SOCIETÀ

L'agricoltura, ai tempi dell'Unione europea

Nessun altro settore economico è così profondamente influenzato e dipendente dalle politiche e dalle norme dell'Unione europea come l'agricoltura. Fin dagli anni Sessanta, da quando la Comunità economica europea (come all'epoca era chiamata l'UE) introdusse la politica agricola comune (PAC). Inizialmente l’obiettivo principale della PAC era di garantire un adeguato approvvigionamento di cibo, a prezzi ragionevoli per la popolazione dell'Europa del dopoguerra. Ciò significava promuovere la produttività agricola, stabilizzare i mercati impedendo forti fluttuazioni dei prezzi e garantire alla popolazione agricola uno standard di vita accettabile. La PAC raggiunse rapidamente questi obiettivi: negli anni Settanta gli agricoltori producevano più cibo di quanto l'Europa potesse consumarne. 

Tuttavia, l'attrattiva dei prezzi e dei redditi garantiti rivelò prontamente il loro lato negativo: la produzione di eccedenze. Di burro, di latte, di agrumi, di cereali. I sussidi all'esportazione hanno ridotto artificialmente i prezzi, scaricando sul mercato mondiale i prodotti, ignorando gli effetti nefasti per i piccoli agricoltori dei paesi importatori. 

La PAC ha conosciuto, nel corso del tempo, cinque grandi riforme, le più recenti delle quali nel 2003 (revisione intermedia), nel 2009 («valutazione dello stato di salute») e nel 2013 (per il periodo finanziario 2014-2020). L'ultima riforma assegna alla PAC nuovi obiettivi (articolo 110, paragrafo 2 del regolamento (UE) n. 1306/2013): economici (garantire la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare mediante una produzione agricola sostenibile, migliorare la competitività e la ripartizione del valore nella filiera alimentare), ambientali (utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali e lottare contro i cambiamenti climatici) e territoriali (assicurare il dinamismo economico e sociale delle zone rurali).

L’attuale PAC è dotata di circa 58 miliardi di euro l'anno, una cifra che corrisponde al 38% del bilancio dell'UE. In altre parole, ogni cittadino UE paga 114 euro per mantenere i fondi destinati all’agricoltura. 

Le prime discussioni sulla PAC successiva al 2020 sono iniziate nel 2016 e le corrispondenti proposte legislative sono state presentate nel giugno 2018. La proposta della Commissione relativa al quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027 [COM (2018) 0322 del 2 maggio 2018] ha operato tagli molto significativi in termini di prezzi correnti (da -3 % a -5 %) e, soprattutto, in termini reali (da 12% a -15%), a causa dell'uscita del Regno Unito (contributore netto al bilancio comunitario) dall’UE e delle esigenze di finanziamento derivanti dalle nuove priorità dell'Unione (migrazione, frontiere esterne, economia digitale, trasporti). 

Sebbene la quota del bilancio per la PAC stia diminuendo nel tempo (nel 1988 era il 55% e nel 2027 dovrebbe diminuire fino al 27% del bilancio dell'UE), l'agricoltura continua ad assorbire la maggior parte del bilancio comunitario. 

Attualmente il finanziamento alla PAC avviene attraverso due strumenti: il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), che finanzia i pagamenti diretti agli agricoltori e le misure per regolare i mercati agricoli (in gergo: primo pilastro); il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che finanzia i programmi di sviluppo rurale degli Stati membri (secondo pilastro). 

Il FEAGA copre il 75% del denaro destinato alla PAC e viene erogato agli agricoltori in base alla superficie coltivata, quasi indipendentemente da ciò che essi fanno sui loro campi.  In media i contribuenti UE versano 267 euro per ogni ettaro. Poiché le aziende agricole hanno dimensioni cha vanno da meno di un ettaro a migliaia di ettari, l'82% del totale dei fondi per il primo pilastro va al 20% dei destinatari. Grandi proprietari e produttori agricoli, quasi sempre inclini a una forma intensiva, industriale, di fare agricoltura, che in molti casi incassano dalla PAC cifre anche superiori a un milione di euro l’anno a testa, continuando comunque col loro business as usual.

