SCIENZA E RICERCA

L'Antropocene: più di una questione di geologia

Antropocene addio (per ora): siamo ancora nell’Olocene”, “l'Antropocene non è un'epoca, ma l'era umana è senza dubbio in corso”, “Non è l’epoca giusto per l’Antropocene”: sono solo alcuni dei titoli che a inizio marzo 2024  testate di tutto il mondo, dalle specialiste alle generaliste, hanno usato per raccontare una notizia eclatante. A scovarla e a innescare il dibattito mediatico è stato il lavoro giornalistico del New York Times che il 5 marzo ha raccontato del voto che si è tenuto in realtà il primo febbraio scorso.

A votare è stato il Gruppo di Lavoro sull’Antropocene dell’Unione internazionale di Scienze Geologiche (IUGS). La IUGS è l’organizzazione internazionale che si occupa di valutare proposte come quella di stabilire in che epoca ci troviamo dal punto di vista geologico. I lavori su questo tema sono iniziati nel 2009 e nel corso di questi quasi quindici anni il gruppo ha valutato “il caso” e alla fine ha decretato che non ci sono elementi sufficienti per far terminare ufficialmente la nostra epoca, l’Olocene, e parlare di una nuova epoca, l’Antropocene appunto. 

Il termine deve quindi accontentarsi di un ruolo ormai centrale nel dibattito sull’impatto umano sul pianeta ma solo sul piano popolare. Dove ha guadagnato amplissimi spazi dopo il 2000, quando il Nobel per la Chimica Paul Crutzen ha pubblicato Benvenuti nell’Antropocene. L’uomo ha cambiato il clima, la Terra entra in una nuova era (in Italia è arrivato nel 2005 per i tipi di Mondadori). Ma ci sono almeno due questioni aperte.

Voto valido?

Secondo una ricostruzione del voto realizzata dal quotidiano spagnolo El Pais, la votazione si sarebbe conclusa con 12 esperti che hanno espresso voto contrario all’ufficializzazione della nuova epoca, quattro a favore, oltre a due astenuti e tre che non hanno né votato né si sono astenuti. Una conta un po’ bizzarra, ma che è quanto emergerebbe da una lunga serie di interviste a persone coinvolte e dai documenti ufficiali che il giornale avrebbe potuto vedere direttamente. 

Nello stesso articolo, inoltre, il giornalista Manuel Ansende riporta le dichiarazioni di Jan Zalasiewicz, ex membro del Gruppo di Lavoro sull’Antropocene e professore emerito all’Università di Leicester, nel Regno Unito. Secondo Zalasiewicz alcuni dei partecipanti alla votazione non avrebbero più avuto diritto al voto. Pertanto, sembra dire Zalasiewicz, la presa di posizione del Gruppo non sarebbe valida.

Nel frattempo, la IUGS ha rilasciato un documento ufficiale, datato 20 marzo (quindi due settimane dopo lo scoop del New York Times). Nella versione breve, mezza pagina, si legge che “il voto della Sottocommissione sulla Stratigrafia Quaternaria (SQS) [di cui il Gruppo di Lavoro sull’Antropocene fa parte, NdR] che ha respinto la proposta di un’epoca dell’Antropocene come unità formale della scala temporale geologica è approvato". Tale approvazione “è stata sostenuta in stragrande maggioranza dai presidenti delle sottocommissioni dell’International Commission on Stratigraphy (ICS)”. La dichiarazione ufficiale sembra quindi per il momento almeno provare a mettere un freno alle polemiche sul voto.

Il voto della Sottocommissione sulla Stratigrafia Quaternaria (SQS) che ha respinto la proposta di un’epoca dell’Antropocene come unità formale della scala temporale geologica è approvato La conferma della validità del voto da parte dell'International Union of Geological Sciences

Le motivazioni del voto contrario

In una versione un po’ più lunga della stessa dichiarazione, la IUGS ha spiegato perché l’Antropocene è stato rifiutato come epoca geologica. I criteri per decretare la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova sono molto stringenti. In particolare, le critiche all’Antropocene si sono concentrate sul “fatto che gli effetti antropici sui sistemi ambientali e climatici della Terra sono antecedenti alla metà del XX secolo (per esempio, la prima agricoltura, la rivoluzione industriale nell’Europa occidentale, la colonizzazione delle Americhe e del Pacifico, ecc.) e quindi l’Antropocene ha radici molto più profonde nel tempo geologico”. Questa argomentazione sembra indirizzata soprattutto a chi proponeva di utilizzare il Trinity test, ovvero lo scoppio della prima bomba atomica nel deserto di Alamogordo, come punto di inizio dell’Antropocene.

