SCIENZA E RICERCA

L’evoluzione è ancora tutta da scoprire

Una sorta di teoria del tutto che superi le rigide divisioni tra le varie discipline, in modo da includere in una visione unitaria dell’universo anche la nascita della vita e l’evoluzione. Non è certo un cammino facile né banale quello intrapreso dal biologo evoluzionista Eugene Koonin, fresco di quattro lezioni organizzate dal LIPh Collaborative Laboratory of Interdisciplinary Physics presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia "Galileo Galilei". Un compito che però lo scienziato russo-americano persegue con entusiasmo e creatività: durante il nostro colloquio le sue parole sgorgano lentamente assieme al suo pensiero, quasi con difficoltà, nel tentativo di spiegare con chiarezza quello che nemmeno gli scienziati hanno ancora capito del tutto. Parole comunque mai banali ma al contrario sempre feconde di spunti e di suggestioni.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

La bussola di questa ricerca di unità è la teoria dell’evoluzione, trattata però senza timori reverenziali: “Dobbiamo essere grati a Darwin, che in assenza di dati confermati fu capace di riconoscere le forze chiave dei processi evolutivi – premette innanzitutto lo scienziato nell’intervista a Il Bo Live –. In generale la sua visione rimane ancora oggi centrale: naturalmente però parliamo di quasi 200 anni fa, in un contesto scientifico completamente diverso. Oggi non c’è tanto bisogno di revisioni, quanto di sviluppare teorie più inclusive, complete e soddisfacenti”. Tenendo conto delle acquisizioni tecniche e teoriche degli ultimi anni, a partire dai big data: “Va innanzitutto detto che la visione di Darwin era puramente qualitativa e che egli non formulò mai una visione matematica dell’evoluzione per una serie di ragioni: non era un matematico e inoltre non gli era del tutto chiara la natura dell’ereditarietà. Oggi la biologia evolutiva è diventata una scienza quantitativa e questo la porta ad essere sotto molti aspetti simile alla fisica: un processo iniziato intorno alla fine degli anni ’20 e gli anni ’30, con i lavori di Ronald Fisher e di altri pionieri, ma che continua ancora oggi e che proseguirà nel futuro”.

Proprio questo diverso approccio ci aiuta ad esempio a capire meglio il ruolo cruciale e in un certo senso creativo del caso – continua Koonin –. Secondo Darwin, con una grande intuizione per quei tempi, i giocava un ruolo essenziale nell’emergere dei cambiamenti, quelle che oggi chiamiamo mutazioni, mentre il successivo processo di accettazione o di rigetto da parte degli organismi in evoluzione era rigidamente deterministico, completamente definito dalla selezione”. Oggi invece, secondo il biologo, si tende a lasciargli uno spazio maggiore in tutte le fasi dell’evoluzione: “parafrasando Darwin spesso sopravvive il più fortunato, non il più forte”.

Darwin rimane centrale: più che di revisioni c'è bisogno di teorie più inclusive, complete e soddisfacenti

Un altro limite della visione classica darwiniana è ravvisato nel gradualismo: “Oggi capiamo che i principali cambiamenti nell’evoluzione verso una complessità crescente, come ad esempio il passaggio dagli organismi unicellulari a quelli pluricellulari, sono avvenuti in modi simili a quelli che in fisica sono definite ‘transizioni di fase’. Un dato fondamentale per quello che stiamo tentando di fare oggi, ovvero andare verso una vera e propria ‘teoria fisica dei processi evolutivi’”. Il riferimento è a un articolo pubblicato lo scorso febbraio su Pnas assieme ad altri tre studiosi, tutti di origine russa, dedicato proprio alla “termodinamica dell’evoluzione”. Del resto tre giorni prima lo stesso gruppo aveva pubblicato sulla stessa rivista scientifica un altro studio che accostava la teoria dell’evoluzione a un processo di apprendimento multilivello (multi-level learnig).

“Credo che quest’ultimo aspetto sia oggi essenziale per comprendere l’evoluzione – riprende Koonin –. Apprendimento multilivello significa che nei sistemi di reti neurali ci sono molteplici livelli di cosiddette ‘trainable variables’: ogni sistema è insomma composto da strati, ciascuno dei quali apprende e muta con un proprio ritmo. Per essere efficiente un sistema ha ad esempio bisogno sia di una memoria a lungo termine, che cambia più lentamente, che di una memoria più reattiva e veloce nell’elaborare gli stimoli provenienti dall’esterno, esattamente come nel nostro genoma ci sono parti più antiche e geni o gruppi di geni che cambiano più in fretta. La scoperta stupefacente degli ultimi anni è che c’è una corrispondenza dettagliata e definibile tra tre aree del nostro modo di comprendere il mondo che da un punto di vista superficiale sembrano invece abbastanza indipendenti tra loro: la termodinamica, i processi di apprendimento e l’evoluzione biologica”.

La scoperta stupefacente degli ultimi anni è la corrispondenza tra termodinamica, evoluzione ed apprendimento

Infine Eugene Koonin si sofferma anche sui virus (“Non ha senso tentare di comprendere l’evoluzione della vita senza includere quella dei virus e la coevoluzione dei loro ospiti. Le infezioni da virus e la necessità da parte degli ospiti di resistervi guidano in gran parte l’evoluzione della complessità della vita sulla Terra”) e sulla guerra in Ucraina. Lo scorso febbraio infatti lo scienziato ha firmato la lettera aperta degli scienziati russi contro l’invasione e si è inoltre dimesso dall’Accademia russa delle scienze. A lui chiediamo cosa può fare di concreto la comunità scientifica per fermare la guerra e sensibilizzare l’opinione pubblica: “Direttamente ben poco, ma non di meno è importante parlare con chiarezza e mostrare l’unità degli scienziati al di là dei confini. Molti ricercatori russi, specialmente i migliori, non hanno nulla a che fare con le politiche aggressive del loro governo e sono anzi da questo tenuti sostanzialmente in ostaggio. Chi ha il privilegio di vivere in Paesi liberi e democratici dovrebbe sostenerli, e sostenere ancor di più in maniera concreta i ricercatori ucraini, nel momento in cui il loro Paese, incluse le istituzioni scientifiche, viene distrutto. Forse possiamo fare ben poco per sconfiggere l’aggressore, ma penso che la nostra posizione non sia del tutto priva di importanza”.

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