SOCIETÀ

L'editoriale. La guerra e i cattivi ragionamenti

In questa università, la scuola giuridica ha insegnato da secoli come si conviene a uomini e donne di legge ad argomentare, a spiegare e difendere le proprie posizioni in modo convincente e razionale. Quello che manca, in questi giorni, nel dibattito pubblico, sulla guerra e non solo. In televisione si sono raggiunti livelli bassissimi: una fiera delle opinioni, senza spiegazioni e tutti si prestano passivamente al gioco dei talk show, cioè la polarizzazione. Si perdono sfumature, complessità e intelligenza.

Faccio, allora, quattro esempi di argomenti, totalmente infondati, che si continuano ad usare.

Invece di cercare le cause di quanto sta accadendo, si inizia a dare la colpa a eventi del passato, in un regresso che può tendere all’infinito. La categoria della colpa non è razionale, è più metafisica. Se vogliamo analizzare razionalmente una situazione, dobbiamo cercare le cause specifiche, le responsabilità e non giustificare, ma spiegare.

Secondo: il parallelismo corresponsabile. Cioè dire “lo fanno anche gli altri e anche loro sono cattivi”. Dare questa argomentazione, quanta responsabilità toglie a chi sta commettendo un crimine, ora? Ben poca, in realtà.

Altro argomento fallace: “Ma anche gli aggrediti, i presunti buoni, non sono così perfetti”. Si tratta del classico argomento della demitizzazione. Portato alle massime conseguenze, diventa il fatto che la vittima, sotto sotto, “se l’era cercata”.

Infine, c’è la disattenzione selettiva: “Perché tutte queste storie sull’Ucraina, ce ne sono tante altre di guerre in giro per il mondo”. Vero, per carità, ma la domanda è: “Il fatto che ci siano altri conflitti, toglie qualcosa all’importanza e alla specificità di questa in particolare in Europa?” No, dobbiamo prestare attenzione all’Ucraina, come agli altri conflitti.

Questi cattivi ragionamenti non aiutano né a capire cosa sta accadendo, né a capire cosa dovremmo fare. Sono figli dell’ideologia: partire da un pregiudizio e cercare, in modo irrazionale, di confermarlo.

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