Che si tratti di crisi climatica, di piani urbanistici, di mobilità cittadina e gestione del verde pubblico o di situazioni più complesse e addirittura a rischio di conflitti locali, come la costruzione di un termovalorizzatore o un deposito di scorie nucleari, la questione al centro di molti dibattiti contemporanei torna sempre sullo stesso punto: l’importanza di coinvolgere i cittadini nelle scelte politiche che riguardano temi e problematiche di interesse generale. Gli strumenti di consultazione sono ormai maturi, basta applicarli.
Le pratiche partecipative sono da diversi anni una prassi comune in Europa, soprattutto nei paesi nordici: qui in Italia troviamo solamente episodi di consultazione pubblica a livello locale e alcune leggi regionali ma manca ancora una normativa nazionale che possa portare il nostro paese a un livello successivo.
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Che cosa intendiamo per consultazione pubblica? Come funziona? Esistono esempi italiani o europei? Lo abbiamo chiesto a Giancarlo Sturloni, giornalista e docente di Comunicazione del rischio alla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati (SISSA) di Trieste, all'Università di Udine e all'Università dell'Insubria.
Un esempio concreto: il deposito delle scorie nucleari
Recentemente, la questione della deliberazione partecipativa è tornata di attualità, nel corso del dibattito che si è acceso attorno alla necessità di individuare sito unico a livello nazionale dove realizzare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, in altre parole un deposito di rifiuti nucleari.
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Nel processo intrapreso, in questo caso, è stata approvata una Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee in cui i cittadini hanno avuto la possibilità di trovare le informazioni e le valutazioni effettuate dai tecnici per esprimere un'opinione sul tema. La Carta illustra anche i criteri di scelta delle 67 aree idonee a ospitare il nuovo deposito di scorie nucleari.
Aperta il 5 gennaio scorsa la consultazione permetteva a chiunque fosse interessato di accedere per 60 giorni a tutta la documentazione relativa alle caratteristiche socio-ambientali per l’idoneità delle varie aree e il progetto progetto preliminare che contiene: la tipologia di materiali radioattivi che sarà stoccata, il dimensionamento della capacità totale, i criteri di sicurezza, le infrastrutture di pertinenza, il programma delle indagini per la qualificazione del sito, il personale da impiegare nelle varie fasi di realizzazione, le modalità di trasporto del materiale radioattivo e i benefici diretti per i residenti dell’area.
Conclusa questa fase, e comunque entro 120 giorni dall’avvio della consultazione pubblica, ci sarà il Seminario Nazionale, il dibattito pubblico vero e proprio dove tutte le realtà interessate e qualificate (enti di ricerca, università, sindacati, Regioni, enti locali etc.) per approfondire tutti gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale: la sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente, i possibili benefici economici e lo sviluppo territoriale connesso alla realizzazione dell’opera.
Al termine di queste due fasi ci sarà una rielaborazione da parte di Sogin della Carta nazionale che verrà riproposta al Ministero dello Sviluppo Economico che dovrebbe approvare le modifiche e i contributi emersi dalla consultazione e dal seminario, su parere tecnico dell’ente di controllo ISIN, l’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione. Infine, con la Carta nazionale in forma definitiva, si raccoglieranno le dimostrazioni di interesse da parte delle Regioni e degli enti locali in cui sono presenti le aree idonee.
Sulle modalità e sul percorso partecipativo scelto si dichiara piuttosto favorevole il presidente di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, una delle organizzazioni che si è attivata per evidenziare le criticità rispetto alla strategia di gestione dei rifiuti proposta dal governo, fin dalla prima consultazione pubblica che risale al 2017.
La consultazione pubblica è una prassi da seguire per le opere che hanno un certo impatto, ha spiegato Onufrio al Bo Live, e questa certamente lo è. La procedura che è stata avviata dal governo precedente è dunque un fatto positivo e anzi, sottolinea, questo è probabilmente il primo caso di una consultazione così strutturata. "Il governo ha anche accettato l’invito di Greenpeace - continua Onufrio - a chiedere alla Francia di aprire una consultazione con i Paesi confinanti, tra cui il nostro, sulla proposta di estendere di 20 anni l’autorizzazione all’esercizio di 32 vecchi reattori nucleari, di cui 16 a non oltre 200km dai nostri confini."
È nel merito della questione che Greenpeace mantiene le sue riserve e si esprime in modo contrario alla strategia proposta. Ma come ammette lo stesso Onufrio, è necessario essere molto chiari: non esiste ancora al mondo una soluzione definitiva e soddisfacente alla gestione dei rifiuti nucleari sul lungo termine.
Ciò non toglie che la partecipazione rimanga una chiave fondamentale dei processi decisionali soprattutto per quelle questioni, come appunto questa delicatissima del deposito unico nazionale, che hanno un elevato impatto sulla vita dei cittadini e delle comunità locali. Che hanno pieno diritto a essere coinvolte nell'intero processo, esercitando così la loro piena cittadinanza scientifica.