Inoltre, leggiamo nella nota, sarebbe troppo poco il tempo (“un arco di tempo inferiore a una singola vita umana”) che passa dalla fine dell’Olocene e noi. Insomma, l’Antropocene sarebbe - al momento - un’epoca geologica troppo breve rispetto alle altre precedenti che “abbracciano migliaia o addirittura milioni di anni”.

Un terzo motivo, infine, è che è difficile individuare l’inizio degli effetti umani sui sistemi globali: “il loro inizio non può essere adeguatamente rappresentato da un orizzonte isocrono che riflette un singolo punto nel tempo”. Cioè, dice la nota, la narrazione popolare dell’Antropocene con un punto nello scorrimento del tempo non corrisponde a come agiscono normalmente gli eventi in grado di modificare così profondamente il Pianeta, che invece avvengono su tempi più dilatati. Risultato è che “l’Antropocene potrebbe essere considerato un termine informale e non stratigrafico”.

Ignorare sistematicamente le prove schiaccianti della trasformazione antropica a lungo termine della Terra non è solo una cattiva scienza, ma è [scienza] dannosa per la comprensione e l’azione pubblica sul cambiamento globale Erle Ellis, Università di Baltimora

Una questione più ampia e culturale

Nel ratificare il voto, però, la IUGS tenta di non sminuire il valore che il ragionamento sull’Antropocene ha provocato, con riflessioni importanti sull’organizzazione della nostra società. Si legge, infatti, che “nonostante il suo rifiuto come unità formale della scala temporale geologica”, il termine “rimarrà un inestimabile descrittore dell’impatto umano sul sistema Terra”. Ma la questione sembra essere una definizione di epoca geologica che alcuni esperti ritengono troppo rigida e non in linea con la crisi climatica (antropica) che stiamo vivendo.

Ne è un esempio Erle Ellis, scienziato ambientale americano (Università di Baltimora), che già nel luglio del 2023 aveva lasciato il Gruppo di Lavoro sull’Antropocene con una lettera pubblica piuttosto polemica. Ellis rassegnava le proprie dimissioni perché all’interno del gruppo non ci sarebbero più state le condizioni per lavorare in armonia, dal momento che “non c’è più spazio per il dissenso”. Ma ci sarebbe qualcosa di più.

Nonostante l’importanza culturale del termine che lo stesso Gruppo e la IUGS sembrerebbero attribuire al termine Antropocene, Ellis sostiene che “ignorare sistematicamente le prove schiaccianti della trasformazione antropica a lungo termine della Terra non è solo una cattiva scienza, ma è [scienza] dannosa per la comprensione e l’azione pubblica sul cambiamento globale”. Sembra emergere uno scontro culturale, tutto interno all’accademia, in cui ci sarebbero geologi e geologhe da una parte, preoccupate dell’osservazione di tutti i criteri formali, e gli altri, tra cui Ellis, preoccupati che il voto contrario possa innescare un effetto negativo sul piano sociale e politico. Questa scelta in questo momento storico, scriveva Ellis, “è più critica che mai”.

Ellis, e altre persone che la pensano in modo simile, sembrano volersi distaccare da chi sostiene che il termine “Antropocene è più utile come concetto informale”. Questo è proprio il titolo di un’opinione firmata da Graeme Swindles, Thomas Rowland e Alastair Ruffell sul Journal of Quaternary Science alla fine del 2022. Nell’articolo i tre si chiedono “come può essere definito l’Antropocene senza alcun accordo sul suo inizio, senza la sua eredità conosciuta nella documentazione e quindi, con solo due terzi delle informazioni (passato e presente, senza futuro)?” L’idea è che se l’Antropocene è davvero un’epoca geologica lo potremo dire soltanto nel futuro, quando potremo forse leggerne le tracce negli strati geologici.

Swindles, Rowland e Ruffell chiudono il loro intervento chiedendosi con curiosità “come questo concetto, che trova risonanza in così tante persone, sia all’interno che all’esterno della comunità di ricerca scientifica, si svilupperà nel tempo e attraverso diverse discipline e attraverso una crescente diversità di applicazioni”. Ma, attenzione, si tratta puramente di “concetto filosofico”, che è il modo con il quale alcune volte la scienza etichetta ciò che non ritiene rilevante. Peccato, sembra di sentire Ellis rispondere, che se non facciamo niente ora le tracce dell’Antropocene si potranno anche trovare negli strati rocciosi, ma potrebbe non esserci nessuno a leggerle.

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