SOCIETÀ

L'Unione europea in una generazione

Nelle scorse settimane si è tornati a discutere sulla situazione attuale dei giovani, in particolare della generazione Erasmus e della sua utilità nel contesto odierno. Scorrendo le varie testate, la sensazione che si percepisce è di una netta divisione: da un lato c'è chi sostiene e supporta gli ideali e le particolarità di questa generazione; dall'altra parte c'è chi ritiene la generazione Erasmus come una parte elitaria della popolazione giovanile.

Generazione Erasmus, che cos'è realmente? Non è facile dare una definizione precisa: sono i giovani che hanno preso parte al progetto Erasmus? Sono i figli della globalizzazione? Sono i ragazzi che sognano la cittadinanza europea? Di tutto, un po'. La questione può essere analizzata sotto due punti di vista: il primo è legato al programma di studio, mentre l'altro si concentra sugli aspetti di chi è nato in un'Unione europea senza barriere.

Nelle scorse settimane si è discusso sull'utilità e sull'efficacia del programma Erasmus. Due articoli in particolare, si sono scagliati contro il progetto, evidenziando i punti di debolezza e le conseguenze che ha portato. La generazione Erasmus che non c'è è stato pubblicato all'inizio di gennaio su «Il Foglio», firmato da Lorenzo Borga e Lorenzo Ferrari: l'articolo sottolinea come l'Erasmus sia stato utilizzato nei governi precedenti per dimostrare l'importanza e la necessità dell'Unione europea. Secondo gli autori, parlare della generazione Erasmus è fuorviante perché si fa riferimento solamente a una minoranza di persone: gli studenti universitari che hanno avuto l'occasione di studiare all'estero.

Questa segmentazione si inserisce, quindi, in un contesto più ampio che riguarda la disuguaglianza basata sull'istruzione. I dati presentati, inoltre, mettono in luce un'incertezza da parte dei giovani sul ruolo delle istituzioni europee ma anche l'insuccesso del progetto Erasmus e il fatto che i giovani non viaggino all'estero.

Queste considerazioni sono state contestate da diverse persone, ad esempio da Federico Fabiani, fondatore del sito Scambieuropei, in un articolo de «Il Fatto Quotidiano». Prendendo come base il lavoro di Borga-Ferrari, Fabiani esamina i dati riportati: gli autori prendono come campione la totalità dei giovani e non solamente il numero degli studenti universitari, a cui è destinato il progetto Erasmus. Sul rapporto tra Unione europea e giovani, inoltre, il discorso andrebbe ampliato anche a livello nazionale, il senso di insoddisfazione infatti si rileva anche sul piano locale.

Nell'articolo Student mobility and European identity: Erasmus Study as a civic experience? di Kristine Mitchell, docente di Scienze politiche e studi internazionali del Dickinson College, il progetto europeo viene analizzato sotto l'aspetto “civico”, diventando quindi uno strumento per aiutare i cittadini di ogni nazionalità a comprendere e a far propri i principi dell'Unione europea. Dai dati proposti nel saggio, si denota come chi partecipa all'esperienza Erasmus sia più propenso a identificarsi come “cittadino europeo”, sia per aver maturato una coscienza civica ed europea durante il soggiorno all'estero, sia per propria indole.

Definire la generazione Erasmus senza l'Erasmus è forse la strada più corretta da percorrere ma anche la più complicata. Quali sono gli aspetti comuni, utili a identificare questa generazione? In prima posizione c'è sicuramente l'Unione europea e in particolare l'accordo di Schengen. La libera circolazione dei cittadini europei è stato un cambiamento importante dal punto di vista non solo economico ma anche sociale, che ha dato alla luce una generazione senza passaporto.

Il dibattito, quindi, si deve concentrare non sulla questione del viaggiare ma sul contesto in cui sono nati i ragazzi della generazione Erasmus. La globalizzazione, l'Unione europea senza confini e l'appartenenza a una comunità sovranazionale sono le fondamenta in cui si poggia la loro formazione.

Erasmus Plus: dati alla mano

Secondo il report annuale del 2017, che prende in esame i dati del 2016, i soldi investiti nel progetto Erasmus sono quasi 2 miliardi e 600 milioni di euro, il 14% in più rispetto al 2015: una parte sostanziosa, circa due miliardi, è stata versata dalle agenzie nazionali. Le altre parti del fondo sono state stanziate dalla Commissione europea e dall'Agenzia esecutiva europea per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura.

Non solo gli investimenti sono in aumento: anche il numero di partecipanti cresce di anno in anno, raggiungendo più di 650mila persone coinvolte nel 2016, dagli studenti ai lavoratori, includendo anche educatori, docenti e personale scolastico.

 

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