Il secondo pilastro, il FEASR, copre il restante 25% dei fondi della PAC e serve a finanziare l'agricoltura biologica, a sostenere l'agricoltura nelle aree svantaggiate, la protezione dell'ambiente e della natura, la lotta ai cambiamenti climatici. Il secondo pilastro è considerato più utile per procedere verso una trasformazione ecologica del modo di produrre alimenti, fibre e legno. Eppure la Commissione, per la PAC del periodo 2021-2027, ha proposto di tagliare il bilancio FEASR del 27%, mentre il primo pilastro verrebbe tagliato solo del 10%. 

Anche per questo i pagamenti diretti agli agricoltori in base alla superficie sono stato oggetto di molte critiche. Secondo alcuni esperti la PAC è tra i più potenti fattori della distruzione ambientale nell'emisfero settentrionale. Poiché i pagamenti vengono effettuati solo per terreni che si trovano nella forma di “uso agricolo”, il sistema PAC crea un incentivo perverso per trasformare gli habitat naturali e semi-naturali, come i pascoli, in superfici agricole, anche in luoghi non idonei all'agricoltura, purché il terreno nudo diventi idoneo per ricevere denaro pubblico. Questi pagamenti hanno portato alla degradazione di centinaia di migliaia di ettari di straordinari luoghi naturali in tutta Europa, anche in Italia. Inoltre, ironicamente e paradossalmente, non è necessario neanche essere residenti nell’UE per accedere ai finanziamenti della PAC. Basta possedere la terra.

Questa distorsione produce un sistema inefficiente per cui si incentiva l’acquisto o il possesso dei terreni senza doverli necessariamente lavorare. Se i pagamenti costituiscono una parte significativa del reddito di un agricoltore, ciò crea un incentivo ad acquisire più terreno e ad accumulare ettari. La tendenza che si osserva è quella di creare una grande opportunità per gli agricoltori di grandi dimensioni che hanno già molti terreni e che grazie a questi finanziamenti ricevono maggiori risorse economiche. Per fare un esempio numerico, vi sono proprietari terrieri nei Paesi europei che hanno ricevuto anche oltre un milione di euro di finanziamento pubblico. In questo quadro è evidente che le aziende a conduzione familiare sono in condizione di debolezza rispetto ad aziende diverse per natura giuridica, dimensione e obiettivi. 

D’altra parte, nel settore agricolo europeo si assiste a una forte polarizzazione: da un lato, le piccole e medie imprese e le imprese familiari, che rappresentano la maggioranza in termini di diffusione e forza lavoro, affrontano una significativa contrazione; dall’altro, le grandi aziende agricole aumentano di numero e di importanza economica. Le aziende agricole di oltre 100 ettari gestiscono il 52% dei terreni agricoli nell’UE, sebbene rappresentino solo il 3% delle aziende. Dal 2005 al 2013 il loro numero è aumentato del 16%. Tali aziende sono comunemente denominate corporate farms e sono grandi società agricole di capitale, cooperative ed enti pubblici che, nel periodo della crisi economica, hanno continuato a crescere. Le sovvenzioni e le regole di mercato introdotti dalla PAC, in particolare con il pagamento per ettaro entrato in vigore nel 2003, finiscono per sostenere tali aziende di capitale. Questo fenomeno potrebbe compromettere anche la sostenibilità economica, oltre sociale ed ambientale del settore, diminuendo i posti di lavoro.

In Europa e in Italia il prezzo della terra è aumentato in maniera considerevole, più che raddoppiato per alcuni terreni destinate alla produzione di alcune colture, da quando sono stati introdotti i pagamenti diretti per ettaro, allontanando la stessa terra dalla portata della maggior parte degli agricoltori e dei giovani e delle donne che vorrebbero avviare un’attività agricola. Inoltre, favorendo le economie di scala, questi sussidi hanno finito per marginalizzare i piccoli agricoltori, l’agricoltura familiare e accelerare il consolidamento e l’ampliamento della proprietà terriera.

È paradossale che gli Stati – pur avendo sborsato dagli arbori della PAC a oggi una quantità di denaro che sarebbe stata sufficiente ad acquistare tutti i terreni agricoli per i quali è stato elargito capitale finanziario necessario per l’esercizio e il funzionamento – non abbiamo acquisito alcun controllo democratico sulle terre agricole. Inoltre, l’agricoltura targata PAC, sebbene abbia contribuito in maniera significativa al declino dei caratteri del paesaggio storico e al declino della biodiversità genetica, di specie e di habitat, rimane al di fuori del sistema di pianificazione territoriale e paesaggistica. Il regime che si è creato equivale a una tassazione dei cittadini senza una equivalente rappresentanza.  

