SCIENZA E RICERCA
L’energia verde cresce, ma non tanto da debellare il global warming
Da qui ai prossimi 20 anni assisteremo alla più grande trasformazione del sistema energetico in uso sul pianeta.
L’energia solare ed eolica diverranno fonte principale di approvvigionamento per produrre elettricità; l’appetito insaziabile della Cina per il carbone scomparirà gradualmente, così come l’uso del carburante fossile per alimentare le automobili.
Uno scenario idilliaco, se non ci fosse un grande “ma”: la marcia globale verso l’uso di energia pulita non si sta muovendo così velocemente da fermare e da evitare il riscaldamento globale, a meno che i governi non mettano un freno (politico) alle emissioni di anidride carbonica nell’aria. Lo ha detto di recente il rapporto IPCC sul clima. Lo ribadisce in questi giorni l’Agenzia internazionale per l’Energia (IEA) nel suo rapporto “World Energy Outlook”.
L’energia solare ed eolica
Il settore dell’energia elettrica “sta attraversando – si legge nel rapporto – la più grande trasformazione dalla sua creazione più di un secolo fa”. Uno dei fattori chiave è l’affermarsi dell’energia solare ed eolica: negli ultimi cinque anni il costo medio del solare è sceso del 65%, quello dell’eolico del 15%. Gli analisti sono convinti che nei prossimi anni, grazie all’uso delle nuove tecnologie, questi costi si ridurranno ulteriormente rendendo il mercato competitivo per superare, di slancio, la realizzazione di impianti a carbone per la produzione di elettricità in tutto il mondo. Secondo l’IEA entro il 2040 eolico e solare daranno energia al 40% del mondo: il 25% in più rispetto ad oggi. Una stima che potrebbe essere però essere rivista al rialzo: l’IEA è spesso prudenziale nel dare le sue previsioni e già in passato ha dovuto rivedere i numeri per via del grande sviluppo delle tecnologie alla base di queste fonti di energia rinnovabile.
La fine dell’era del carbone
Per decenni, le economie in via di sviluppo di India e Cina hanno considerato il carbone come la forma più economica per ottenere energia elettrica. Si tratta di uno dei principali motivi per cui le emissioni di gas climalteranti è aumentata notevolmente negli ultimi anni.
Ma tutto sta cambiando, velocemente: la Cina – che brucia all’anno metà delle risorse di carbone utilizzate nel mondo – sta effettuando ingenti investimenti nel settore solare, eolico, nucleare e del gas naturale, spinta – in parte – dalle preoccupazioni per la qualità dell’aria. L’IEA stima che il consumo di carbone del gigante asiatico raggiungerà un punto di stabilità entro il 2025. Mentre si dovrà attendere il 2040 per vedere il sorpasso da parte delle energie rinnovabili. Nel resto del Sudest asiatico le previsioni rimangono rosee: nonostante gli altri Paesi stiano proseguendo il loro cammino verso la costruzione di centrali a carbone, la tendenza inizierà a rallentare a partire dal 2020.
Certo: l’uso del carbone non svanirà di incanto: se da un lato diminuirà la costruzione di impianti, d’altra parte la vita media delle centrali alimentate con combustibili fossili in Asia si aggira sui 15 anni (contro i circa 40 negli Stati Uniti e nel mondo occidentale), di conseguenza continueranno a inquinare per anni a meno che i governi non decidano di chiuderle anticipatamente.
Il petrolio
Nonostante le aziende produttrici immettano nel mercato centinaia di milioni di nuove automobili, stiamo imparando ad alimentarle meno con la benzina. Secondo le stime dell’IEA l’uso del carburante per i veicoli raggiungerà il suo picco entro il 2025. Da questa data le trasformazioni energetiche e l’aumento delle vendite di veicoli elettrici segneranno un punto a sfavore del petrolio. Anche in questo caso – è meglio precisare – l’uso del petrolio non svanirà: solo un quarto del petrolio viene utilizzato per “dare da mangiare alle auto da trasporto civile”. Il rimanente è usato per alimentare camion da trasporto, aerei, navi, per creare riscaldamento e per realizzare materiali plastici. Questi ultimi settori, purtroppo, non vedono ancora una traslazione verso l’energia pulita. Tanto che l’IEA stima come la richiesta di petrolio aumenterà fino al 2040, spinta, nuovamente, dai Paesi in via di sviluppo.
Gli obiettivi sul clima rimangono lontani
Purtroppo questi sforzi verso un mondo più sostenibile a livello energetico non sono sufficienti per risolvere il problema del riscaldamento globale. Nel 2017 le emissioni sono tornate a crescere dell’1,6% e le stime parlano di aumento anche per il 2018 e per tutto il periodo da qui al 2040, anche se molto rallentato.
Il motivo è semplice: si tratta di scelte politiche. Lo sviluppo delle tecnologie “green” non è così rapido da poter ancora intaccare il predominio nell’uso di fonti fossili, soprattutto nei Paesi con un’economia ancora in forte sviluppo. Per avere dei cambiamenti tangibili, tocca ai governi sviluppare politiche per incentivare fonti alternative per la produzione di energia elettrica.
Il rapporto precisa come nel mondo i governi spendano tre miliardi di miliardi di dollari all’anno in infrastrutture energetiche. Il 70% di queste sono sotto il diretto controllo degli stessi governi come compagnie partecipate. È facile comprendere, quindi, come tutto rimanga nelle mani della politica, compreso il nostro destino energetico.