelerando negli ultimi 15: dal 1993 al 2008 infatti il livello di aumento era tra i 2 e i 3 mm all’anno, mentre poi è stato intorno ai 4 mm.
Tra le cause dell’aumento del livello dei mari non c’è solo lo scioglimento dei ghiacci non marini, ma anche la stessa espansione termica dell’oceano: mano a mano che gli oceani assorbono calore infatti non solo aumentano la loro temperatura, ma espandono anche il volume delle loro acque.
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In Italia, dopo l’alluvione che ha travolto l’isola di Ischia a fine anno, il governo ha recuperato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) che giaceva incompleto in un cassetto del ministero dal 2018. Ora è in fase di consultazione pubblica una versione aggiornata a dicembre 2022. “L’obiettivo principale del Pnacc è fornire un quadro di indirizzo nazionale per l'implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche”.