Le consultazioni pubbliche dimostrano che i cittadini europei vorrebbero una politica agricola in grado di garantire alti livelli qualitativi dei prodotti, il rispetto della qualità dell’ambiente e della vita selvatica e un equo tenore di vita degli agricoltori, in particolare per quelli con piccole e medie aziende agricole, le aziende agricole a conduzione familiare e il ricambio generazionale. I cittadini europei, in qualità di contribuenti, sarebbero insoddisfatti di una PAC chefinisce per incentivare aziende di natura diversa da quelle che hanno tradizionalmente caratterizzato il panorama agricolo europeo, mettendo in difficoltà le aziende di media e piccola dimensione e viceversa favorendo la diffusione di pratiche agricole di natura industriale. Gli agricoltori europei, d’atro canto, vorrebbero che l'UE affrontasse la scarsa accessibilità dei terreni agricoli, a causa dei prezzi alti dei terreni, oltre che la bassa redditività dell’agricoltura a causa di un potere contrattuale molto debole dello stesso settore. 

A questo punto è necessario introdurre meccanismi ben mirati a tutti i livelli di governance per correggere queste distorsioni e favorire l’ingresso di nuove generazioni di agricoltori e la promozione di attività agricole produttive ed ecologiche. La PAC dovrebbe rafforzare la filiera alimentare, la produzione di alimenti sani e sostenibili, ridurre le perdite e le sprechi alimentari, tutelare le aziende agricole familiari custodi di pratiche agricole diversificate e fonte di lavoro.

La futura PAC si concentrerà su nove obiettivi che riflettono la visione di sviluppare la multifunzionalità economica, ambientale e socio-territoriale dell’agricoltura europea. Essa conserverebbe i suoi due pilastri e i due fondi agricoli destinati al sostegno dei programmi nazionali in funzione di una serie di misure scelte secondo un approccio integrato. In ogni caso, i pagamenti diretti (disaccoppiati e accoppiati) rimarrebbero gli elementi prioritari della nuova PAC. 

Oltre alla nuova governance della PAC, gli altri punti significativi delle proposte di riforma sono

  • una riduzione dei pagamenti a partire da 60.000 euro e un massimale obbligatorio per gli importi superiori a 100.000 euro per azienda agricola. Inoltre, i programmi settoriali d'intervento sono trasferiti dall'organizzazione comune dei mercati agricoli (OCM) ai nuovi piani strategici nazionali; 
  • la nuova architettura del greening, affidata alle autorità nazionali, è molto più flessibile in termini di progettazione e gestione. Essa presenterebbe tre componenti: la nuova condizionalità (obbligatoria, ma più flessibile nei dettagli); i programmi per il clima e l'ambiente (che sarebbero finanziati dal FEAGA e che sostituirebbero i pagamenti esistenti per il greening) e gli impegni in materia di ambiente e di clima (finanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale o FEASR); 
  • il FEASR non è più un fondo strutturale nell'ambito del quadro comune della politica di coesione; il tasso di cofinanziamento è ridotto di dieci punti; la Commissione sta concentrando gli interventi a fini di semplificazione, benché alcune misure perdano di visibilità (ad esempio le attività agricole favorevoli all'ambiente); infine, le norme del programma Leader rientrano nell'ambito della politica di coesione, anche se il suo finanziamento è garantito dal bilancio agricolo. 

Le proposte per una svolta decisiva nel processo di transizione ecologica sono

  • La tutela delle aree agricole ad alto valore naturale (High Nature Value Farmlands, HNVF), che hanno garantito benefici significativi sulla biodiversità. Il loro ruolo principale ha riguardato la tutela di specie e habitat specifici e sono fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi post-2020 della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD). Sfortunatamente, il livello di pagamento non sempre è sufficiente a incoraggiare tale pratica produttiva, poiché i finanziamenti non sono adeguati a compensare gli elevati costi di gestione e mantenimento, determinando così il rischio di abbandono. 
  • Il mantenimento delle misure agro-ambientali, che hanno avuto un impatto positivo per la tutela della biodiversità e per i benefici ambientali e per aver migliorato la persistenza e la resilienza delle aziende piccole e familiari, soprattutto quando è stata supportata da idonei interventi da parte degli enti regionali. In particolare, le misure per favorire la gestione dei prati di pregio e delle praterie biodiverse, come ad esempio il pascolo estensivo, sono considerate, alla luce dei risultati ottenuti, misure efficaci e fondamentali per la conservazione degli habitat e delle specie.
  • La promozione dell’agricoltura biologica, che è considerata un altro strumento di protezione della biodiversità e di mitigazione del clima. Tale sistema produttivo permette un utilizzo efficiente delle risorse naturali poiché riduce l’uso dell’acqua e dell’energia, favorisce la tutela della diversità biologica e sviluppa, sia nel suolo sia nelle piante, maggiori resistenze ai fattori biotici e abiotici di disturbo, incluso il cambiamento climatico.
  • Il sostegno dell’agricoltura familiare, che rappresenta una pietra miliare nei modelli di sviluppo rurale sostenibile e che deve essere maggiormente sviluppato da specifici e innovativi pacchetti di misure, sia di natura settoriale sia territoriale; validi strumenti innovativi riguardano quelli rivolti a una semplificazione dei meccanismi di accesso al mercato da parte delle aziende, ad oggi sovraccaricateda ingenti costi di transazione.

La pubblicazione, nel maggio del 2019, di un numero della rivista Agricultural Atlas della Fondazione Heinrich Böll ha obiettato che solo una minima parte dei fondi della PAC viene utilizzato per produrre alimenti sani, per proteggere dell'ambiente, contrastare la crisi climatica e il declino della biodiversità o tutelare le piccole e medie imprese agricole. 

Da questa considerazione, tuttavia, Agricultural Atlas non giunge alla conclusione di abolire la politica agricola comune. Viceversa, le analisi e le conclusioni complessive della pubblicazione ribadiscono la necessità che la politica agricola comune contribuisca ad accelerare la trasformazione ecologica e sociale nei nostri sistemi agricoli e alimentari e a rafforzare la società civile e i movimenti sociali di tutto il continente che vogliono questa trasformazione. 

In vista della conclusione del percorso che porterà all’approvazione della PAC per il periodo 2021-2027, sarebbe utile concentrare il dibattito nazionale su come correggere le distorsioni e le perversioni del sistema di finanziamento. L’obiettivo è quello di definire una programmazione della PAC che sia in grado di:affrontare la sostenibilità dell’agricoltura nazionale ed europea; remuneraregli agricoltori per la protezione della fauna selvatica e degli ecosistemi, per la tutela delle acque, dei suoli e dell’atmosfera, per la difesa dei caratteri distintivi delpaesaggio; favorire lo sviluppo delle aree rurali e remote dell’UE e quindi affrontare con coraggio il grande problema dello spopolamento di quelle aree e la conurbazione; sostenere le aziende agricole di piccole dimensioni di nuovo ingresso, piuttosto che il possesso della terra. Ad oggi i pagamenti per ettaro hanno alimentato un accentramento del capitale terriero,causando l’aumento del prezzo dei terreni e ostacolando l'ingresso di una nuova generazione di agricoltori. 

Per evitare distorsioni come quelle descritte è ragionevole proporre un contributo limitato a un massimo stabilito. Inoltre, sarebbe opportuno legare i finanziamenti alla qualità delle strategie imprenditoriali promosse dagli agricoltori e quindi premiare le scelte produttive che diffondono beni pubblici ambientali e sociali, come ad esempio l’uso di metodi agricoli sostenibili e diversificati o la creazione di opportunità lavorative. In questo modo le aziende agricole familiari recupererebbero la centralità che spetta loro in quanto custodi di tradizioni rurali, del paesaggio e della diversità colturale, spingendole a ricercare strategie produttive innovative e sostenibili.

La PAC, in quanto politica pubblica sostenuta dai contribuenti europei, dovrebbe promuovere politiche indirizzate al mantenimento e alla crescita dell’occupazione e alla tutela della comunità rurale, incoraggiare le giovani generazioni a interessarsi del settore agricolo, sostenere i modelli di produzione fondati sull’ecologia e la sostenibilità socio-ambientale. Il nostro continente ha un patrimonio culturale vivo incarnato dagli agricoltori e dalle comunità rurali e un obiettivo della politica agricola comune è la conservazione di questo know-how che raccoglie metodi produttivi diversificati e quelli maggiormente ecologici.

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